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Sono pochi i campioni, nella storia dello sport, che hanno appassionato e unito un intero paese per più generazioni. Perché stare al vertice, a lungo, non è mai semplice.

Viviamo in un’epoca in cui abbiamo assistito (e stiamo assistendo) alle gesta dei vari Jordan, Federer, Brady: sportivi sempre protagonisti, amati, sempre al top nonostante la carta d’identità.

In casa nostra, poi, c’è un iper fuoriclasse che di anni ne ha 42, e dopo una vita (letteralmente) a 300 all’ora, pare iniziare un pochino ad accusare il passare del tempo.

Di chi parliamo? Del “Dottore” più famoso d’Italia, naturalmente, Valentino Rossi. Oggi, inesorabilmente, i (pochi) detrattori del campione di Tavullia si interrogano sul suo futuro.

Rossi, campione senza tempo

Per chi avesse vissuto su Marte negli ultimi 25 anni, andiamo a ricordare brevemente chi sia Valentino Rossi: il classe 1979 di Urbino è tra i recordman assoluti nel motociclismo, avendo conquistato ben nove titoli mondiali. Personaggio assoluto dentro e fuori dalla pista, con la spiccata ironia e genuinità marchigiana che lo contraddistingue, è diventato sin dai primi anni di carriera una vera e propria icona italiana, col suo numero “46” diventato in breve tempo un brand a livello planetario.

Ha ispirato libri, documentari, film e videogiochi, e da qualche anno Rossi è anche a capo della scuderia VR46, nella quale indirizza e allena i giovani piloti che un domani potranno essere protagonisti. VR46 che, peraltro, dal 2022 sarà presente anche in MotoGP.

La sua influenza nell’ambito degli sport motoristici è assoluta: è evidente, infatti, come negli ultimi vent’anni il pubblico segua le due ruote principalmente per la sua presenza.

Un momento difficile

Basterebbe questa presentazione per capire che si sta parlando di un campione assolutamente senza tempo e senza nulla da dover ulteriormente dimostrare.

Tuttavia, è evidente come il buon Valentino stia zoppicando da oltre un anno, avendo centrato l’ultimo podio in MotoGP nella gara di Jerez 2020 e l’ultima vittoria ad Assen 2017.

Per uno come lui, che ci aveva abituato ad essere protagonista ogni domenica, risulta difficile da accettare un’annata colma di ritiri o di arrivi nelle ultime posizioni, come in effetti sta avvenendo da alcuni mesi a questa parte. Non sembra aver particolarmente aiutato, poi, il passaggio dalla sua storica Yamaha ufficiale alla Petronas.

Molti, oggi, sostengono che “un campione del genere si sarebbe dovuto ritirare finchè era ancora al vertice”, altri che “dovrebbe passare in Superbike”, altri ancora che invece “lasciatelo fare quel che vuole”.

Rossi, che evidentemente non è immune a queste valutazioni, ha sempre detto di voler annunciare il suo futuro a luglio 2021, mettendo sul piatto della bilancia i motivi per cui sarebbe effettivamente il caso di smettere con la sua magnifica carriera, oltre a quelli che lo fanno sperare in un ultimo canto del cigno.

Ritirarsi o continuare?

Partiamo da un presupposto, che sfugge a molti detrattori del Dottore.

Vero, le ultime due stagioni sono state disastrose, e questa in particolare è partita come peggio non poteva, con la miseria di quindici punti racimolati in sette gare. Ci sono però delle valutazioni tecniche incontrovertibili: ovvero che i tempi della MotoGP si sono tutti ultra-ristretti, avvicinando i piloti l’un l’altro sin dalle qualifiche. Pertanto, beccare sei decimi in qualifica vuol dire tranquillamente partire dalla terza/quarta fila, con una gara alla domenica senza dubbio complicata.

Se Rossi, come qualcuno potrebbe dire, fosse realmente “stanco” e avesse già “staccato la spina”, con i tempi della MotoGP di oggi arriverebbe costantemente ultimo, e non a metà classifica come invece sta effettivamente accadendo.

Non è raro, poi, che Rossi risulti migliore del compagno Morbidelli (anche lui partito non proprio brillantemente in questa stagione).

Risulta difficile, a breve, immaginare un arrivo a podio, men che meno un’ultima vittoria: tuttavia la grinta e il lavoro fatto al box risultano essere sempre le stesse, immutate, da anni. Ergo: saremmo pronti a stupirci ancora una volta.

Detto ciò, poi, tocca per forza di cose pensare ad un altro aspetto, quello su cui Rossi si basa ormai da anni: quello del divertimento. Valentino, infatti, ha sempre professato di voler continuare sino a quando si divertirà, dal momento che fin da bambino, per lui, ogni domenica di gara è sempre stata una festa. Se i risultati mancano, ma il divertimento c’è, ovviamente noi tifosi non potremo che prenderne atto. Del resto, se non si è ritirato manco dopo la nefasta annata 2015, quando Marquez e Lorenzo gli hanno deliberatamente rubato il campionato del mondo, significa che il legame con questo mondo per lui è inossidabile.

Se deciderà di proseguire per puro divertimento, non saranno certo questi mesi zoppicanti ad intaccare lo status di “eterno campione” e “icona dello sport italiano”, e anzi bisognerebbe vedere il tutto da un’altra prospettiva, ovvero che Rossi – e solo lui – avrebbe teoricamente la possibilità di fare ciò che gli pare e piace, avendo vinto già così tanto in carriera. Anzi, sarebbe da lodare l’encomiabile passione di un campione che lotta con la sua esperienza per migliorare una moto evidentemente non tra le migliori.

L’ultimo ballo di Rossi

A questo punto, non possiamo che aspettare serenamente le decisioni della leggenda di Tavullia. Alcuni, romanticamente, lo vedono in sella alla sua VR46 il prossimo anno a fianco del fratello Marini, per un ideale passaggio di consegne.

La verità è che Rossi, diventato da solo negli anni più famoso rispetto alla MotoGP in generale, è un’icona che rispetteremo in ogni senso: del resto, se anche Baggio o Totti avessero voluto fare anche solo una stagione in più rispetto a quanto fatto – pur magari non come ai fasti di un tempo – ne siamo certi, in fondo tutti ne saremmo stati felici.