Vai al contenuto

Quella degli NFT è una bolla pronta ad esplodere? Sembrerebbe di sì, almeno stando al vertiginoso calo che i Non Fungible Tokes hanno registrato negli ultimi due mesi.

Nati come sistema per garantire l’autenticità e l’unicità di un’opera digitale attraverso il sistema blockchain, in breve tempo gli NFT sono diventati una forma d’investimento. Il successo è stato clamoroso ma il settore finanziario ci insegna che, dietro a un’impennata eccessiva, spesso si nasconde una potenziale bolla.

L’anno di svolta è stato il 2021, quando l’opera digitale Everydays: The First 5000 Days dell’artista Mike Winkelmann, noto come Beeple, è stata venduta durante un’asta online per 69 milioni di dollari. Pochi mesi dopo, precisamente nel settembre 2021, il mercato ha registrato un record di vendite di NFT: 225.000 in un giorno!

Dal quel momento in poi la situazione si è stabilizzata, mantenendosi comunque su valori positivi. Questo fino ai primi mesi del 2022. Poi è iniziata la discesa, una vera e propria picchiata.

I famosi NFT Bored Ape messe in vendita da Sotheby’s (credits Sotheby’s)

Un articolo del Wall Street Journal, riportato da ilpost.it, indica che nell’ultima settimana di aprile il numero di scambi quotidiani è calato del 92%. Più o meno la stessa sorte è toccata ai wallet, i conti digitali di cryptovalute, che sono diminuiti dell’88%.

Queste enormi riduzioni di volumi hanno determinato un crollo di valore degli NFT. Il caso più clamoroso è quello dell’NFT del primo tweet della storia, pubblicato il 21 maggio 2006 dal cofondatore del social network, Jack Dorsey. Nel marzo 2021 lo aveva acquistato Sina Estavi, un imprenditore nel settore digital, per la modica cifra di 2,9 milioni di dollari. Nell’aprile di quest’anno Estavi lo ha rimesso in vendita su OpenSea, la principale piattaforma per il commercio di NFT. Il prezzo? 48 milioni di dollari. Finora l’offerta più alta che ha ricevuto è stata di 24mila dollari!

Anche le piattaforme per gli scambi, come appunto OpenSea, hanno registrato cali drastici. Insomma, l’intero comparto degli NFT è entrato in una crisi profonda. Al momento non è chiaro se si tratti di una situazione passeggera oppure irreversibile.

Chi sostiene la prima ipotesi, indica tra le cause della crisi l’aumento dell’inflazione dovuto alla guerra che porta con sé maggiore preoccupazione e minore propensione al rischio.

Questo, tuttavia, non sembra essere sufficiente per spiegare la crisi degli NFT. Per molti osservatori il rischio bolla è abbastanza evidente. Il mercato è cresciuto in maniera sproporzionata e troppo in fretta, diventando insostenibile nel lungo periodo anche in relazione ad un numero di investitori al di sotto della aspettative. Secondo Chainalysis, una società d’analisi che si occupa di criptovalute, per 9,2 milioni di NFT venduti fino allo scorso aprile, i compratori sono stati 1,8 milioni: circa cinque NFT per ogni acquirente. (fonte ilpost.it)

Il secondo motivo riguarda invece la mancanza di trasparenza e sicurezza nelle operazioni: due fattori, questi, che coinvolgono le cryptovalute stesse.

Bitcoin logo with binary numbers code and network on a dark background.

Il caso più eclatante si è verificato con il progetto Otherside, un “metaverso per NFT”. Per sostenere gli acquisti all’interno di questa realtà virtuale, Yuga Labs ha creato la cryptovaluta ApeCoin. Le prime operazioni di vendita sono iniziate il 30 aprile scorso e l’esordio è stato ottimo, a dimostrazione che la guerra c’entra limitatamente con i problemi del mercato NFT.

Ben presto, però, è emerso che Ethereum, la blockchain usata da Yuga Labs, prevede il pagamento di una “gas fee” destinata ai miner, ovvero ai gestori dei computer che rendono valide la transazioni. La commissione non è fissa ma aumenta in rapporto al traffico registrato nel network. Morale: il picco di acquisti con ApeCoin ha fatto schizzare in alto la gas fee, al punto che un utente ha dovuto pagare 45mila dollari per un NFT che ne valeva appena 5mila!

In mezzo a tutto questo caos si sono inseriti hacker e bot che hanno ripulito i portafogli digitali di tante persone collegate alla piattaforma.

Inevitabile l’effetto a catena tra le cryptovalute, quasi tutte hanno perso molto valore. Il Bitcoin è sceso del 54%, le stablecoin più famose (Terra, USDC e Tether) hanno perso l’aggancio con gli asset reali (valute soprattutto).

Questi scossoni sembrano confermare che il crollo degli NFT è legato principalmente a dinamiche interne piuttosto che a cause esterne e contingenti (la guerra in Ucraina). Dinamiche che sono proprie dell’intero sistema delle cryptovalute dove si è spinto troppo, con pochissimi controlli e tutele da parte dell’economia reale.

Non è un caso che i più pessimisti parlino di somiglianze con la crisi finanziaria del 2008, iniziata con il problema dei mutui americani e terminata con il collasso di buona parte dell’economia mondiale. Gli NFT potrebbero essere solo un’avvisaglia di una crisi ben più ampia all’interno dell’economia virtuale.

Foto di testa: il Nyan Cat (credits esquire.com)