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Capocannoniere e Scarpa d’Oro, oltre che miglior realizzatore della Serie A in un singolo campionato (record condiviso con Gonzalo Higuain), Ciro Immobile ha concluso una stagione fenomenale sia dal punto di vista personale che di squadra, riportando la Lazio in Champions League (a meno che Roma e Napoli non trionfino contemporaneamente nelle coppe europee) dopo 12 anni.

Con 3 titoli di capocannoniere di Serie A in tasca, uno conquistato con il Torino e due in maglia biancoceleste, Ciro ha uguagliato un altro straordinario attaccante che gli assomiglia molto in certe cose e che, con la maglia laziale, ha ottenuto lo stesso risultato, precedendolo nella graduatoria dei migliori marcatori di sempre della Lazio in Serie A di soli 2 gol, al secondo posto dietro Silvio Piola, ovvero Beppe Signori.

confronto signori immobile

Beppe Signori, da Zemanlandia alla Lazio a suon di gol

Giuseppe Signori nasce ad Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, il 17 febbraio 1968, e a 10 anni entra nel settore giovanile dell’Inter. Dopo 6 anni, nel 1983, non essendo riuscito a guadagnarsi la conferma tra i nerazzurri per il suo fisico minuto, scende a giocare in Interregionale con il Leffe, vicino a Bergamo, conquistando la promozione tra i professionisti.

Dopo una stagione in C2 si guadagna l’attenzione del Piacenza, militante in C1, che dopo una stagione da riserva lo manda in prestito a Trento prima di farlo tornare a casa nel 1988, dandogli una maglia da titolare nel campionato di Serie B. Beppe gioca da trequartista e fa della rapidità il suo punto forte. Con 5 reti segnate mette in mostra anche un buon tiro, ma in un Piacenza che retrocede all’ultimo posto in classifica non ha troppe possibilità di mettersi in luce.

Una persona però lo nota, una persona che l’avrebbe plasmato negli anni successivi in uno dei più grandi attaccanti della storia del campionato italiano: Zdenek Zeman. L’allenatore boemo è appena tornato sulla panchina del Foggia, neopromosso in Serie B, con l’intenzione di proporre quel suo calcio veloce e spettacolare che aveva già fatto innamorare una volta il presidente Casillo.

Zeman individua in quel piccolo ed elettrico trequartista l’interprete perfetto del suo gioco d’attacco, come attaccante esterno di sinistra, insieme a Roberto Rambaudi sulla destra. La prima stagione inizia con qualche difficoltà, ma grazie ai gol di Beppe, 14, il Foggia chiude all’8° posto. Nell’estate del 1990 Casillo aggiunge alla squadra Ciccio Baiano, dando a Zeman l’ultimo tassello per completare uno dei tridenti offensivi più famosi di sempre: Signori, Baiano e Rambaudi prima portano il Foggia al primo posto della Serie B, quindi seminano il terrore nelle difese della Serie A, divertendo tutta Italia e portando il Foggia ad un passo dalla qualificazione europea, chiudendo al 9° posto un campionato che gli fa guadagnare l’appellativo di Tridente delle Meraviglie.

I trionfi laziali e la rinascita bolognese

Con 11 gol in Serie A, signori si guadagna la chiamata in Nazionale e soprattutto l’interesse della Lazio allenata da Dino Zoff, che con 8 miliardi di lire (poco meno di 4 milioni di euro) acquistò quello che nelle due stagioni successive si rivelò essere il capocannoniere del campionato: 26 gol nel 92/93. a cui si sommano 6 in Coppa Italia, capocannoniere anche di quella competizione, e 23 nel 93/94.

Dopo il Mondiale di USA 94, in cui fa molta fatica ad entrare in sintonia con i dettami tattici di Arrigo Sacchi e in cui gioca un ruolo da esterno di centrocampo, si riunisce con Zeman, arrivato ad allenare la Lazio, e al vecchio compagno d’attacco Rambaudi, formando un nuovo tridente con al centro Casiraghi. Un infortunio però frena la stagione di Beppe, che risulterà comunque il miglior marcatore della squadra con 17 reti, un bottino però inferiore agli anni precedenti. Nel 95/96 però ha l’occasione di rifarsi, vincendo nuovamente il titolo di capocannoniere grazie ai 24 gol messi a segno in campionato.

