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Nel secondo capitolo della finale scudetto la Segafredo si è presa il pareggio grazie a una prova reattiva, coriacea, nella quale ha trovato protagonisti diversi rispetto a Belinelli. Decisivo Shengelia (21 punti), ma a mettere il sigillo sul successo è stato, manco a dirlo, Lundberg, che come accaduto già diverse altre volte in questa stagione ha segnato il canestro che nel finale ha spaccato definitivamente la partita consegnando la W alle V Nere. Bene anche Polonara, Mickey e uno straordinario Pajola.

A Milano non sono bastate le folate di Napier, Hall e un Mirotic da 13 punti e 7 rimbalzi. Con uno Shields da soli 5 punti e, soprattutto, soli 8 tiri tentati, Milano è rimasta incastrata nella morsa virtussina. E ora la serie si sposta in Lombardia.

Tornike Shengelia – 8

Aveva provato a prendersi la squadra sulle spalle in gara 1 senza riuscirci fino in fondo. In questa occasione invece ha messo il vestito delle grandi occasioni, ha aperto le porte del bus, fatto salire i compagni e portato tutti al pareggio che vale, per la Virtus, poter ancora ampiamente credere in questo scudetto. Partita solidissima: 21 punti con 6/13 da due e 3/6 da tre con 8 rimbalzi. Con Belinelli fermo a 8 punti con 1/6 da tre, ci ha pensato lui a prendersi la palma dell’MVP.

Achille Polonara – 7

Il suo finale di stagione sta facendo sperare per la Nazionale ed il pre-olimpico. Dopo quanto gli è accaduto a fine 2023 – tumore al testicolo e conseguente stop – vederlo nelle condizioni attuali, di salute e forma, è un piacere per l’anima. Una prova, la sua, da incorniciare tra le migliori in maglia Virtus. 10 punti con 3/3 da due e un canestro e fallo che ha mandato in orbita la Segafredo Arena, ma soprattutto 13 di valutazione, che parlano di tante piccole cose utili e precise che hanno fatto si che Polonair potesse essere decisivo per il successo delle V Nere.

Gabriel Lundberg – 7

Quando c’è da decidere una partita, basta dargli la palla. Lo ha fatto diverse volte in Eurolega in questa stagione, l’ha fatto in gara 2 di finale scudetto. 68-62, un minuto e mezzo più o meno al termine e arresto e tiro che chiude definitivamente il match. La differenza tra avere o non avere a disposizione Iffe Lundberg sta tutta in quel canestro. Il resto della sua partita è ampiamente sotto la norma: 1/4 da due, 4 punti totali, 3 rimbalzi e 1 di valutazione. Ma se sei un giocatore clutch, puoi decidere una partita nel finale anche dopo aver sonnecchiato per tutto il tempo precedente.

Alessandro Pajola – 7.5

A leggere il tabellino la sua sembra una prova normale; ma chi ha visto la partita sa che non è così. Al di là dei 4 punti segnati con un onestissimo 2/3 dal campo, a fare la differenza sono stati i 7 rimbalzi, i 4 recuperi e i 10 assist, che gli hanno fatto assemblare la valutazione più alta della squadra: 23. Giocatore imprescindibile per la Virtus, che quando trova Hackett stanco, sa dove andare ad attingere per avere quella botta di energia che spesso cambia il corso delle partite. Il tap in finale andando a rimbalzo in attacco è un condensato di Alessandro Pajola da far vedere ai giovani.

Shavon Shields – 5

In questo caso invece il tabellino dice molto, se non tutto, della sua partita e di quella dell’Olimpia. L’EA7 ha disputato una gara gagliarda, giocandosela fino all’ultimo minuto – prima del canestro del +8 di Lundberg – e dopo aver dato l’impressione inizialmente di potersela rendere facile. Shields però è stato assente: 5 punti, 8 tiri tentati, un rimbalzo, -13 di valutazione, la peggiore del match. C’è una Milano con e senza Shields e, quando è il secondo caso, si sente!

Nikola Mirotic – 7

Il suo momento è assolutamente positivo, ma resta sempre più evidente la difficile compatibilità in campo con Melli. Se lui in gara 2 ha chiuso una prestazione concreta fatta di 13 punti con 4/13 al tiro e 7 rimbalzi, Melli non è andato oltre i 7 punti realizzati e, soprattutto, i 7 tiri. La loro convivenza non è pensabile possa essere riproposta nella prossima stagione, a meno di non dare un assetto e gerarchie completamente diverse alla squadra. E’ evidente che se rende uno, difficilmente rende l’altro, almeno da un punto di vista realizzativo. Mirotic è stato uno dei migliori dei suoi e il voto lo dimostra; Messina sa di non poterne fare a meno e che il suo contratto dura fino al 2026, ergo sta cercando di dargli quanto più possibile la palla tra le mani per possessi importanti, dando forse il segnale che, se dovesse esserci qualcuno a lasciare Milano in estate, questi potrebbe essere il suo concorrente, Nick Melli.