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Per ogni stagione NBA che si rispetti, se ne disputa una altrettanto interessante di NCAA, quell’apparato gestionale che si occupa dei campionati facenti capo ai giovani in procinto di passare nella lega professionistica.

Rispetto alla NBA, al Campionato tra i College partecipa un numero di squadre ben più ampio rispetto a quello dei professionisti, tanto che esso viene suddiviso in virtù del prestigio e dell’importanza numerica e organizzativa di ognuna delle scuole.

Come tutti saprete, in regime di Off Season, quando cioè i campionati sono fermi, viene organizzato ogni anno il draft NBA, quella spettacolare kermesse che serve a determinare le squadre dei fortunati giocatori che ottengono lo status di “professionista” e firmano il loro primo contratto NBA.

Ovviamente fanno il “grande salto” solo i ragazzi che si sono distinti nei precedenti campionati NCAA ed è anche per questo che tali campionati sono seguitissimi, visto che già dall’inizio della stagione comincia a delinearsi l’ordine di scelta, delle squadre e degli stessi giocatori.

In entrambi i casi vi è però da aspettare per l’ufficialità. Intanto perché è necessario attendere la classifica della regular season e la conseguente “lottery” per stabilire le prime squadre che sceglieranno i giocatori migliori e poi proprio per i giocatori che non sanno fino all’ultimo momento quale sarà la destinazione.

I migliori di quest’anno

La stagione cestistica del college ha percorso i suoi primi due mesi intorno alla fine dell’anno appena passato ed è subito stato chiaro a tutti che i prospetti migliori del lotto, almeno fin qui, sono quelli di Chet Holmgren di Gonzaga e Paolo Banchero di Duke che rimangono in cima alla maggior parte degli scout.

Dietro di loro l’intrigante matricola di Auburn, Jabari Smith e il playmaker di Purdue, Jaden Ivey.

Stando così le cose, dando uno sguardo alle squadre che potrebbero avere il privilegio di scegliere, almeno sulla carta, per prime, Holmgren interesserebbe ai Detroit Pistons, mentre Paolo Banchero farebbe la felicità di OKC.

Lasciando da parte per un attimo Chet Holmgren, che presumibilmente si giocherà il ruolo di “prima scelta” al prossimo draft NBA insieme agli altri giocatori appena citati, ciò che più ci interessa in questo pezzo è mettere a fuoco la posizione del “nostro” Paolo Banchero.

Paolo Banchero

Paolo Napoleon James Banchero milita per Duke, una delle scuole più prestigiose, soprattutto quando si parla di prodotti belli pronti e confezionati per giocare in NBA e sta disputando una stagione clamorosa nella squadra che milita nella Atlantic Coast Conference.

Banchero viaggiava nel suo secondo anno di High School, alla O’Dea High School, a una media di 18 punti, 10 rimbalzi e oltre 4 assist per partita e oggi come oggi ha già inanellato tutta una serie di premi, come il Most Valuable Player Of The Year. Nominato Washington Gatorade POY, National Junior of the Year e, nel 2021, è stato un McDonald’s All-American.

Una mano d’aiuto per quella che sembra una carriera piuttosto interessante, a Banchero la offre la sua stazza.

Un fisico molto ben allenato che occupa un volume sul campo notevole, visto che stiamo parlando di un ragazzone di 2 metri e 08 e 113 Kilogrammi.

Ancora più incoraggiante è invece ciò che Banchero sta producendo sul campo, alla luce di una versatilità difensiva e offensiva che in NBA non potrà che fare la felicità della maggior parte degli allenatori, che sempre con maggiore frequenza richiedono questo tipo di giocatori.

A metà tra Ala Forte e Centro, Banchero ha più di una volta dimostrato di poter competere in almeno tre parti del campo, sotto al ferro e in prossimità del pitturato, dove chiede spesso ausilio alle sue qualità di isolamento che gli permettono di penetrare a fondo fino allo smile, anche grazie al suo talento e al lavoro in palestra.

Dall’altra parte del campo, invece, Banchero se l’è spesso vista coi centri avversari, mettendo spesso in sifficoltà gente con più kili e più centimetri, cosa che non potrà che fargli bene da professionista.

Figlio d’arte

Rhonda Y. Smith, classe 1973, la mamma di Paolo, è stata un’ottima giocatrice di basket professionistico femminile americano, avendo calcato i campi della ABL e della WNBA, scelta al terzo turno del draft nell’anno 2000, allena adesso alla Holy Names Academy di Seattle.

Mario, il papà, è stato invece uno dei punti fermi della squadra universitaria di football americano dei Washington Huskies.

I due si sono conosciuti a Washington, da studenti.

Il 12 novembre del 2002, il loro amore ha messo alla luce il loro primogenito, Paolo, appunto, primo di tre figli, tra i quali un altro maschio e una femminuccia.

Banchero è cresciuto sportivamente al Rotary Boys and Girls Club di Seattle, dove Daryll Hennings è stato il suo mentore fin dai primi anni.

Passando tra pallacanestro, football americano e atletica leggera, Banchero ha scelto la disciplina di mamma Rhonda, si direbbe con ottimi risultati, visto che è ormai alle porte una chiamata tra i professionisti.

Eppure la sua carriera sportiva sembrava non avere intoppi fin dall’inizio, visto che nella nostra equivalente terza media, è stato nominato tra i 50 atleti di livello nazionale sia nel basket che nel football.

Al suo primo anno di College erano in tanti a scommettere che avrebbe optato per Kentucky o Washington, ma le sirene di Duke hanno avuto la meglio e parrebbe che la scelta sia stata felice.

Banchero e l’Italia

In virtù della sua doppia nazionalità italiana e statunitense, sono in tanti a scommettere su un suo futuro con la maglia azzurra, anche in relazione al fatto che giocare con la pettina degli Stati Uniti non sarà esattamente cosa facile e, soprattutto, non sempre alle manifestazioni internazionali vanno i professionisti NBA tra i quali Banchero farà presto il suo ingresso.

Inoltre l’amore che gli americani nutrono per le proprie nazionali per i giochi di squadra, non è esattamente tra i più focosi, a differenza di quello italiano che potrebbe regalare all’ala di Seattle più di una soddisfazione e la possibilità di viaggiare il mondo in lungo e in largo.

In un momento in cui si fa sempre più pressante la necessità di effettuare un definitivo cambio generazionale tra gli uomini della nostra nazionale, occorre mettere sotto la lente di ingrandimento gli ormai vicini ritiri dalla nazionale stessa, di gente come Gallinari, Datome e Belinelli.

Non avendo alle spalle di questi campioni sulla via del tramonto un numero congruo di giocatori che possano occupare i loro medesimi ruoli, un prospetto come Banchero sembra fatto con lo stampino per mantenere un livello medio alto per la nostra nazionale, vista la strada simile percorsa da Nico Mannion.

Sarebbero quindi due/tre ruoli coperti piuttosto bene, Banchero e Mannion, i quali, grazie anche ad una intelaiatura di giovani italiani, questa volta a tutti gli effetti, la nostra nazionale potrebbe regalarci non poche soddisfazioni da qui al prossimo futuro.