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Dalla sera di mercoledì 4 giugno 2025 la Germani Brescia ha raggiunto, per la prima volta nella sua storia, la finale del campionato italiano di pallacanestro di Serie A. Un risultato sensazionale che arriva alla fine di una stagione iniziata sotto traccia, per due motivi principali: il ridimensionamento economico voluto dal patron Mauro Ferrari – che da alcune stagioni ha scelto di non partecipare alle coppe europee nonostante i risultati, e la storia, glielo avrebbero consentito – e la scelta di un allenatore alla prima esperienza assoluta da capo, Giuseppe Poeta. Due decisioni che oggi hanno dato i frutti che forse solo nelle segrete stanze del PalaLeonessa potevano immaginare: Brescia si giocherà per la prima volta da quando esiste la possibilità di vincere lo Scudetto, affrontando la vincente della sfida tra Virtus Segafredo Bologna ed EA7 Emporio Armani Milano.

Un capolavoro, non un miracolo

Lo definiamo capolavoro quello realizzato dalla squadra biancoblu, non un miracolo! Se all’inizio della stagione si pensava che le mosse societarie fatte in estate potessero portare a un torneo sottotono, con una squadra corta e un allenatore nuovo, i risultati hanno detto che la Germani è riuscita ad arrivare terza in stagione regolare, restando per diverse giornate al primo posto della competizione con ampio merito. Esito di una gestione umanamente e tecnicamente perfetta da parte di coach Poeta, che si è affidato ad alcuni pilastri già presenti in squadra come Della Valle, Bilan, Burnell e Cournooh, aggiungendo e coinvolgendo i nuovi arrivati Ndour, Riverse, Dowe e Ivanovic, diventati punti di riferimento della squadra e, nei rispettivi ruoli, del campionato. Senza mai ricorrere al mercato durante l’anno, Poeta è riuscito a forgiare un gruppo che, evidentemente, sta molto bene insieme, sapendo rendere in campo anche sopra le aspettative. Ivanovic, su tutti, è arrivato come elemento semi-sconosciuto al nostro basket ed è diventato uno dei migliori playmaker del torneo, rivalutando la propria posizione da giocatore europeo. Come lui, Ndour, inizialmente elemento di corredo e cambio di medio livello di Bilan nello slot di centro, ora determinante ai playoff.

Un capolavoro, quello di Poeta, che parte da lontano. L’esperienza maturata da vice tra Olimpia Milano e Nazionale gli ha permesso di crescere sotto la guida di coach importanti e carismatici come Messina e Pozzecco, potendo ora dimostrare il suo valore, da giocatore espresso con anni di Serie A e Nazionale, anche in panchina. Peppe capisce bene il gioco, così come lo faceva in campo da playmaker e tutti i suoi ex compagni e giocatori lo confermano. Alle qualità tecniche e tattiche, ne aggiunge una che non tutti hanno: l’empatia. Con il suo modo a volte scanzonato ma impeccabile quando si parla di lavoro e impegno, il tecnico di Battipaglia riesce – e la sua Brescia ne è la dimostrazione – ad empatizzare moltissimo con gli atleti, facendoli sentire parte di un unico progetto di squadra nel quale lui stesso si immerge completamente senza bisogno di proclami, esternazioni forti e “scontri” con stampa e tifosi. Da noi intervistato durante il corso della stagione, Poeta ha sempre tenuto un profilo basso, conscio dell’opportunità avuta in una piazza importante ma probabilmente altrettanto convinto che ciò che gli si stava formando tra le mani era qualcosa di prezioso, da curare con dedizione e attenzione, per farlo risplendere nei momenti importanti. Questi sono stati i playoff, che hanno visto Brescia vincere 3-1 la serie con Trieste e 3-0 quella contro la temibilissima (e per tutti favorita) Trapani, prendendo elogi da tutti, compreso il presidente avversario Antonini che non ha lesinato complimenti a Poeta e alla società per il gran lavoro svolto in semifinale e nell’intera stagione regolare.

Empatia, pazienza e sorrisi, le armi del condottiero Peppe

Le parole del coach biancoblu, sentite ed emozionate al termine di gara 3 contro Trapani – quella che ha sancito l’accesso alla finale scudetto -, sono state solo ed esclusivamente per i suoi giocatori, quasi a voler mascherare i propri indiscutibili meriti nell’aver realizzato quello che a Brescia non era riuscito a fare nessuno, nemmeno Diana e Magro, tecnici che nel capoluogo lombardo hanno lasciato un segno indelebile nel cuore dei tifosi bresciani. Quello che ora ha lasciato lui, osannato dagli “Irriducibili”, anche da chi temeva che il suo arrivo corrispondesse a una rinascita lenta di una squadra che nelle ultime stagioni era sempre stata ai vertici del basket italiano. Ora che è stato fatto il capolavoro, manca un ultimo step, che sembra impossibile (questi si, un miracolo?) da raggiungere contro una corazzata come Milano o Bologna, costruite per vincere e con ben altre ambizioni rispetto a quelle delle “piccola” Leonessa. Ma lo sport può regalare anche sogni insperabili. E Brescia ha il diritto di provarci e crederci, guidata da un condottiero che invece di urla e spada, mostra pazienza e sorriso, distaccandosi molto dalla modalità dei suoi maestri (Messina e Pozzecco), che lo hanno forgiato senza però intaccarne l’indole e che ora lo vedono arrivare al punto più alto che il campionato italiano possa offrire. Se fino a qualche anno fa Poeta non voleva nemmeno fare l’allenatore, ora sembra destinato a un futuro roseo – per non dire azzurro – tra i grandi della panchina, a prescindere da quello che dirà la finale scudetto 2024-25.