Il campionato 96/97 vide l’allontanamento di Zeman, e dalla stagione successiva l’arrivo sulla panchina laziale Sven Goran Eriksson, che non vede assolutamente Signori adatto al suo 4-4-2 e che gli preferisce altri giocatori come Roberto Mancini e Alen Boksic. A gennaio, dopo aver segnato 127 gol in 195 presenze con la maglia biancoceleste, viene quindi ceduto in prestito alla Sampdoria, ma l’esperienza non è delle migliori, e si chiude a fine anno con 3 reti in 17 presenze. A fine stagione la Lazio vince la Coppa Italia, e Beppe, che in maglia biancoceleste non ha mai vinto nessun trofeo, a Genova può solo accontentarsi solo del titolo di capocannoniere della competizione, grazie ai 6 gol messi a segno fino a gennaio.

In cerca di una squadra dove rigenerarsi, Beppe sceglie Bologna, piazza che l’anno precedente aveva fatto da scenario alla rinascita di un altro campione smarrito, Roberto Baggio. La sua prima gara ufficiale con i rossoblù è la finale di andata Coppa Intertoto contro il Ruch Chorzow, mentre in quella di ritorno segna il suo primo gol con la nuova maglia e può festeggiare la vittoria del trofeo e l’ammissione in Coppa Uefa.

In sei stagioni con la maglia del Bologna Beppe torna ad essere l’attaccante ammirato nei primi anni alla Lazio: 84 gol in 176 presenze, rendendosi protagonista della splendida cavalcata della squadra di Mazzone nella Coppa Uefa 98/99, interrottasi solo in semifinale dopo 2 pareggi contro l’Olympique Marsiglia.

Nel 2004, svincolato, si aggrega al Milan per una tournée in Cina, per poi firmare un contratto con i greci dell’Iraklis, con cui gioca solo 7 partite segnando un solo gol. Nella stagione successiva si trasferisce in Ungheria, al Sopron, dove con 5 gol in 12 presenze fa sognare brevemente i tifosi locali, prima di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo.

Ciro Immobile: ascesa, declino e rinascita di un bomber

Nato il 20 febbraio 1990 a Torre Annunziata Ciro Immobile inizia a giocare nella scuola calcio Torre Annunziata ‘88, per poi passare alla Maria Rosa Salerno e da lì entrare nelle giovanili della Salernitana. Scartato dai granata, si trasferisce quindi negli allievi del Sorrento, dove nella stagione 06/07 si mette in luce tanto da meritarsi l’attenzione di Ciro Ferrara, che lo segnala alla Juventus. A fine stagione quindi i bianconeri lo acquistano per 80mila euro e lo aggregano alla formazione Primavera.

In 3 anni con la maglia bianconera diventa un punto di riferimento dell’attacco della Primavera, con cui vince 2 Tornei di Viareggio, diventandone capocannoniere con 10 gol nel 2010 e guadagnandosi il titolo di Golden Boy, e arriva anche alle soglie della prima squadra, esordendo in Serie A a 19 anni nel marzo 2009 e collezionando altre 4 presenze tra campionato e coppe nella stagione successiva.

Nell’estate 2010 viene ceduto il prestito al Siena in serie B, ma dopo 6 presenze e 2 gol in inverno si trasferisce al Grosseto, sempre nel campionato cadetto, dove trova più spazio, chiudendo la stagione con 16 presenze e 1 rete.

Nel 2011 viene ceduto in prestito al Pescara, e lì trova un allenatore che, come abbiamo già visto, è specializzato nel formare giovani attaccanti: Zdenek Zeman. Il boemo lo mette al centro del suo nuovo tridente, completato da Insigne e Sansovini, e Ciro si rende protagonista di una stagione strepitosa, mettendo a segno ben 28 gol, trascinando il Pescare in Serie A e laureandosi capocannoniere.

In forza al Genoa, in comproprietà con la Juventus, nella stagione 12/13, inizialmente trova spazio nella squadra di Gigi De Canio prima e Gigi Del Neri poi, ma con l’allontanamento di quest’ultimo e l’arrivo di Davide Ballardini si ritrova sempre più spesso ad iniziare dalla panchina, chiudendo la stagione con 5 gol in 33 presenze.

La Juventus risolve la comproprietà e lo cede quindi al Torino, dove, con Giampiero Ventura allenatore, si rende protagonista di una stagione strepitosa che lo vede laurearsi capocannoniere con 22 reti in campionato, e prendere parte alla fallimentare spedizione italiana ai mondiali in Brasile.

