Vai al contenuto

Il ruolo di “Harry Potter del poker” spetta a David Vamplew, se non altro per la sua somiglianza con il mago inventato da J. K. Rowling e per essere un suddito del Regno Unito.

C’è però un altro giocatore che quanto a magie con le carte non se la cava male. Ad essere sinceri, anche lui ha quel “look alla Potter”, magari quello della versione adulta.

Valutate voi.

Harry Potter ne “I doni della morte. Parte 1” (credits everyeye cinema)
Isaac Haxton (credits Paul Phua Poker)

Isaac Haxton però è americano, non inglese. E’ nato nel 1985 a New York, da una famiglia colta e benestante: psichiatra la madre, professore d’inglese il padre. Isaac Haxton deve ai genitori non solo la predisposizione allo studio e all’analisi, ma anche la passione per gli skill games.

Parlando di giochi di abilità, ecco che la “magia” in qualche modo torna. Inizialmente i genitori lo avviano sulla strada degli scacchi, ma il giovane Isaac non si sente particolarmente tagliato. E così, all’età di 13 anni, sceglie una direzione diversa, la stessa che hanno percorso altri campioni del poker quali Bryn Kenney, Justin Bonomo, David Williams e Dario Minieri.

Con Magic: The Gathering è amore a prima vista. Isaac Haxton si immerge completamente nel gioco di carte fantasy e ottiene subito buoni risultati. A 16 anni si qualifica per il Pro Tour, un traguardo importante per entrare nel mondo professionistico di MTG.

Ma sul più bello viene “folgorato” da un episodio chiave per la sua futura carriera di giocatore. Nel 2003 Chris Moneymaker vince il Main Event delle WSOP. Isaac Haxton segue quell’evento rivoluzionario in televisione e si convince che le carte sono il suo futuro. Non quelle di Magic, però. Quelle da poker.

La svolta verso il poker, nello specifico il Texas Hold’em, è così totale che a farne le spese non è soltanto MTG ma anche il college. Isaac Haxton si è infatti da poco iscritto alla Brown University per studiare informatica. La laurea non arriverà più (almeno finora), ma al suo posto ci sarà un carriera milionaria da poker pro.

Una collezione di carte di Magic: The Gathering (by Getty Images)

Inizia con il cash game live, al Turning Stone Casino di New York, poi si cimenta anche con l’online. In entrambi i casi i risultati lo incoraggiano a proseguire, perché cresce il suo livello di gioco e cresce anche il suo bankroll. E’ solo questione di tempo prima che Ike (questo il suo nickname online) scopra la specialità dove ha dimostrato di essere uno dei più forti di sempre: i tornei live.

Nel 2007 vola alle Bahamas per giocare il $8.000 WPT Championship Event (in futuro il torneo passerà sotto il brand EPT). Un torneo da professionisti, sia come field che per l’entità del buy-in. Isaac Haxton non è per nulla intimorito, ha già accumulato abbastanza esperienza con le partite a stakes medio-alti per affrontare il torneo. E infatti chiude 2° per $861.789 di premio.

Da quel momento in avanti è un succedersi di risultati con tanti zeri. Due anni dopo partecipa al $40.000 Anniversary Event delle WSOP: chiude ancora secondo, questa volta dietro al russo Vitaly Lunkin e davanti a Greg Reymer, per un payout di 1.168.565 dollari.

Alle World Series Of Poker Haxton ha totalizzato finora 24 ITM dei quali 5 sono final table. 4 piazzamenti a premio li ha ottenuti negli eventi WPT (1 tavolo finale) e 9 in quelli targati EPT/PCA (1 FT). Negli ultimi anni Ike si è dedicato principalmente agli high-roller che gli hanno fruttato una montagna di dollari. Il suo record proviene proprio da uno di questi eventi: il Super High Roller Bowl $300K di Las Vegas, vinto nel 2018 per $3.672.000.

Certo, gli manca ancora il titolo di grande prestigio come un braccialetto WSOP, o una vittoria nell’European Poker Tour. Ma forse tutto questo passa in secondo piano per uno che ha vinto finora $27.670.939 con 142 piazzamenti a premio (la cifra comprende eventi delle WSOP.com 2020).

La sua abilità con le carte è un mix di capacità logiche, deduttive, matematiche e di memoria, come lo stesso padre di Isaac Haxton ha raccontato in un libro: Fading Hearts on the River: My Son’s Life in Poker. Tutte elementi che hanno contribuito alla sua più grande skill, ovvero la capacità di leggere la mano dell’avversario: il suo marchio di fabbrica, il suo “kind of magic”.

Brooks Haxton (sx) con il piccolo Isaac (dx) (credits PokerNews)

L’azione si svolge allo Shark Cage, il format televisivo andato in onda qualche anno fa, dove giocatori amatoriali avevano la possibilità di sfidare grandi campioni con i sit&go. E soprattutto potevano provare a mandarli nella “gabbia” bluffandoli o chiamando i loro bluff.

Nella mano che vi proponiamo, però, non ci sono amateur ma solo professionisti. La sfida è infatti tra Isaac Haxton e Maria Ho, impegnati nell’heads-up finale.

E’ quest’ultima ad avviare il gioco limpando 40.000 da SB/bottone con K♦9♦ (i bui sono 40K/80K). Ike non ci sta e rilancia fino a 230.000 con 6♦5♠. L’americana, ma taiwanese di nascita, chiama.

Il flop si presenta così: 9♠6♥9♣. Un potenziale incubo per Haxton che trova la coppia in mezzo al trips della Ho. Haxton c-betta 175.000, Maria Ho chiama abbastanza rapidamente.

Turn: K♣. La giocatrice adesso ha fullhouse. L’instinto (o piuttosto la lettura) suggerisce a Ike di fare check. Maria Ho ne approfitta piazzando una bet da 310mila chips. Call di Isaac Haxton.

L’ultima carta è clamorosa: un 6♣ che trasforma anche la mano di Haxton in un fullhouse, ma inferiore a quello di Maria Ho. Nonostante il cooler sia dietro l’angolo, di nuovo qualcosa dice al pro americano di essere prudente. Check. La sua avversaria pensa un decina di secondi e poi dichiara l’all-in. Ike fa una smorfia di disappunto e poi va in the tank usando quasi tutto il tempo (un minuto) a disposizione.

Penso che dovrò fare un grande fold, perché qualcosa mi dice che sei avanti“. A 2 secondi dal time out, Haxton folda!

La Ho gli chiede: “Su una scala da 1 a 10, quanto grande è stato il tuo hero fold?“. “Direi 10” risponde lui.

Immagine di testa credits PokerNews