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Kevin Durant, Neymar jr, David Beckham, sono solo alcuni esempi di grandi sportivi che recentemente hanno scelto gli eSports come obiettivo dei loro investimenti. Senza contare tutte le federazioni degli sport professionistici più diffusi, calcio e basket in primis ma anche football americano, rugby e motori, che negli ultimi anni hanno aperto alle competizioni di videogame. Ma in tutto questo recente interesse per gli eSports c’è un denominatore comune: la pandemia.

Non dobbiamo infatti dimenticare che agli inizi del 2020 la diffusione del COVID-19 a livello planetario ha letteralmente congelato le competizioni sportive. La ripartenza poi è arrivata, ma è stata parziale nonché condizionata dall’assenza degli spettatori. E soprattutto ci sono stati mesi durante i quali milioni di appassionati hanno dovuto rinunciare allo sport in tv: un tempo sufficiente perché una parte di questi potesse scoprire che si può tifare anche per una squadra (o un campione) virtuale.

E’ un dato certo: il COVID-19 ha contribuito in maniera decisiva al “boom” degli eSports e alla loro diffusione anche in Paesi dove, prima della pandemia, le competizioni di videogiochi rappresentavano soltanto un settore di nicchia. E’ il caso dell’Italia, ad esempio. Ora anche da noi gli sportivi di professione investono negli eSports. A farlo sono soprattutto i calciatori – e non poteva essere altrimenti – che hanno individuato negli eSports un mezzo da sfruttare anche a livello di immagine, soprattutto quando la carriera agonistica è alle spalle. Sono questi i casi di Totti, di Vieri e Corradi, di Zambrotta. Oltre i confini del Belpaese, si sono mossi in questa direzione Sergio Aguero, Paul Pogba, Thibaut Courtois, Dele Alli, Casemiro, solo per citarne alcuni.

Sarebbe però sbagliato pensare che tutto questo interesse del mondo sportivo per i videogame sia dovuto solo alla pandemia. In particolare se ci spostiamo oltreoceano, dove la love story tra grandi atleti “reali” e competizioni esportive è nata ben prima: più o meno nel momento in cui i tornei di videogame hanno voltato pagina, quando cioè i montepremi sono diventati a 7 cifre e le finali dal vivo hanno iniziato ad ospitare decine di migliaia di spettatori. Esattamente come nello sport professionistico tradizionale.

Il primo a “scommettere” sugli eSports è il giocatore della NFL Rodger Saffold. Nel 2014 l’offensive tackle dei Los Angeles Rams co-fonda, in collaborazione con l’esperto videogiocatore professionista Kahreem Horsley, Rise Nation, un team esportivo impegnato su  Overwatch e Call of Duty. Ma a tirare la volata decisiva è il pro della NBA Rick Fox. Verso la fine del 2015, l’ex dei Boston Celtics e dei LA Lakers acquisisce per un milione di dollari la franchigia dei Gravity Gaming nella League of Legends Championship Series. Da lì nasce l’organizzazione esportiva Echo Fox, che compete anche su Street Fighter V e Counter-Strike: Global Offensive e in seguito si allargherà anche a Injustice 2 e Dragon Ball Fighter Z.

La ragione per la quale tutto questo accade sono però i media americani. E’ grazie a loro che il fenomeno degli eSports diventa popolare negli USA. Nel 2015 alcune trasmissioni molto seguite ospitano un dibattito incandescente sugli eSports. I detrattori del mondo videoludico sono molti, ma due in particolare si fanno notare. Il primo è il noto anchorman della ABC Jimmy Kimmel che in una puntata del suo show ironizza sui guadagni astronomici di un protagonista degli eSports (il riferimento è probabilmente allo streamer/influencer Ninja, al secolo Tyler Blevins). Il video di quella puntata, in pochissimo tempo, raccoglie quasi 1,5 milioni di visite su YouTube e tantissimi “dislike”. Kimmel riceve insulti anche pesanti, e questo naturalmente va condannato; ma il suo intervento non fa altro che compattare la community degli appassionati e rivelarne le dimensioni anche al grande pubblico.

Sul fronte di coloro che criticano il mondo degli eSports c’è anche Colin Cowherd, giornalista sportivo americano molto gettonato. L’argomento centrale di Cowherd è che gli eSports non possono in nessun modo essere avvicinati al mondo dello sport tradizionale. Lo dice in diretta durante un talk show, ma qui arriva il colpo a sorpresa. In collegamento telefonico, interviene il cestista degli Utah Jazz Gordon Hayward che contraddice il giornalista, chiarendo che “in questo momento gli eSports costituiscono la scena competitiva con maggiore crescita negli Stati Uniti“. Il pro della NBA fa quindi intendere che, se anche i videogame competitivi non posso essere definiti uno sport, il loro palcoscenico è altrettanto importante, ma le loro potenzialità future sono molto più grandi.

Sempre nel 2015 escono due articoli, uno su Fortune e uno su Forbes, che mettono in risalto le ragioni per le quali vale la pena puntare sulle competizioni di videogiochi, considerate “the next big thing”. La strada a questo punto è tracciata.

Insieme a Rick Fox, arrivano i Philadelphia 76ers, i Sacramento Kings, lo Shalke 04: sono le prime società professionistiche di sport che scelgono di creare le proprie divisioni esportive. Tra i giocatori entrano in “campo” due campioni del baseball a stelle e strisce (MLB), Alex Rodriguez e Jimmy Rollins che, in joint venture con la star dei Los Angeles Lakers Shaquille O’Neal, investono in NRG eSport, squadra competitiva di Counter-Strike e League of Legends. Poco dopo si aggiunge alla lista anche Magic Johnson che compra quote della società aXiomatic, già proprietaria del pluripremiato Team Liquid (vincitore al The International 2017 di Dota 2).

Nel 2016 Jonas Jerebko, ala dei Boston Celtics, diventa proprietario dei Renegades (CoD, CSGO, Valorant e Rocket League), spostandoli da Atlanta a Detroit. Nel 2017 arrivano altre società sportive, quali l’FC Copenhagen, i Miami Heat e i Milwakee Bucks.

Le ultime entry pre-pandemia portano i nomi di Gerard Piqué e Fernando Alonso. Quest’ultimo nel 2018 crea il proprio team, FA Racing, in collaborazione con Veloce Esports e lo sponsor tecnico Logitech G per puntare alle competizioni sui simulatori di guida iRacing e Gran Turismo, ma non alla F1. Un anno prima di Alonso, il difensore del Barcellona diventa presidente di eFootball.Pro, società che insieme a Konami, produttore e sviluppatore di Pro Evolution Soccer, ha dato vita alla competizione internazionale Pro Evolution Soccer 2018 League.

Il resto è cronaca di un collegamento, quello tra sport e eSports, sempre più intenso e rafforzato dalla pandemia. Il futuro, invece, è uno spazio aperto ancora da scrivere e soprattutto da immaginare.

 

Fonti di riferimento: Forbes.it, Gazzetta.it, sport.Virgilio.it, YouTube: “How esports changed the game: From media laughingstock to media craze

Immagine di testa: Gettyimages

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