Vai al contenuto

Nelle tante “Dinastie” che hanno segnato in qualche modo la storia del calcio, ne troviamo una che attualmente sta raccontando una nuova trama. Parliamo dei Do Nascimento, vale a dire il padre Mazinho e i figli Thiago e Rafael Alcantara. Una storia particolare la loro, ma che segue una linea precisa: quella della qualità. Dal capo famiglia duttile e dotato di ottima tecnica, fino a raggiungere i figli che hanno sicuramente una maggiore notorietà.

Come se non bastassero loro tre, aggiungiamo che uno dei cugini dei ragazzi è Rodrigo del Valencia, mentre la loro madre e quindi la moglie di Mazinho è Valeria, nota giocatrice di Pallavolo in terra brasiliana. Insomma, una famiglia di sportivi e di persone dedite alle carriere da professionisti.

Il DNA è di quelli buoni vien da pensare e anche i risultati raccolti in carriera dicono lo stesso. Vediamo allora le singole storie dei tre calciatori, partendo dal padre.

Mazinho tra mediana e difesa

In pochi si ricordano che Mazinho non solo ha preso parte a due mondiali con la nazionale brasiliana, ma ne ha anche vinto uno ai nostri danni nel 1994. Nella nazionale dei fenomeni, dei bomber e dei giocolieri, Mazinho ha sempre vestito un ruolo di gregario di lusso che fotografa bene la sua carriera. Tanto lavoro sporco, ma all’insegna della qualità. Lo dimostra il fatto che poteva giocare sia come mediano e al tempo stesso occupare indistintamente entrambi i ruoli di centrale difensivo, essendo ambi-destro. Un valore aggiunto che sarà importante per lo sviluppo della sua carriera.

Cresciuto nelle giovanili del Santa Cruz, la sua città natale, Mazhino a 19 anni passa al Vasco De Gama e per 5 stagioni giocherà solo con questa maglia, tanto da mettere assieme 79 presenze e 7 reti. Terminato il Mondiale di Italia ’90, il brasiliano resta di fatto nel Bel Paese, acquistato dal rampante Lecce nell’estate delle Notti Magiche. Erano gli anni d’oro del calcio italiano, una sorta di ombelico del mondo calcistico e dunque un privilegio per pochi calcare quel palcoscenico ambito da tutti. 34 presenze e 2 reti bastano per attirare l’attenzione della famiglia Cecchi Gori e Mazinho nella stagione seguente indossa la maglia viola della Fiorentina. Appena 21 gettoni mettono però fine alla sua esperienza in Italia.

Tornato per due stagioni al Palmeiras, da Campione del Mondo ripercorre il viaggio verso il Vecchio Continente, con destinazione Spagna. Qui, dal 1994 al 2001, indosserà le casacche di Valencia, Celta Vigo ed Elche, prima di chiudere la carriera in patria al Vitoria nel 2002. Se a livello a di club non ha mai giocato per squadre di primissima fascia, a livello di nazionale si toglierà invece parecchie soddisfazioni. Dopo l’argento nell’Olimpiadi di Seul ’88, vincerà l’anno dopo la Copa America. Nel 1990 fa parte della spedizione ingloriosa ad Italia ’90, senza però mai scendere in campo.

Avrà la sua chance 4 anni dopo nel mondiale americano e giocando con continuità è uno dei protagonisti del Brasile campione del Mondo ai danni dell’Italia. Contro gli azzurri verrà ammonito dopo appena 4 minuti per un calcione a Baggio e sempre contro la nazionale di Sacchi giocherà l’ultima delle 35 partite con la maglia verdeoro. Un protagonista silenzioso, mentre le luci della ribalta erano tutte per Tafferel, Bebeto e Romario.

Thiago Alcantara, il bambino prodigio

Il primogenito di Mazinho è Thiago Alcantara. Cresciuto calcisticamente in Spagna, brucia tutte le tappe possibili, giocando sulla linea mediana. A soli 15 anni è considerato una sorta di futura stella del calcio. Entra nel vivaio del Barcellona nel 2005 e appena 3 anni dopo fa il suo esordio nel “Barcellona B”, vale a dire la squadra riserve. Pep Guardiola lo nota e così inizia ad essere un “pendolare” far la prima squadra e la seconda formazione catalana. Nel 2009 esordisce in Liga non ancora maggiorenne e l’anno seguente segna anche la prima rete con la maglia blaugrana.

