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A differenza del passato, quando il fallimento di un videogioco era superabile aggiustando il tiro con il titolo successivo, oggi i tempi di produzione e il costo di sviluppo per rimediare possono essere ostacoli proibitivi.

Certo, sarebbe meglio puntare ad un’uscita quantomeno soddisfacente, ma purtroppo non va sempre così. Negli ultimi anni si sono visti troppi giochi che non erano all’altezza delle aspettative e che sono stati “rattoppati” con una serie lunghissima di patch.

Vediamo allora tre esempi di giochi che, per motivi diversi, hanno avuto un lancio se non disastroso quantomeno difficile.

Screenshot credits adrenaline.com

LE PROMESSE INFRANTE DI CYBERPUNK 2077

Cyberpunk 2077 (2020 per PlayStation 4, Xbox One, Windows; 2022 per PlayStation 5, Xbox Series X/S) è forse il titolo che ha fatto più parlare di sé negli ultimi due anni. La storia è recente e nota.

Alla vigilia della pubblicazione, l’hype del pubblico è alle stelle, la fiducia riposta negli sviluppatori è a dir poco solida e le promesse di CD Project Red sono alte. Dopo ripetuti rinvii, il gioco viene finalmente pubblicato ma è un prodotto del tutto insoddisfacente. Non solo Cyberpunk non concretizza quello che era stato promesso, come ad esempio una Night City davvero viva e la possibilità di fare scelte in grado di cambiare la storyline, ma è anche un titolo pieno di bug e difetti.

C’è poi il clamoroso errore degli sviluppatori i quali avevano assicurato che il gioco girasse su console di (ormai vecchia) generazione. E invece, a pochi giorni dall’uscita, Sony si vede costretta a ritirare dagli store digitali la versione per PlayStation 4, perché decisamente non compatibile.

Il lancio di Cyberpunk 2077 è stato quindi un disastro che ha portato non solo ad un crollo delle azioni di CD Project Red, ma ha anche influito sulla reputazione dello studio. Possiamo supporre che invece di pretendere di rispettare la data annunciata dopo l’ultimo rinvio, posticipare ulteriormente l’uscita avrebbe giovato alla qualità del prodotto. D’altra parte, per quanto esasperati dall’attesa, gli appassionati avrebbero probabilmente confermato la loro fiducia negli sviluppatori di The Witcher.

Oggi, dopo due anni di patch, il videogioco sembra quantomeno godibile e grazie alla serie Netflix Cyberpunk: Edgerunners sta vivendo una nuova vita. Nel frattempo gli sviluppatori promettono un sequel che mostri la vera potenza di Cyberpunk 2077.

Screenshot Days Gone (credits Sony)

DAYS GONE E IL TIMORE DELLA SOVRAPPOSIZIONE

Days Gone (2019 PlayStation 4; 2021 Windows) non si può considerare davvero una promessa infranta. Da quello che si è visto prima dell’uscita del gioco, Sony non aveva riposto grosse speranze nel titolo, di conseguenza le aspettative del pubblico sembravano ragionevolmente basse.

La storia del lancio di Days Gone, infatti, consiste in tre scelte che lasciano pochi dubbi sulle intenzioni modeste dello sviluppatore, Bend Studio. Il trailer, nonostante mostri una delle meccaniche più interessanti del titolo, è davvero poco efficace. Il gioco non è stato presentato nei principali eventi pre-lancio, come invece è successo per Marvel’s Spiderman o Last of Us 2. Il filmato di gameplay è a dir poco grossolano e si è poi scoperto che non era stato realizzato da uno sviluppatore professionista, ma da un giornalista che non aveva mai provato il titolo!

E’ evidente che prima della data d’uscita Days Gone è ancora acerbo. Perché allora farlo uscire in anticipo? Una ragione c’è, ma è totalmente legata al mercato di quel momento.

Un rinvio avrebbe infatti creato una pericolosa sovrapposizione con la data d’uscita di The Last of Us 2. Due esclusive Sony a “tema zombie” nello stesso periodo, una delle quali realizzata dall’ottimo studio Naughty Dog, non sono una buona idea e così Days Gone esce prematuro.

Il gioco ha degli evidenti problemi. Ci sono cali di framerate, soprattutto durante le corse in motocicletta o negli scontri con orde di zombie. Presenta inoltre alcuni spiacevoli pop up, specialmente per quanto riguarda nemici ed alberi, caricamenti abbastanza lunghi e una serie di difetti che sono stati sistemati solo nella versione per PC, uscita due anni dopo. L’unica, perché Bend Studio ha poi ammesso un flop tale da non giustificare il sequel.

Eppure, nonostante tutto questo, Days Gone ha diviso critica e pubblico, diventando il classico caso di un titolo che o si ama o si odia.

Metal Gear Solid VMGVS (screenshot YouTube)

IL DOLORE FANTASMA DI METAL GEAR SOLID V

Metal Gear Solid V: The Phantom Pain (2015 PlayStation 3 e 4, Xbox 360 e One, Windows) è probabilmente il titolo di ultima generazione che ha fatto più parlare (male) di sé assieme a Cyberpunk.

Tuttavia, questa volta ad inficiare la qualità del prodotto non è stata una promessa esagerata degli sviluppatori o il timore di una sovrapposizione che ha forzato l’uscita. Il problema di MGSV è legato alla drastica rottura fra il publisher Konami e il game designer Hideo Kojima, il cui nome è stato addirittura rimosso dalla copertina del gioco.

Non sono chiari i motivi precisi di quel contrasto. Fatto sta, però, che a pochi giorni dall’uscita del gioco Kojima annuncia su Twitter di essere soddisfatto di quello che è riuscito a fare. Ha ragione, perché quello che ha fatto è decisamente buono. Quello che però non vuole o non può dire è che al gioco manca una fine.

Metal Gear V ha una partenza clamorosa nel prologo. Il primo capitolo è denso di gameplay e, nonostante un po’ di lentezza, sviluppa la narrazione verso il secondo capitolo. Ed è qui che si comincia a sentire qualche scricchiolio.

Il giocatore si trova davanti a missioni ripetute dal capitolo precedente che preannunciano un possibile flop finale. Chiuso il capitolo due, infatti, il gioco propone un cliffhanger – da risolvere nel seguito – e una cutscene non inquadrabile cronologicamente perché ambientata in due diversi piani temporali: una parte nel 1984 e l’altra nel 1993. Non bastasse questo, ci sono molte storyline accennate e non portate a termine.

Insomma, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain è un gioco non finito. Lo dimostra anche un filmato pubblicato successivamente da Konami come contenuto extra che contiene un raw footage delle cutscene incomplete e alcuni sketch della missione 51 (quella legata al cliffhanger). Perfino nel codice del gioco esiste il cartello del “chapter 3”.

Oltre al danno la beffa, verrebbe da dire, dal momento che su di un prodotto palesemente incompleto Konami ha apposto un prezzo pieno.

Immagine di testa: Metal Gear Solid V: The Phantom Pain (credits Konami)

Si ringrazia Nicola Benetton per la consulenza tecnica