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Quello tra Matteo Berrettini e Carlos Alcaraz è senza alcun dubbio il match del giorno per questo secondo e ultimo lunedì di Wimbledon. Un ottavo di finale che “alzi la mano chi l’aveva previsto”, ovviamente per la preoccupazione intorno allo stato di salute – e di forma – dell’ex numero 1 italiano.

Cerchiamo allora di capire cosa dobbiamo attenderci da un confronto che, a livello Slam, ha già offerto un primo succoso episodio (Australian Open 2022), ma che stavolta aggiunge elementi inediti a renderlo un unicum da raccontare, e un bel regalo tutto da scartare per gli appassionati.

Matteo Berrettini vs Carlos Alcaraz: i precedenti

Il primo confronto risale all’ottobre 2021, quarti di finale dell’ATP Vienna, sul sintetico indoor: il 18enne Carlos Alcaraz, numero 42 al mondo, batte il n.7 Matteo Berrettini 61 67 76 in un match tiratissimo ben oltre il punteggio.
I due si ritrovano uno contro l’altro appena 3 mesi dopo, al terzo turno dell’Australian Open 2022. Si tratta ancora di una battaglia furiosa, che stavolta vede prevalere l’azzurro 62 76 46 26 76.
Un mese dopo, il tero e ultimo confronto fra i due, sulla terra di Rio de Janeiro. Torna a vincere Alcaraz, che si qualifica alla semifinale battendo Berrettini 62 26 62.

Come avrete visto, Matteo e Carlos sono sempre arrivati al massimo possibile di set, in tutti e tre i confronti, e in due volte su 3 il match è stato deciso da un tiebreak.

Cosa è cambiato da allora: l’ascesa di Carlos, il calvario di Matteo

Da allora è passata diversa acqua sotto i ponti. Carlos Alcaraz ha proseguito con la sua impetuosa e precoce maturazione, che lo ha portato già la stessa estate 2022 a vincere il primo Slam e diventare numero 1 al mondo, competitivo su tutte le superfici e senza apparenti punti deboli.

Berrettini invece ha avuto un percorso accidentatissimo, falcidiato da infortuni ma anche da pura sfortuna. Prima il problema alla mano destra che richiede un intervento chirurgico, con tutta la stagione su terra rossa praticamente saltata. Matteo fa in tempo a tornare per la stagione su erba e tutto sembra far presagire il meglio, perché l’italiano vince il Queen’s per la seconda volta in 2 anni. Arriva a Wimbledon 2022 tra i favoriti, anche se non può difendere i punti della finale 2021 per le note e controverse ragioni che hanno indotto l’organizzazione di Wimbledon a escludere russi e bielorussi e poi decidere di non assegnare punti ATP e WTA.
Oltre al danno, la beffa: poche ore prima del suo debutto, Matteo si ritira perché positivo al COVID. Non era tenuto a fare il tampone, ma una volta fatto e con esito positivo il ritiro era automatico.

Nei mesi seguenti inizia il calvario degli addominali, che iniziano a dare problemi al romano, ma anche a togliergli certezze. Per il tipo di tennis e di fisico che ha Matteo Berrettini, gli addominali sono un’architrave fondamentale. Non poter forzare, o giocare con la paura di farlo, è una limitazione enorme. Qui si possono instaurare meccanismi che non appartengono alla sfera fisico-atletica, ma quella mentale. Quanto mostrato da Berrettini nell’ultimo anno, e in particolare quanto successo nell’ultimo mese, ne sembrano una dimostrazione chiara.

Avevamo tutti ancora davanti agli occhi l’umiliazione di Stoccarda dall’amico Sonego e il pianto, poi il video del suo allenamento a Wimbledon a ritmi ridotti e il concreto dubbio che Matteo si ritirasse dal torneo. Non nomino neanche le voci e le cattiverie dette sulla sua nuova relazione sentimentale, perché ormai viviamo nella dittatura della stupidità, dove per ragioni di click e di visualizzazioni non solo non si stigmatizza l’idiozia, ma le si dà ampia visibilità mediatica.

