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Da quando l’Italia del tennis è diventata un punto di riferimento internazionale in virtù dell’esplosione definitiva di almeno tre dei suoi rappresentanti, non erano in pochi ad aver indicato come quarto moschettiere azzurro Lorenzo Musetti.

I risultati conseguiti da Matteo Berrettini e Jannik Sinner in primis e da Lorenzo Sonego, seppur in misura meno appariscente, hanno portato la nostra nazione a poter dire la sua in più di una occasione negli ultimi tempi.

Movimento in crescita

L’intero movimento tennistico nazionale, è trainato dai risultati. Questo capita nella maggior parte delle discipline sportive, non solo nel tennis.

Personaggi come Berrettini, hanno anche un ritorno mediatico di un certo peso, basterebbe accendere la televisione per capire come il romano cominci ad essere uno dei personaggi più richiesti per la pubblicità dei prodotti più disparati.

Alla gara si è iscritto anche Sinner, che sta cominciando anch’egli a uscire dal proprio guscio.

Tutto questo interesse non può che fare da volano per uno sport che negli anni passati faticava a decollare, pur essendo uno dei più praticati in Italia.

Tornando un attimo all’interno della questione delimitata dall’aspetto puramente tecnico della faccenda, diventa molto azzardato fare un paragone tra i nostri due tennisti di punta.

Troppo diverso lo stile dei giocatori per provare anche lontanamente a fare una sorta di doppio binario comparativo che ci porti a dare giudizi fondamentalmente tecnici e/o anche solo strategici.

Dove si inserisce Musetti

Eppure si è affacciato da tempo, ma prepotentemente nelle ultime settimane, una figura terza, o quarta se vogliamo inserire Sonego, che potrebbe addirittura sparigliare le carte.

Lorenzo Musetti è il più giovane delle nuova nidiata di tennisti azzurri belli e vincenti. Classe 2002, nato a Carrara, il giocatore toscano si è posto al vertice dell’attenzione mondiale, dopo aver messo a segno la sua prima vittoria da professionista, quella centrata all’ATP 500 di Amburgo sulla terra battuta.

Prima di entrare nel merito delle caratteristiche tecniche, giova ricordare che tra i Next Gen della racchetta tricolore, Musetti era considerato una vera e propria promessa del tennis, quando non era ancora passato all’interno dello “show“, come scriveva Wallace.

Ha al suo attivo tutta una serie di record posti a referto e anticipati dalla dicitura “il più giovane tennista italiano a…”

Tra di essi la vittoria di un Grande Slam Juniores, il raggiungimento degli ottavi i finale a un Master 1000, una semifinale ad un torneo ATP 500, tutti risultati fatti registrare prima del compimento dei suoi 20 anni.

Talento e lavoro

Tra i nostri giocatori Musetti è considerato, da quando ha cominciato a giocare ad un certo livello, il tennista azzurro meno costruito dagli allenamenti e dagli allenatori incontrati.

Sebbene qualcuno possa storcere il naso di fronte a questa affermazione, la “progettazione” di un campione “prefabbricato“, al giorno d’oggi diventa di difficilissima attuazione, soprattutto se vogliamo pensare al medio e lungo termine.

Con questo appare opportuno spiegare un paio di cose per sgombrare il campo da eventuali fraintendimenti.

Campioni come Sinner e Berrettini, non sono arrivati tra i Top Ten semplicemente lavorando tantissime ore all’interno dei palloni delle proprie città. Chi raggiunge determinate sfere, non può difettare di un talento cristallino che solo i migliori al mondo posseggono.

Il rovescio della medaglia fa capo alla carriera di Musetti, che, dal canto suo, non è arrivato fino al numero 30 della classifica ATP, perchè esclusivamente dotato di doti naturali. Anche il giocatore di Carrara ha messo delle gambe e nella testa una marea di lavoro che, esattamente come i suoi due colleghi sopra menzionati, va abbinato al proprio talento.

Le caratteristiche tecniche

Viene espressa però da più parti la netta sensazione che il gioco di Musetti sprigioni una fantasia di carattere tecnico, che gli altri due non disegnano sul campo.

Le caratteristiche sono diversissime tra loro, ma un certo stile quasi totalmente sparito dai campi di gioco, sembrerebbe essere visceralmente presente nelle dinamiche proposte dal carrarino.

Dotato di un gioco da fondo campo piuttosto performante, ciò che caratterizza Musetti è invece la sua adattabilità agli avversari che incontra sul campo e l’attacco improvviso originato dalle molteplici soluzioni che Musetti può adottare.

Basti pensare al rovescio ad una sola mano, che lo ha portato ad essere uno dei giocatori più seguiti tra le “nuove leve”. Il tocco a rete, il pallonetto e le soluzioni spettacolari quando si ritrova in mezzo al campo, lì, nella terra di nessuno, sono roba per palati finissimi.

Senza contare le palle corte a chiamare a rete i propri rivali, spesso trafitti da uno dei colpi più performanti dell’azzurro, il passante lungo linea.

Il rovescio a una mano

È senza dubbio il colpo più spettacolare del nostro connazionale. La possibilità di non dover accompagnare il proprio rovescio con l’altra mano, porta Musetti a risparmiare quelle frazioni di tempo che la stragrande maggioranza dei suoi colleghi non possono risparmiare.

Questo anticipo comporta la possibilità di attaccare buona parte delle palle lunghe che chiunque altro si limiterebbe a mandare dall’altra parte del campo. Dal momento in cui la maggioranza dei tennisti si abitua a giocare contro avversari che spesso adottano un atteggiamento speculare, la possibilità di attaccare palle che di solito non vengono aggredite, offre a Musetti una letale possibilità in più di sorprendere i suoi rivali.

Sempre per quanto riguarda il rovescio, non sono poche le occasioni in cui Musetti usa sapientemente slice e tagli per rallentare lo scambio, o variarne improvvisamente la frequenza. Se il lettore ha avuto la fortuna di godersi la cavalcata di Amburgo, avrà saputo apprezzare questo tipico approccio di Musetti in più di una situazione.

Dove può arrivare Musetti

Adesso però viene il difficile. Musetti ha la necessità trovare quella continuità che fino ad ora è stata un po’ il marchio di fabbrica negativo del giocatore toscano.

La vittoria di Amburgo è ovviamente un punto di partenza per lui e niente e nessuno può pensare che possa ancora una volta ripiombare in un periodo negativo.

La chiave del suo successo sta tutta nel continuare ad avere fiducia sul suo gioco e sul modo di affrontare le partite con la stessa capacità di entrare nella testa di qualsiasi avversario gli si ponga davanti.

Alimentare un tipo di strategia che non sono in pochi a riconoscere come tra le più spettacolari dell’intero circuito, sarà fondamentale, per non cadere nelle trappole di chi lo vorrebbe sbilanciato dalla parte del lavoro senza se e senza ma.

Disciplina, sudore e fatica, uniti ad un continuo aggiornamento sulla strategia da adottare contro questo o quell’avversario, non devono mancare mai, certo, ma quella magica luminosità negli occhi di Musetti, se curata nella maniera giusta, sarà l’elemento carburante per il suoi successi.

Va da sé che il gioco necessita miglioramenti per provare a toccare lidi già praticati ai suoi connazionali più conosciuti. Il dritto, ancora troppo laborioso e il servizio, ultimamente variato in virtù del diverso posizionamento degli arti inferiori, devono essere perfezionati.

Se ciò dovesse accadere, il risultato sarà semplicemente automatico e ci dovremmo preparare ad avere una squadra da “big three”. O, ancora meglio, “big four”.