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Ricordate quando eravamo il campionato più bello del mondo? Non è che sia passato poi così tanto tempo. Appena vent’anni fa, tutti ci guardavano, molti ci invidiavano. Non solo la bellezza delle partite, ma soprattutto la forza dei giocatori in campo. Sembravamo inarrivabili.

E lo eravamo, forse. In particolare nella stagione 2002-2003, conclusa con la finale tutta italiana di Champions League: Old Trafford, Milan e Juventus, Sheva che guarda lontano e trafigge Buffon. La coppa tutta rossonera. Anni incredibili, di dominio fisico e morale: tutti volevano l’Italia e l’Italia sfornava generazioni di fenomeni, provando a contenere le ascese della Liga e quella in arrivo della Premier League.

Gli anni sono passati, la nostalgia – guardandoci – si è perfino acuita. Il motivo è presto detto, anzi: è presto mostrato. Basta andare a rivedere cos’era la Serie A ai tempi, in questo salto lungo due decenni: la stagione in cui lo scudetto fu della Juve di Lippi, la Champions del Milan di Ancelotti, la palma della più bella al Parma di Prandelli.

Un gran calcio. E tanti bomber. Uno su tutti, ineguagliabile come quegli anni lì: Christian Bobo Vieri, 24 reti in una stagione incredibile e incredibilmente sfortunata per l’Inter. Fuori dalla lotta al titolo, fuori alle semifinali-derby di Champions.

La classifica dei cannonieri 2002-2003

Un dominio totale, per Bobo Vieri. Che aveva staccato un giovane Mutu e soprattutto messo a debita distanza l’amico-avversario di una vita, ossia Pippo Inzaghi. Nell’anno in cui l’Italia ripartiva dopo l’estate beffarda e targata Byron Moreno, la Serie A si risollevò con numeri importanti. Intanto: 789 gol fatti in 306 partite, ossia due gol e mezzo per match. Niente male.

Si arrivava anche da un’altra storia controversa, per qualcuno paradisiaca, per altri soltanto una beffa: qualche mese prima dell’inizio della nuova stagione, lo scudetto era stato deciso all’ultima giornata, in quel famoso 5 maggio. Dalle lacrime di Ronaldo, si passò presto alla sua cessione al Real Madrid; i nerazzurri provarono a sostituirlo con Crespo (strappato alla Lazio) e a gennaio addirittura con Batistuta. Poco da fare.

A trascinare l’Inter c’era sempre Vieri, insediato da una grande stagione di Del Piero e dalla migliore in assoluto di Pavel Nedved, poi Pallone d’Oro. Ecco la top 10 dei marcatori di quella stagione.

  1. Vieri (Inter): 23 presenze, 24 gol, 2 rigori
  2. Mutu (Parma): 31 presenze, 18 gol, 4 rigori
  3. Inzaghi (Milan): 30 presenze, 17 gol, 1 rigore
  4. Del Piero (Juventus): 24 presenze, 16 gol, 6 rigori
  5. Lopez (Lazio): 34 presenze, 15 gol, 4 rigori
  6. Adriano (Parma): 28 presenze, 15 gol, nessun rigore
  7. Totti (Roma): 24 presenze, 14 gol, 2 rigori
  8. Hubner (Piacenza): 27 presenze, 14 gol, 1 rigore
  9. Di Natale (Empoli): 27 presenze, 13 gol, nessun rigore
  10. Baggio (Brescia): 32 presenze, 12 gol, 5 rigori

Il re dei bomber: Vieri

Guardando la classifica, un dato balza subito all’occhio: sì, Vieri aveva più gol fatti che presenze, 24 le reti siglate e 23 le presenze fatte in Serie A. Era il re indiscusso di una squadra che provava a rialzarsi dopo aver perso il fulcro del gioco, che per un motivo o per un altro, non era riuscita a mettere insieme due dei migliori attaccanti dell’intero panorama mondiale.

Come racconterà anche lo stesso Bobo, sarà motivo di grande rimpianto. Sia per i due giocatori, sia per la stessa Inter, in quel momento probabilmente il miglior organico d’Europa. Tant’è: la vittoria non arrivava. Arrivò però la consacrazione definitiva di Vieri come leader e trascinatore della squadra, nel periodo più caldo in grado anche di sognare la vittoria in Champions League. Se si guarda al viaggio e non solo alla meta, la stagione 2002-2003 resterà per gli interisti un anno di dominio. A tratti, certo, ma pur sempre dominio.

Bomber a sorpresa: Adriano e Mutu

In realtà, tutto il Parma fu una grande sorpresa. Questo perché continuava a regnare l’entusiasmo nella città emiliana, nonostante gli addii di un anno prima, tra Buffon e Thuram, lo stesso Cannavaro. Entusiasmo che Cesare Prandelli fu bravo a cavalcare, a fare suo in qualche modo. Eccoli, allora, due giovani terribili (per le difese avversarie).

Da una parte Adrian Mutu, 24 anni, un paio di anni prima “scartato” dall’Inter e comunque diventato grande a Verona. Il Parma lo acquistò dopo la retrocessione degli scaligeri e ne fece il perno dell’attacco, mettendo al suo fianco un bolide come Adriano e un rifinitore come Gilardino. Un Luna Park del gol.

A proposito del brasiliano: la sua è stata una parabola triste, lo sappiamo. Ma quelli sono stati gli anni della spensieratezza e della grande illusione, nel senso spagnolo del termine: sogno. Era arrivato al Parma dopo il prestito di 6 mesi alla Fiorentina, dove aveva già dimostrato doti importanti. Nella prima stagione, 28 presenze, 15 gol, nessun rigore. Chapeau.

Bomber assente ingiustificato: Shevchenko

E’ paradossale, sì. Che un anno chiuso con il suo sguardo nel vuoto e la Champions tra le mani, alla fine non si sia rivelato uno tra i migliori della storia di Sheva. A frenarlo fu anche un problema serio al menisco, che infatti ne limitò le presenze in campo. Ma dopo aver segnato circa 40 gol nelle due annate precedenti, qualcosina in più era lecito aspettarselo, anche perché di dubbi sul suo talento neanche l’ombra.

Invece, Shevchenko, almeno in campionato, fu spesso l’ombra di se stesso. E arrivò a segnare 5 gol in appena 24 partite.