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Nel giro di un paio d’anni il calcio, e con esso la concezione del nostro tempo, è cambiato radicalmente. Nessuna rivoluzione tattica, nessun cambio nelle regole – almeno in linea di principio – ma qualcosa di molto più semplice, grave e insieme inquietante sta trasformando radicalmente il gioco del pallone: la tecnologia.

Il contesto della gara scudetto del 1981

Il 10 maggio del 1981, al Comunale di Torino, la VAR – Video Assistant Referee– non c’era. Per i tifosi della Roma, questo “fatto” non è da poco. Si gioca infatti Juventus-Roma. Il contesto è noto persino ai muri della città della Mole, per non parlare della città eterna.

La piccola ma grande Roma di Dino Viola affronta la Juventus di Giovanni Trapattoni. I giallorossi, dopo un campionato giocato a testa alta, danno il tutto per tutto nella sfida contro i bianconeri: è come una finale; si decide lo Scudetto. Per la Juventus, l’obbligo (sportivo) di vincere. Per la Roma, l’obbligo (morale) di provarci.

La Juve messa in campo da Trapattoni nella gara scudetto contro la Roma
La formazione scelta da Liedholm per il big match scudetto di Torino

È comune vulgata di vedere in questa partita l’inizio della grande ostilità – seconda forse solo a quella tra Juventus e Inter, esclusi i derby della nostra Penisola – tra i bianconeri e i giallorossi. In realtà, per trovarne le radici autentiche e storicamente accertate, bisogna fare un salto all’indietro di ben 50 anni, quando nel 1931 – anno in cui la Juventus vince comunque lo Scudetto, e di lì in avanti ne vincerà cinque consecutivi – la Roma, sotto i colpi del grande Bernardini, ne rifila addirittura cinque alla povera e malcapitata – fa quasi strano a dirlo – Juventus. 5-0. Mai dimenticato dai torinesi. Ma neanche da quelli giallorossi. Fino almeno al 1981, il teatro spazio-temporale del nostro racconto.

L’Italia calcistica già veniva da un periodo sufficientemente travagliato – e che sintetizziamo con la celebre e tristemente celebre formula di Totonero a causa dello scandalo combine iniziato il 23 marzo 1980, con il prelievo di ben 11 calciatori direttamente dalle mura sicure e protette degli stadi d’Italia.

Milan e Lazio finiranno in Serie B, 24 giocatori tra prima e seconda divisione verranno condannati con pene dai 6 mesi ai 7 anni. Nel vuoto lasciato da due nobili del nostro calcio – curiosamente a braccetto in questa sciagura anche molti anni dopo, nel 2006 –, sono principalmente l’Inter e la Juventus, con Napoli e Roma a disturbarle, le favorite per lo Scudetto.

Rivalità + Tensione = partita brutta

La nuova Roma del corso Viola-Liedholm ha già messo in bacheca una Coppa Italia (vinta contro il Torino), e i giallorossi hanno come unico obiettivo – mai smentito – quello di vincere il titolo nazionale più prestigioso. Anche perché a seguito dell’apertura delle frontiere, la Roma può garantirsi le prestazioni di uno dei più grandi talenti di ogni tempo: Paulo Roberto Falcao.

Il campionato è un continuo testa-a-testa tra i bianconeri e i giallorossi, con l’Inter concentrata sull’Europa e il Napoli che delude le aspettative di inizio stagione. Si arriva alla fatidica sfida a tre giornate dalla fine. Praticamente è una finale. La Juventus ha un solo punto di vantaggio sulla Roma. All’antipasto già abbondante della sfida in sé si aggiunge la polemica dell’affaire Bettega, accusato al Processo di Biscardi, fresco di esordio in televisione, di aver intimato a un giocatore del Perugia (nella sfida ribaltata dai bianconeri nel recupero e vinta per 2-1) già retrocesso di lasciar perdere. Bettega viene squalificato dalla Lega Calcio, nonostante la parola sulla propria innocenza.

