Vai al contenuto

Che cosa si intende per “gamification“? Wikipedia definisce il concetto come “l’utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti non ludici“.  Il contesto non ludico che maggiormente utilizza la gamification è senza dubbio quello lavorativo.

Molte aziende, società e professionisti di ogni settore prendono a prestito dal mondo dei giochi alcuni elementi (regole, strategie, setting) per utilizzarle come forma di training. Gli scopi sono molteplici. Innanzitutto con la gamification si fa team building, cioè si crea coesione tra i dipartimenti di un’azienda e più in generale tra le persone che ci lavorano. Un aspetto correlato al team building è quello di rendere più divertente – cioè coinvolgente – il lavoro attraverso il gioco. Inoltre, la gamification serve per potenziare o consolidare skills utili dal punto di vista professionale, ad esempio quelle strategiche e di comunicazione.

Questo è l’ambito all’interno del quale normalmente trova spazio la gamification. In un certo senso, però, costituisce solo una parte del meccanismo di “esportazione ludica” che è sempre esistito tra i giochi stessi e che oggi, anche grazie al fenomeno degli eSports, sta coinvolgendo il mondo dello sport tradizionale.

Ad esempio, un elemento molto presente nel settore ludico è quello delle carte in grado di aggiungere variabilità alla strategia. Pensiamo al Monopoli, forse il gioco di società (o da tavolo, “board game”) più conosciuto al mondo: durante la partita capita di dover accettare quello che “Imprevisti” e “Probabilità” dicono di fare. In quel caso non c’è scelta: si tratta di un elemento randomico, al quale è necessario adeguarsi (magari con un buon tiro di dadi). Ma è il primo esperimento di carte in grado di modificare la partita, poi utilizzato da tanti altri giochi che ne hanno aumentato la componente strategica.

Coloni di Katan, gioco dell’anno nel 1995 tradotto in oltre trenta lingue e con vendite arrivate a quasi 20 milioni di copie, ne è un esempio con le sue “Carte Sviluppo“. Ma ancor di più lo è Magic: The Gathering (Magic: l’Adunanza), il gioco di carte collezionabili per eccellenza. I giocatori di Magic conoscono bene l’importanza di utilizzare al momento giusto le carte che potenziano i proprio eroi o depotenziano quelli dell’avversario.

Il termine “carte potenziamento” è generico ma serve per espandere il concetto. Prima di tutto in direzione dei videogiochi competitivi, dove ci ha già condotto Magic visto che nel 2019 Wizards of the Coast – l’azienda creatrice del gioco – ne ha lanciato la versione esportiva con il titolo di Magic: The Gathering Arena. Ma tra gli eSports che fanno uso di carte potenziamento ci sono anche Hearthstone (altro card game collezionabile), Clash Royale, videogame strategico/MOBA in tempo reale prodotto da Supercell, e perfino giochi a contenuto sportivo come ad esempio FIFA: nella modalità FUT (Football Ultimate Team) il titolo targato EA Sports si regge proprio sulle carte, sia quelle dei giocatori che quelle strategiche.

Se anche i videogame sul calcio utilizzano le carte potenziamento, la notizia che uno sport tradizionale sia arrivato ad una soluzione simile sorprende fino a un certo punto. L’esperimento si chiama Ultimate Tennis Showdown, un torneo itinerante e innovativo dove i tennisti, oltre a palla e racchetta, devono usare anche le carte potenziamento (UTS o power cards). L’idea si ispira dichiaratamente al settore degli eSports: partite più brevi (niente game e set, ma quattro quarti da 10 minuti l’uno, in cui chi fa più punti si aggiudica la frazione di gioco), coaching tipo time-out del basket, interviste nelle pause e infine le carte. Ogni giocatore ne ha 4 a disposizione, selezionate da un algoritmo tra le 7 ufficiali, e ne può giocare al massimo due – quelle scelte dall’allenatore – per ogni quarto, ma non contemporaneamente. Per dare un’idea di come le carte possono influire sulla partita di Ultimate Tennis, questo è l’elenco delle 7 ufficiali:

  • Togli un servizio all’avversario (uno invece che due)
  • Ottieni un servizio extra (tre possibilità invece che due)
  • Scegli di far valere doppio il tuo punto successivo
  • Ogni tuo colpo vincente vale triplo
  • Ottieni X servizi consecutivi
  • Costringi il tuo avversario a giocare un serve&volley
  • Costringi il tuo avversario a chiudere il punto entro tre colpi

Piacerà? Non lo possiamo sapere con certezza, ma se il torneo è arrivato alla seconda edizione qualcosa di buono ci dev’essere. Di sicuro c’è la conferma delle crescente attenzione dello sport nei confronti del settore dei videogiochi competitivi, come testimonia la eSerie A TIM di FIFA21 e PES che ha coinvolto 19 società di calcio di Serie A su 20 (il Napoli parteciperà il prossimo anno). La ragione è chiara: lo sport ha bisogno di ampliare il proprio pubblico, di estenderlo alle nuove generazioni che sono sempre più legate al mondo virtuale. Gli eSports, cresciuti in maniera esponenziale durante la pandemia, sono il mezzo giusto per raggiungere l’obiettivo e offrono anche un modello di comunicazione nuovo, decisamente più in linea con i tempi. Anche perché, una volta superata la pandemia in maniera definitiva, difficilmente si tornerà indietro.

Infine, rimanendo nell’ambito della gamification tra settori ludici, non possiamo dimenticare che anche il poker per un certo periodo ha tentato l’esperimento delle power cards. Pur con nomi diversi a seconda del brand, quel tipo di Texas Hold’em dava ai giocatori la possibilità di modificare la mano in corso, utilizzando carte speciali esterne al mazzo. Per esempio era possibile cambiare il seme, pescare una nuova hole card e cose di questo tipo.

Il tentativo non è andato a buon fine. La community del poker ha risposto in maniera blanda e alla fine tutti gli operatori che avevano tentato l’avventura hanno dovuto fare dietro-front. Forse il giocatore medio di poker è più restio di altri al cambiamento. O forse la strada delle carte extra non era quella giusta. E’ possibile che l’avvicinamento tra poker e eSports passi più facilmente attraverso un cambiamento nella formula delle competizioni, un po’ come ha fatto il tennis.

Le soluzioni si possono trovare. I due mondi sono sempre più vicini. E soprattutto, il momento è quello giusto.

Foto di testa credits ADG Informa