Alto 185 centimetri per 89 chili, John non ha mai rappresentato il modello ideale di giocatore a livello fisico. Eppure, con il suo fare pacato e riservato, è diventato il miglior assistman nella storia dell’Nba, dispensando basket anche tra corpi decisamente più imponenti del suo. È stato, con tutta probabilità, il playmaker più puro che si sia mai visto nella massima lega cestistica americana e ha fatto parte della spedizione di Team Usa alle famosissime Olimpiadi di Barcellona 1992. In bacheca mancherebbe il titolo Nba, ma Stockton può considerarsi comunque un vincente.
Una vita ai Jazz
Nato il 26 marzo 1962 a Spokane (Washington), Stockton scelse il college di Gonzaga, rimanendo dunque dal 1980 al 1984 vicino casa, per poi spiccare il volo. Al Draft 1984 (lo stesso di Olajuwon, Jordan, Barkley), gli Utah Jazz lo chiamarono con la pick numero 16 e da quell’istante scoppiò subito un amore incondizionato, durato ben 19 anni (1983-2003).
Spesso i numeri non dicono tutto, ma in questo caso fanno capire a pieno che cosa ha rappresentato John per la franchigia dello Utah. Per 16 annate (su 19, per l’appunto) ha disputato tutte le 82 partite di regular season e, più in generale, ha saltato solo 22 gare in tutta la sua carriera, 18 delle quali nella stagione 1997-98 a causa di un infortunio. In ben dieci occasioni (dal 1988 al 1997) è andato in doppia cifra di media per assist smazzati in RS, un dato sicuramente clamoroso: ancor più impressionante se si pensa che i suoi passaggi totali realizzati risultano 15.806, senza considerare i 1839 smazzati ai playoff. Inutile dire che il nativo di Spokane è il primo nella classifica assist all-time, davanti a giocatori del calibro di Chris Paul e Jason Kidd, tanto per citarne altri due.
Per altro, Stockton può vantare un altro dato entusiasmante, specie per un playmaker: il 51% al tiro complessivo, la migliore guardia di sempre anche in questo ambito. Ha chiuso la sua carriera con 13.1 punti, 10.5 assist e 2.2 rubate ad allacciata di scarpa, il tutto sempre con la sua solita pacatezza.
Stockton-to-Malone
Una delle coppie più mortifere di sempre in Nba è stata proprio quella tra John Stockton e Karl Malone, i quali hanno giocato insieme agli Utah Jazz per ben 18 anni (Malone entrò nella National Basketball Association un anno dopo rispetto al suo compagno). Si incontrarono nell’aprile 1984, quando il leggendario allenatore Bobby Knight, in occasione degli Olympic Trials, valutò i due ragazzi e decise di tagliargli entrambi in vista delle Olimpiadi estive. John e Karl si conobbero alla mensa del campus di Indiana e poi si ritrovarono anche con la canotta di Utah indosso.
Grazie a loro, i Jazz hanno potuto raggiungere cinque finali di Conference (1992, 1994, 1996-1998) e due Finals (1997 e 1998), inserendosi in quegli anni nella mappa delle migliori squadre della lega americana. In particolare, famosissima è la loro connection in transizione e sul pick and roll: Stockton, una volta avviatosi in contropiede o preso il blocco del suo compagno, riusciva a ritrovarlo con estrema facilità in un qualsiasi punto del campo per permettergli di fare canestro. E Karl era molto bravo a sfruttare gli assist di John (non a caso, il “Postino” ha segnato 36.928 punti in carriera). Per questo venne coniata la definizione Stockton-to-Malone, era come una poesia in campo e tutti sapevano che quei palloni sarebbero finiti in mano a Karl, anche se nessuno era in grado di impedirlo.
L’assist più importante messo a referto da Stockton? Quello del 1° febbraio 1995. In una sfida contro i Nuggets, Stockton servì Malone, facendo registrare il numero 9922º della sua carriera e superando Magic Johnson come miglior passatore di tutti i tempi. Chiaramente non si fermò a quel punto, ma proseguì fino ad arrivare alla già citata quota 15.806.
Le Finals
Particolarmente famose sono le finali che i Jazz disputarono sia nel 1997 sia nel 1998. Per la verità, lo furono soprattutto perché dall’altro lato della storia si collocarono i Chicago Bulls di Michael Jordan e Scottie Pippen: quei Bulls risultarono invincibili e sconfissero i Jazz in entrambi i casi per 4-2 nella serie.
Il team allenato da coach Jerry Sloan (capoallenatore dal 1988) disputò comunque due stagioni splendide, sbattendo solamente in finale contro il muro eretto da Chicago. Stockton risultò “clutch” in gara 6 delle Western Conference Finals 1997, quando segnò il buzzer beater che mandò i Jazz alle finali. Alle Finals 1998 invece, dopo “The Shot” di Michael Jordan, John avrebbe la possibilità di realizzare il canestro del controsorpasso: nei 5 secondi che rimasero sul cronometro, il playmaker dei Jazz riuscì a prendersi una conclusione tutto sommato nelle sue corde, anche se questa volta il pallone non trovò il fondo della retina. Utah fu eroica sotto tantissimi punti di vista, ma contro quei Bulls era impossibile vincere. E il duo Stockton-Malone non agguantò mai un anello Nba, pur meritandolo per quanto dimostrato sui parquet nel corso della loro ventennale carriera.
In ogni caso, Stockton ha potuto gioire lo stesso, essendo stato inserito nella lista dei 50 migliori giocatori Nba e nella Basketball Hall of Fame (2009): un doppio riconoscimento assolutamente meritato per un atleta che ha cambiato, con i suoi assist, il volto della National Basketball Association.