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Il percorso di un campione di qualsiasi sport, è sempre e comunque costellato da tutta una serie di passaggi intermedi che gli permettono di partire dagli standard raggiungibili da tutti, per poi raggiungere i massimi traguardi che, alla maggior parte dei comuni mortali, vengono preclusi.

In questi ultimi anni gli appassionati del tennis nostrano, hanno accompagnato l’esplosione definitiva di un nostro tennista che, al momento, sembra essere il migliore della nidiata di campioni che così tante soddisfazioni ci sta dando a livello internazionale.

Stiamo ovviamente parlando di Matteo Berrettini, il potente numero 7 della Classifica ATP, sconfitto in semifinale al recente Australian Open, dopo un match giocato alla grandissima contro colui che un paio di giorni dopo avrebbe stupito tutto il mondo del tennis, conquistando il 21° titolo in un torneo del Grande Slam, Rafa Nadal.

Lo stato di forma

La carriera di Matteo Berrettini ha avuto un’impennata negli ultimi due anni, grazie a tutta una serie di risultati che hanno permesso al tennista romano di rimanere ben saldo all’interno dei primi 10 al mondo, con pochi tentennamenti e, va sempre ricordato, con l’handicap del fastidio agli addominali che non gli ha permesso di esprimersi con la continuità che probabilmente lo avrebbe lanciato ancora più in alto.

Il 2022 è iniziato con risultati altalenanti alla ATP Cup, nella quale il nostro numero 1 ha battuto abbastanza facilmente il francese Humbert, per poi avere la meglio in tre set della coppia Martin-Roger-Vasselin in doppio con il suo “nuovo” compagno Jannik Sinner, per poi perdere da Medvedev al termine di un match combattuto e uscire sconfitto, ancora una volta insieme all’altoatesino, dalla coppia Medvedev/Safiullin.

Archiviata la ATP Cup, Berrettini si è tuffato nel primo Slam della stagione con aspettative bellicose e il suo cammino nel torneo è stato pieno di insidie, anche alla luce di un tabellone non proprio dei più facili.

A parte i primi due match tutto sommato abbordabili e vinti abbastanza facilmente contro Nakashima e Kozlov, il gioiellino spagnolo Alcaraz al terzo turno non è stato proprio l’ostacolo più morbido del lotto e quella lì è stata probabilmente la battaglia che ha restituito al romano la consapevolezza e la tenuta mentale dei giorni migliori.

La vittoria in tre set contro Carreno Busta agli ottavi è stata la partita nella quale è emersa tutta la qualità del campione azzurro, prima che un Monfils in forma strepitosa non lo mettesse in grossa difficoltà ai quarti.

La partita con Rafa Nadal è invece stata analizzata in lungo e in largo da tutti gli osservatori internazionali e noi proprio da essa vogliamo partire, per provare a capire dove Berrettini può ulteriormente migliorare per ambire a concludere vittoriosamente i match che lo vedranno da qui in avanti opposto ai mostri sacri del tennis mondiale.

Nadal e i mostri finali del gioco

Negli ultimi quattro tornei del Grande Slam disputati da Berrettini, la sconfitta è arrivata in ben tre occasioni da Novak Djokovic e, come già scritto in precedenza, da Rafael Nadal.

Queste sconfitte palesano, intanto, una continuità del romano nei tornei di maggior prestigio, che ha pochi pari nel circuito, a dimostrazione del fatto che, infortuni permettendo, tutto il field tennistico che gravita attorno alle posizioni in cui staziona Berrettini, è alla sua portata.

A Parigi sulla terra rossa, Berrettini si è arreso ai quarti, dando battaglia al numero 1 del mondo, uscito vincitore dopo 4 combattutissimi set.

Wimbledon stessa storia, ma questa volta in finale, quattro set giocati sul centrale che ancora tutti noi italiani abbiamo negli occhi, grazie a una condotta coraggiosa che lo ha portato vicino alla vittoria.

Quarti di finale fatali per Berrettini a Flushing Meadows, ancora per mano di Djokovic e ancora, dato questo che deve far riflettere, al quarto set.

Le tre sconfitte contro il serbo e quella più recente contro il maiorchino, esaltano una caratteristica del nostro campione, che deve essere posta in rilievo prima che ci si addentri sul lato prettamente tecnico della faccenda.

