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Su Internet c’è la scuola, il live è invece l’arena dove i professionisti trovano un grande vantaggio.

Lo sostengono tanti giocatori di poker famosi – alcuni li abbiamo anche intervistati, come Boatman, Andrian, Savinelli – che oggi si dedicano soprattutto ai tornei dal vivo. Lo dice anche Gabriele Re, ma da una prospettiva leggermente diversa. Per ‘KingMAvE911‘ – questo il suo nickname, ben conosciuto in rete – il poker live non è tutt’oro che luccica.

E lo afferma con cognizione di causa, pur non essendo quella live la sua specialità primaria. Tra la fine del 2021 e il 2023, il 30enne di Pinerolo (Torino) ha messo a segno numerosi in the money dal vivo, alcuni particolarmente preziosi perché targati WSOPE, EPT e WPT. Il suo fiore all’occhiello rimane però la vittoria al Battle of Malta 2023, dove si è imposto su un field oceanico di 3.432 entry.

Poi ha progressivamente ridotto l’impegno nell’ambito del poker live, soprattutto per motivi familiari, pur continuando a concedersi qualche apparizione qua e là in Europa, anche grazie al suo ruolo part-time di commentatore tecnico dell’European Poker Tour, al fianco di Giada Fang, Alberto Russo e Pier Paolo Fabretti.

Lo abbiamo incontrato due mesi fa proprio all’EPT di Malta, dove ci ha rilasciato l’intervista che segue – per la quale lo ringraziamo.

Gabriele ‘KingMAvE911’ Re (per gentile concessione dello stesso)

Ciao Gabriele e grazie per essere qui con noi su PokerStarsnews.it. Prima di tutto: come e quando hai scoperto il poker?

Un saluto a tutti! Direi che “galeotta” è stata la televisione. Avevo 16 anni, ero ancora studente, e con alcuni amici ho iniziato a seguire PokerItalia24, il noto canale italiano dedicato interamente al poker. Da lì è scattata la scintilla della passione e soprattutto la speranza – allora era più un sogno – di diventare un giocatore forte, di poter arrivare a certi livelli.

E ci sei riuscito. Quali sono stati gli step verso l’affermazione nel poker?

La svolta è arrivata con un progetto di stake-coaching incentrato sui Sit&Go. Lì ho iniziato a comprendere una serie di meccaniche fondamentali del gioco, quelle che fanno davvero la differenza. Nel giro di due anni il mio livello si è alzato molto. Per migliorare nei tornei, invece, sono poi entrato in Pokermagia.

Sono quindi questi i passaggi che consigli ai neofiti?

Sì, nel senso che le scuole di poker sono molto importanti. Ma prima di tutto bisogna capire perché ci si avvicina al gioco: chiarire le proprie aspettative, soprattutto ora che il field è molto più maturo. Una volta fatto questo primo passo, serve lo studio. Internet è la biblioteca ideale. Da lì si può crescere, magari reinvestendo le prime vincite e facendo esperienza nei tornei live più piccoli.

Cosa che tu hai fatto, ad un certo punto. Qual è il tuo rapporto con il poker dal vivo?

Premetto che ho sempre preferito il gioco virtuale al live perché non amo viaggiare molto: l’immagine del rounder che si sposta di continuo non fa per me. Lo è ancora meno da due anni, visto che nel 2023 – pochi mesi prima del BoM – sono diventato papà. Il live, però, serve principalmente per due motivi: in parte per affermazione personale, perché dà maggiore visibilità, ma soprattutto ha un field più abbordabile e quindi più profittevole, soprattutto sotto i 5k di buy-in.

Quindi festival come il PS Open possono essere un buon test per chi vuole puntare al live. A questo proposito, come giudichi la riapertura della pokeroom a Campione d’Italia?

L’operazione è sicuramente positiva, purtroppo non ci sono ancora stato per ragioni familiari. Potrebbe ridare slancio al live in Italia, però sappiamo che è un percorso ancora in salita, intriso di complicazioni di varia natura. Ci vuole ancora un po’ di tempo prima di poter dare un giudizio definitivo.

La pandemia sembra aver dato un forte impulso proprio ai tornei di poker dal vivo: è così?

E’ vero che la pandemia ha dato un’impennata al live, ma non solo a quello. In realtà ha fatto riavvicinare tanti giocatori che avevano mollato un po’ la presa: è stata un boost a 360° per il poker. Credo inoltre che l’aumento di numeri nel live sia un po’ viziato dalle strutture dei tornei, soprattutto da quelle che offrono numerose re-entry.

Gabriele Re (credits RIHL)

Ci sono però tanti giocatori, soprattutto amatoriali o poco più, che sono passati al live perché “su Internet c’è troppa tecnologia”. Sbagliano o hanno ragione?

Facciamo subito chiarezza su questo punto. I solver per lo studio sono legali; quelli illegali, invece, con un minimo di esperienza sono facilmente individuabili.Tuttavia pensare che il live risolva la questione è un errore: i regular sanno applicare le stesse conoscenze, tecniche di gioco e strategie sia al live che all’online. La presunta diversità tra questi due mondi è una leggenda.

In merito alle “ingerenze tecnologiche“, non si può negare che queste stiano un po’ minando la credibilità del gioco, ma in buona parte si tratta di un fenomeno psicologico. Diciamolo chiaramente: la maggior parte dei giocatori di poker è perdente e chi perde tende a cercare giustificazioni per le proprie sconfitte. Raramente qualcuno è disposto ad ammettere di non aver studiato abbastanza o fatto gli step giusti. Piuttosto si dà la colpa alla sfortuna e, adesso, alla tecnologia che offre vantaggi a chi sa usare gli strumenti.

Grazie Gabriele per questo tuo excursus molto interessante e non scontato. Ci resta una curiosità: ti vedremo ancora in un torneo live?

Penso proprio di sì. Potrei partecipare al prossimo PS Open di Campione per giocare qualche torneo, magari anche di Omaha dal momento che mi sto avvicinando a questa variante.

Immagine di testa: Gabriele Re (credits RIHL)

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