Ad ogni modo, quello di Matteo Berrettini degli ultimi tempi non era più un problema fisico o muscolare, probabilmente non lo era da un po’. Era un loop di insicurezze che si erano venute a creare, impedendo al ragazzo di esprimersi a livelli anche lontanamente simili ai suoi abituali. Serviva un click mentale, ed è quello che è arrivato fin dal primo turno.

Berrettini-Alcaraz: come ci arriva lo spagnolo

Il numero 1 al mondo è arrivato a questo torneo nel miglior modo possibile, ovvero da vincitore del Queen’s. Nell’albo d’oro del classico torneo-antipasto di Wimbledon, Alcaraz è stato il successore proprio di Berrettini, che aveva scritto il suo nome nel 2021 e nel 2022. Un ideale passaggio di consegne o uno strano incrocio di destini? Matteo è sicuramente più erbivoro di Carlos, che però al contrario dell’azzurro ha un tennis incredibilmente completo soprattutto in rapporto all’età.

Al Queen’s, lo spagnolo si è preso “l’abilitazione” definitiva al tennis su questa superficie, promosso a pieni voti. Dopo l’apprendistato di Wimbledon 2022, in cui era uscito agli ottavi contro Sinner, al Queen’s Alcaraz ha dato una bella dimostrazione di aver capito in pieno cosa serva per vincere su erba: varietà di tattiche, aumento delle discese a rete dove ormai tiene una posizione ottima. La volée non è ancora casa sua, ma esegue un po’ tutti i colpi di volo con ottima efficacia e pulizia tecnica.

I primi 3 turni di Wimbledon 2023 non sono stati così impegnativi per lui, soprattutto i francesi incontrati ai primi 2 turni. Il povero Chardy è stato vittima sacrificale in quello che era il suo saluto al tennis professionistico. Alexandre Muller è più giovane di Chardy, ma non dispone dell’arsenale tecnico necessario per impensierire lo spagnolo. Si pensi che Alcaraz ha commesso qualcosa come 41 errori non forzati (contro 30 vincenti) ed è comunque riuscito a vincere in 3 set. Il cileno Jarry invece qualche grattacapo l’ha dato, ma Alcaraz ha risolto la pratica 63 67 63 75.

Il saldo tra vincenti ed errori non forzati dice quanto il numero 1 al mondo non sia stato ancora adeguatamente messo alla prova. In tre match, Carlos Alcaraz ha messo a segno 111 vincenti, con 85 errori non forzati.

Buono sia il numero che la qualità delle discese a rete: 52 su 67, per un 77,6% di riuscita. Inoltre, fin qui Alcaraz ha vinto 152 punti in risposta su 363, pari al 42,1%. Un dato eccellente, ma un po’ drogato dal 52% tenuto contro Chardy al 1° turno. In generale, vale anche ricordare che Carlos Alcaraz non ha mai battuto un top 15 al mondo, su questa superficie. Lo spagnolo ha un record di 12-2 su erba, e le due sconfitte sono state proprio contro i giocatori classificati più in alto (Sinner n.13, Medvedev n.2).

Berrettini-Alcaraz: come ci arriva l’italiano

Come detto, probabilmente nemmeno Matteo stesso pensava di poter esprimere questo tennis già da Wimbledon 2023. Forse l’atmosfera magica del torneo ha aiutato l’italiano a scacciare quei mostri che albergavano in testa da un po’, fatto sta che dopo l’interruzione per campo scivoloso, a seguito del 1° set perso contro Sonego, in campo è tornato un altro Matteo. Berrettini progressivamente ha preso fiducia e, paradossalmente, è arrivato a offrire un tennis che è qualitativamente su standard forse ancora più alti di quelli che aveva espresso nel miglior momento della carriera, prima della sfilza di guai.

Sarà anche la fiducia che è come la Red Bull e ti mette le ali, ma raramente si era visto Matteo Berrettini così a suo agio negli spostamenti laterali e nelle corse in avanti. Forse è la fiducia, forse una preparazione atletica meticolosa, più probabilmente un po’ di entrambe le cose.