Il tennis di Berrettini si adatta egregiamente su tutte le superfici e se questo è un dettaglio di poco conto se ci riferiamo ai tornei che occupano la maggior parte del calendario stagionale, quelli su terra e cemento, diventa variabile di non poco conto se ci riferiamo alla porzione di season dedicata all’erba.

Non tutti i campioni, si contano probabilmente sulle dita di una mano in virtù dell’ormai prolungata assenza di Federer dal circuito, possono vantare una così spiccata propensione all’adattamento su ogni superficie ed è probabilmente questo il punto focale su cui Berrettini potrà e dovrà costruire la sua carriera da qui ai prossimi 10 anni.

La potenza sprigionata dai suoi colpi migliori, il servizio e il dritto, performa in maniera notevole sulla terra come sul cemento e sull’erba.

Non tutti i primi 10 del mondo possono vantare tale eclettismo, una qualità che aiuta i suoi fortunati possessori nei momenti degli scambi e più in generale dei match, in cui è necessario appellarsi alle variazioni di metodo che le molteplici situazioni richiedono.

Cosa manca

Andare alla ricerca di quelle caratteristiche che invece mancano a Berrettini per stare dalla parte giusta del set decisivo contro Djokovic e i top 5 al mondo, è invece impresa ben più ardua.

Intanto sarebbe meglio uscire dalla logica del concetto sentito in ogni salsa, “deve migliorare il suo rovescio, o non ce la farà mai“.

Qualsiasi giocatore si porta dietro in carriera almeno un punto debole e, se è vero come è vero che conformazione fisica, allenamento di base storico, predisposizione al gioco d’attacco e aspetti psicologici e mentali portano a curare maggiormente i colpi e il posizionamento in campo che ti permettono di ottenere i migliori risultati, è altrettanto vero che sbilanciare il proprio gioco con un allenamento esclusivo basato sul miglioramento dei leak che ci si porta dietro da anni, potrebbe portare a risultati minimi e, alle volte, controproducenti.

Lo staff di Berettini, con in testa il prode Vincenzo Santopadre, questo lo sa benissimo e l’attenzione a non rovinare tutto, mira a mettere mattoncino dopo mattoncino delle piccole variabili che serviranno a ottenere risultati sempre migliori, prima che arrivi il momento propizio per sconfiggere il mostro finale del videogioco e poco importa se esso vestirà i panni di Djokovic, Medvedev o Nadal.

Per battere i top nei momenti decisivi dei major internazionali, non serve dunque nessuna rivoluzione, ma una maniacale cura dei dettagli, un aspetto che non origina alcun timore verso il tennista romano.

Più volte abbiamo assistito alle riflessioni più profonde del nostro tennista, al termine delle sconfitte più illustri. Una delle qualità maggiori di Berrettini è quella di trarre beneficio dai match persi contro i giocatori più forti, in modo tale da fagocitare gli errori e provare a commetterne meno nelle successive occasioni, se proprio non si possono eliminare del tutto.

Così è stato nelle tre sconfitte contro Djokovic, così come dopo quella contro Nadal. A Melbourne durante primi due set, il tasso tecnico di Nadal e una strategia perfetta hanno portato il match dalla parte del maiorchino, ma la reazione di Berrettini è stata veemente e contro un giocatore dalla solidità mentale come lo spagnolo, non è poca cosa.

Su un telaio di questo tipo sarà quindi di determinante importanza lavorare su quelle piccole cose che necessitano un costante allenamento, anche quelle che fanno di Berrettini il campione di cui stiamo parlando.

Per questo motivo anche la percentuale di prime, che ad esempio contro Nadal è stata del 67% nell’arco di tutto il match, ma non superiore al 50% nel secondo set, contro Carreno-Busta ha raggiunto il 77% complessivo, statistica che ha originato la miseria di una palla break concessa, peraltro neutralizzata con un ace.

Questo, per fare una summa del discorso, sta a significare che il miglioramento univoco delle sole caratteristiche nelle quali Berrettini difetta, non può bastare contro i più forti, ma vanno curati in modo morboso i particolari in cui lo stesso campione romano eccelle.

Solo allora saremo pronti a trionfare insieme a lui.