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La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia per fortuna abbastanza rara (parliamo di un’incidenza intorno a 1-3 casi ogni centomila persone), ma anche tra le più terribili per le sue caratteristiche che, non a caso, le valgono il soprannome di “La Stronza”.

Difficile persino capirne nel dettaglio la casistiche per cui si viene colpiti (si parla di multifattorialità, per cui sono molte le componenti che potrebbero aumentare i fattori di rischio), ma certo è una malattia che ha avuto parecchio a che fare con il mondo del calcio, sia per alcuni casi eclatanti (da Borgonovo a Signorini), sia perchè nei numeri risulta avere un’incidenza forse più alta rispetto alla media (sono oltre 34 i decessi tra i calciatori).

Il male oscuro, la «Stronza»

SLA, un’acronimo che mal descrive le sensazioni e le dinamiche terribili di questa malattia. La «stronza» invece evoca in sé tutta la rabbia che porta. Perché questa malattia arriva così, senza ben comprendere nemmeno le motivazioni. E soprattutto è subdola e colpisce nella maniera più terribile.

Colpendo i motoneuroni, i muscoli pian piano smettono di rispondere e il cervello si ritrova esiliato dal resto del corpo. Ancora più terribile perché tutte le funzioni rimangono attive, si è completamente consapevoli della propria situazione, solo che non si può fare nulla. Ci si abbandona al più o meno rapido (dipende dal soggetto) evolversi della malattia, che porta prima alla paralisi del corpo, poi alla mancata respirazione e deglutizione (si sopravvive solo tramite tracheotomia). Una vera e propria tortura a cui non c’è rimedio.

E da quando nel 1939, la SLA colpì il primo sportivo della storia, Lou Gehrig (un battitore dei New Yor Yankees), i casi nel mondo dello sport si sono via via moltiplicati, tanto da rendere il collegamento tra SLA e calcio, qualcosa di più di una semplice coincidenza.

I numeri del calcio

Una possibile correlazione tra la SLA e il calcio, è qualcosa di più che una semplice congettura. Lo dicono i numeri, inequivocabili. L’istituto Mario Negri ha valutato come di circa il doppio, la possibilità per gli ex-calciatori di contrarre la malattia rispetto a un normale cittadino. Nel dettaglio dello studio, i giocatori di alto livello (quelli della Serie A per intenderci), potrebbero avere un tasso di rischio ancora maggiore, nell’ordine di cinque o sei volte il normale.

Numeri si diceva, che però celano dietro nomi e cognomi. Come nel caso dei morti per SLA, 34 ad oggi i deceduti, su un campione di quasi 24 mila calciatori analizzati nello studio. Un valore decisamente più alto rispetto alla media generica. E anche di età molto più ridotta: a fronte di una media di circa 65 anni per la popolazione, i calciatori malati avevano un’età media di 43,3 anni. Una differenza che non lascia molto campo per il caso.

Il problema però è che risulta impossibile, per ora, risalire alle motivazioni reali. Sappiamo ormai che c’è una correlazione, ma non si sa bene il perchè. Si è parlato a lungo di motivazioni legate all’uso di sostanze dopanti, di particolari antifiammatori, dei trami continui. Ma non si spiegherebbe allora come mai non capiti lo stesso anche in tutti gli altri sport.

Una delle ultime possibilità arriva da una correlazione con i pesticidi e diserbanti, spesso usati anche nei campi da calcio. La lunga esposizione nonchè le tante ferite e abrasioni a diretto contatto con il campo, potrebbero essere parte o concausa dell’insorgere del problema in chi è predisposto geneticamente. Ad avvalorare questa tesi, il fatto che proprio tra i lavoratori agricoli c’è un’incidenza simile a quella dei calciatori.

I casi di SLA più eclatanti del calcio

Una malattia che riduce così tanto la libertà e la dignità della persona colpita, non è stata sempre messa in mostra da chi la subiva. Per questo il caso di Stefano Borgonovo ha destato particolare scalpore, quando nel 2008 fu portato al centro dell’Artemio Franchi dal suo ex compagno di squadra e amico Roberto Baggio, sotto gli occhi non solo dei tifosi presenti ma di tutto il mondo sportivo.

Una dimostrazione di forza incredibile, perché Stefano in quel momento era già alla fase terminale e poteva solo muovere gli occhi, ma proprio con quello sguardo è riuscito a commuovere tutti, urlando nel silenzio tutto il dolore e l’impotenza davanti a quella malattia.

Stesse emozioni, diverso stadio. È al Marassi di Genova che Gianluca Signorini (capitano di quel Genoa capace di espugnare Anfield), saluta i suoi ex tifosi dalla sedia a rotelle che lo ha ormai incatenato. Ed è notizia recente che anche la recente scomparsa dell’ex juventino Pietro Anastasi è stata causata dalla SLA, scoperta solo dopo l’intervento all’intestino per un tumore.

Una lista però che come detto è lunga e tristemente in evoluzione. E comprende trasversalmente tanti nomi del calcio vecchio e nuovo. Da Guido Vincenzi (giocatore di Inter e Sampdoria) a Fulvio Bernardini (giocatori di Lazio, Inter e Roma ma soprattutto allenatore tricolore con Fiorentina e Bologna), fino ad Armando Segato (che proprio con Bernardini vinse lo scudetto con la Fiorentina).

Gli studi continuano quindi, come pure purtroppo i nuovi casi rilevati ogni anno. Ma senza possibilità di prevenzione (senza saperne le cause diventa difficile), l’unica vera speranza è trovare una cura che, al momento, sembra ancora lontana.