Trapattoni gioca questa sfida senza punte. La Roma gioca invece con l’11 titolare. Il primo tempo è inguardabile. Due occasioni da rete quasi fortuite sono tutto ciò che gli highlights possono fornire ai telespettatori avidi di emozioni. Una rissa chiude il primo tempo, con l’arbitro, il signor Bergamo, in palese difficoltà.

Ma la ripresa è se possibile ancor più brutta della prima frazione. Dopo un’ora di gioco, però, Beppe Furino, capitano bianconero, interviene col piede alto su Maggiora, l’ex di turno, ciò che causa doppio giallo gli costa un’uscita ingloriosa dal campo e un’espulsione che mette in seria difficoltà la formazione di Trapattoni.

Ci si aspetta una Roma all’arrembaggio, e invece è la Juventus con Fanna, in due differenti circostanze, a sfiorare il gol del vantaggio.

Il gol di Turone ancora oggi avvolto nel mistero

Minuto 75. Il minuto del fattaccio destinato a cambiare per sempre il modo di pensare e parlare di calcio nel nostro paese.

Conti scodella un pallone in area di rigore, sul quale Pruzzo, con grande dinamicità e somma intelligenza, serve una sponda d’oro per l’accorrente Turone, che si inserisce da dietro come un falco, completamente perso dalla difesa juventina.

Quasi ostacolato dal compagno di squadra Falcao, Turone di coraggio, prepotenza, voglia, si tuffa sul pallone per spingerlo con tutta la propria anima alla sinistra di Zoff, il quale non può nulla. La rete si gonfia. Il libero giallorosso corre estasiato proprio in direzione del guardalinee che, come la morte che arriva improvvisa, lo fulmina con un gesto a dir poco eloquente: braccio destro alzato e bandierina sventolata. Il gol è annullato, l’assistente Sancini ha deciso così.

L’arbitro Bergamo dirà, nel post-partita:

“Ricevemmo i complimenti sia di Boniperti che di Dino Viola per la direzione arbitrale. Era un altro calcio, più signorile, dove anche gli screzi erano garbati”.

Paolo Bergamo

Negli studi Rai, sempre nel post-gara, viene confermata la decisione di Sancini. È fuorigioco.

Ma poco dopo De Laurentis, non Aurelio il patron del Napoli, ma Gianfranco il giornalista, tramite il Telebim, uno strumento avanzato e molto particolare che consente di calcolare la linea del fuorigioco con certezza quasi matematica, dimostra che Turone non si trovava al di là dell’ultimo difensore juventino.

Da quel momento in poi scoppia la polemica.

Sancini, insultato e minacciato a più riprese, dirà sempre:

«Ho visto e rivisto l’azione: è fuorigioco netto».

Giuliano Sancini

Le ultime due giornate, ad ogni modo, vedono la Juventus vincere due partite difficilissime: a Napoli contro i nemici di una vita e in casa contro la Fiorentina, la cui rivalità si acuirà più in là nel tempo. Dino Viola si rammaricherà di aver perso lo Scudetto per questione di centimetri, mentre Boniperti di tutta risposta gli regalerà un righello.

Carlo Sassi, storico moviolista presente quel giorno a Torino, dirà che il Telebim è uno strumento non affidabile e che la moviola conferma la posizione di fuorigioco di Turone. Quest’ultimo, il quale sulle prime si dirà addirittura contento di quell’episodio, ciò che infatti lo consegnerà all’immortalità del calcio, ha recentemente dichiarato:

“Vent’anni dopo mi fa rabbia essere ricordato solo per quello. Sta diventando un’ossessione”.

Maurizio Turone

Lo è anche oggi. Le nostre parole lo dimostrano. 2 punti di vantaggio, 10 cm di differenza. Ma alla fine è sempre scudetto Juventus.