Pur non giocando la fase finale della Champions League 2010-2011, è inserito nella lista ufficiale del Barcellona e colleziona qualche gettone nella fase a gironi. Il suo nome quindi appare fra coloro che hanno contribuito al successo continentale della squadra. Dal luglio 2011 entra in piante stabile in prima squadra e agli ordini di Guardiola conquista subito la Supercoppa Spagnola, la Super Coppa Europea e il Mondiale per Club. Dopo aver vinto 3 campionati spagnoli da aggregato alla prima squadra, conquista la sua prima Liga da assoluto protagonista nel 2012-13.

Quando ormai sembra essere l’erede naturale di Xavi ed Iniesta, ecco che Pep Guardiola passato al Bayern Monaco riesce a portarlo in Baviera. Una scelta che sorprende quella del Barcellona, ma in terra tedesca Thiago si conferma un giocatore di grandissimo valore. Vince tutto quello c’è da vincere, anche se all’appello manca la Champions League. Con i Bavaresi nelle ultime sette stagioni ha collezionato 227 presenze e 31 gol.

In nazionale il suo percorso è stato a dir poco eccezionale. Dalle giovanili alla nazionale maggiore, Thiago ha fatto parte di quella generazione di fenomeni in salsa iberica. Spagnolo di passaporto, ha scelto di giocare per le “Furie Rosse” già a partire dall’Under 19, con cui conquisterà europeo di categoria nel 2008 in Turchia. Due anni dopo sfiora il bis arrendendosi al secondo posto in Francia, ma saprà rifarsi con l’Under 21: due titoli consecutivi fra il 2011 e 2013, mancando il terzo nel 2015. Proprio dall’ottobre del 2015 entra in pianta stabile nella nazionale maggiore, mentre la prima presenza risale al 2011 contro l’Italia a Bari. Al momento sono 37 i gettoni collezionati con la Spagna e 2 le reti segnate.

Rafinha, la stella sfortunata

Rafael Alcantara, meglio noto come Rafinha, è un giocatore nato a San Paolo nel 1993, ma che si è messo in luce fin da subito nella cantera del Barcellona. Praticamente ha percorso le orme del fratello e nel 2010, non ancora 17enne entra nel “Barcellona B”. Dotato di grande tecnica, visione del gioco e particolare velocità, viene giostrato in più ruoli: da numero 10, da attaccante esterno a sinistra e come play basso davanti alla difesa. Insomma un jolly fondamentale.

Come il fratello Thiago, si divide fra la seconda squadra e la prima. Con lui giocherà qualche spezzone in Champions e Liga, ma di fatto approda in pianta stabile in prima squadra, quando il fratello sta lasciando il Barcellona. Dopo un prestito al Celta Vigo per farsi le ossa, Rafinha è di nuovo nella rosa del Barcellona. Purtroppo per lui qui iniziano i suoi problemi: per due volte si rompe il legamento del ginocchio e così fra il 2014 e il 2018 mette assieme solo una cinquantina di presenze con la maglia blaugrana. E’ comunque fra i protagonisti della vittoria della Champions League del 2015 contro la Juventus.

Nel 2018 per sei mesi veste in prestito la casacca dell’Inter e contribuisce alla rincorsa nerazzurra verso la qualificazione in Champions. Nell’estate del 2018 torna di nuovo a Barcellona, ma dopo appena 8 partite si rompe per la terza volta in carriera il legamento, chiudendo la stagione ad ottobre. Nel 2019, dopo appena 3 spezzoni, va ancora in prestito al Celta Vigo. Ha bisogno di spazio, fiducia e soprattutto di mettere assieme un discreto minutaggio. Formula del prestito e prima dello stop per il Covid sono 19 le presenze in Liga con 2 reti all’attivo.

Curiosa la sua metamorfosi in nazionale. Nato in Brasile e con passaporto spagnolo, fa tutta la trafila nelle nazionali giovanili della Spagna, poi giunto all’Under 19 cambia idea e va ad indossare la casacca verdeoro del Brasile. Al primo colpo vince il titolo olimpico proprio in Brasile e nel 2015 debutta anche in Prima Squadra. A causa dei continui KO ha sole due presenze con il Brasile e l’ultima gara risale al 2017. Un talento inespresso quindi per colpa dei tantissimi infortuni. Rafinha a 27 anni ha davanti a se probabilmente l’ultimo treno per tornare protagonista in maniera prepotente con il Barcellona.