La triste esperienza all’estero e il felice ritorno in patria

Dopo i mondiali, Ciro si trasferisce in Germania, al Borussia Dortmund, ma l’ambientamento si rivela particolarmente difficile ed è protagonista di una stagione decisamente insoddisfacente, con 10 reti (di cui solo 3 in Bundesliga) in 34 presenze. Nella stagione successiva viene quindi ceduto al Siviglia, ma l’esperienza si rivela addirittura peggiore e nel gennaio 2016, dopo 4 gol in 15 presenze, Ciro fa ritorno in Italia in prestito, indossando nuovamente la maglia del Torino. Con i granata sembra tornare ai suoi livelli, mettendo a segno 5 reti nelle 14 partite che gioca nel finale di campionato.

Nell’estate 2016 alla Lazio si ritira un totem come Miroslav Klose ed il presidente Lotito deve consegnare un attaccante di livello al nuovo allenatore, Marcelo Bielsa. La scelta ricade su Ciro Immobile, acquistato per 8,5 milioni da Siviglia, ma poco prima dell’inizio della stagione i rapporti tra Lotito e Bielsa si interrompono e la squadra viene affidata all’ultimo momento a Simone Inzaghi. Con l’ex attaccante biancoceleste sulla panchina, Immobile conosce una vera e propria rinascita, grazie anche all’assistenza di un centrocampista come Luis Alberto che sforna assist a ripetizione.

Nella prima stagione sono 26 i gol in 41 presenze, mentre nella stagione successiva le marcature sono addirittura 41 in 47 partite, di cui ben 29 in campionato che gli valgono il titolo di capocannoniere, terzo giocatore dopo Ibrahimovic e Luca Toni ad ottenere questo riconoscimento con due maglie diverse. Nella stagione 18/19 le reti sono solo 19 in 46 presenze, ma nella stagione appena conclusa il bottino è di 36 reti in campionato, oltre ad altre 3 marcature nelle coppe che portano il totale a 39 gol in 44 presenze.

Due attaccanti elettrici, sempre in movimento, sempre a segno

Il fondamentale incontro con Zeman, la maglia della Lazio, i gol segnati, e mettiamoci anche i capelli biondi. Basterebbero solo questi elementi per accostare Immobile a Signori, ma in realtà c’è qualcosa di più, in termini puramente tecnici e tattici. Una particolarità di Signori era il costante movimento che faceva, partendo fuori dall’area di rigore, e arrivando a calciare il pallone con una potenza e una precisione rare. Anche Immobile non ha proprio le caratteristiche da centravanti d’area, e offre il meglio quando viene servito sulla corsa, anche lui con la tendenza ad entrare in area da sinistra.

Un difetto comune ad entrambi, infatti, è la spiccata tendenza a farsi trovare in fuorigioco, prezzo che è inevitabile pagare per attaccanti che cercano con tale insistenza la profondità. Così come quello di Signori, il gioco di Immobile è frenetico, quasi elettrico, quando non è in possesso di palla: si muove lungo tutto il fronte d’attacco e non appena un compagno è in possesso di palla scatta per dettare il passaggio. Quando la palla gli arriva sulla corsa, Immobile è già nella posizione migliore per cercare la coordinazione perfetta per andare al tiro.

Beppe Signori, in un calcio ancora un po’ meno tatticamente esasperato, poteva anche indulgere in qualche dribbling prima di arrivare al tiro, con il suo tipico sinistro incrociato sul palo opposto. Immobile invece non sembra mai veramente in controllo della palla: sembra che la mandi avanti per poi rincorrerla e calciarla al momento più opportuno.

Esattamente come Immobile, anche Signori era un attaccante che offriva sempre una soluzione offensiva ai compagni di squadra, sfruttando la sua rapidità, sia nell’inserirsi negli spazi che nel concludere a rete, riuscendo a colpire la palla in maniera improvvisa e dandogli una velocità che spesso rendeva i suoi tiri assolutamente imparabili. Il segreto nel numero impressionante dei gol segnati dai due risiede proprio qui: nella capacità di coordinarsi in qualsiasi soluzione per non semplicemente deviare, ma proprio per calciare il pallone ancora in movimento con precisione, sommando la propria potenza e velocità a quella del passaggio di provenienza.

A soli 2 gol di distacco da Signori, con un altro campionato a questi ritmi Immobile potrebbe anche pensare di infrangere il record di Silvio Piola, autore di 143 reti in Serie A con la maglia biancoazzurra.