E che dire del servizio? Una volta sbloccato quel “click” mentale che era forse residuo dei ripetuti infortuni agli addominali, Matteo è stato ingiocabile. In tre match no solo non ha mai perso il servizio, ma ha concesso appena 6 palle break. E stiamo parlando di tre match, compreso quello con Sonego che era una prova dura per mille ragioni, che erano molto più impegnativi di quanto abbia dovuto affrontare il suo prossimo avversario. Eppure abbiamo visto la miseria di 3 palle break concesse a De Minaur e appena una a Zverev!

Berrettini sta servendo con il 68,7% di prime palle, con 45 ace e appena 9 doppi falli. Numeri pazzeschi, che per l’avversario significano un handicap da non sottovalutare. E anche qui non si trattava di test banali, perché l’australiano ha ottimi numeri in risposta, e anche il tedesco è capace di eccellente difesa.

Un altro aspetto in cui questo Berrettini ritrovato sembra anche meglio di quello della finale 2021 è quello del gioco di volo. Lo dicono i numeri, con 66 discese a rete vincenti su 83 tentate, per il 79,5% di successo. Forse sempre per quel mix di gran fiducia e preparazione atletica al top, Matteo arriva a rete con i giusti tempi, prende bene posizione e ha quasi sempre timing giusto nelle esecuzioni, non solo quelle in cui viene a prendersi punti facili costruiti col dritto, ma anche situazioni di attacco puro. Qualche volta l’abbiamo anche visto usare (bene) l’approccio classico del tennis erbivoro, ovvero l’attacco in slice di rovescio, un’arma che va comunque rivalutata contro Alcaraz.

Cosa deve temere Matteo di Carlos

Nel meraviglioso percorso di redenzione/liberazione che sta vivendo, Matteo Berrettini ha in Carlos Alcaraz un avversario tosto, tostissimo, ma che non ha alcuna paura di affrontare. Tecnicamente, Alcaraz ha le caratteristiche per affondare il coltello nei punti deboli di Berrettini: gli spostamenti laterali, ma anche la scopertura che ogni tanto si lascia a destra e che lo costringe a dritti in corsa spesso difficili. Sonego ne ha approfittato qualche volta, poi Matteo ha corretto in corsa. Dove però Alcaraz può fare malissimo sono i lungolinea di rovescio. Quando sceglie il rovescio coperto, Berrettini lo scaglia quasi sempre in diagonale. Finora ha ottenuto discreti risultati, ma su quella diagonale Alcaraz è capace di allunghi clamorosi e può metterla in lungolinea dove l’italiano faticherebbe ad arrivare.

Cosa deve temere Carlos di Matteo

Ovviamente partiamo dal servizio, perché è vero che Alcaraz è eccellente nei game di risposta (42,9% dei punti in risposta vinti nell’ultimo anno, 40% su erba), è altrettanto vero che una qualità al servizio come quella messa in campo finora da Berrettini è a tratti ingiocabile. Nei giocatori normali può far subentrare un po’ di frustrazione, ma di normale Carlos Alcaraz ha forse solo il nome di battesimo. Poi c’è anche l’atteggiamento globale visto finora in Berrettini, con un saldo eccellente fra punti vincenti ed errori gratuiti (124 vincenti, 92 errori non forzati).

Inoltre, prendendo a prestito il gergo del poker, Matteo Berrettini sta “freerollando”, ovvero gioca senza nulla da perdere. Questo è un vantaggio enorme, perché nel tennis ad alto livello il fattore mentale conta sempre parecchio e molto al di là di quanto dicano le cifre. Tutta la pressione del mondo sta sulle spalle di Alcaraz, che in teoria agli ottavi doveva trovare De Minaur che ha da poco strapazzato in finale al Queen’s, e invece si ritrova un giocatore che è una scheggia impazzita, nel gioco dei pronostici. Prima del torneo nessuno poteva dire se e quante chance avesse Berrettini di andare avanti, oggi l’italiano fa paura un po’ a tutti. Anche ad Alcaraz.

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