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Banishers: Ghosts of New Eden è un videogioco di ruolo d’azione sviluppato da Don’t Nod, gli autori di Vampyr, e pubblicato da Focus Entertainment per PlayStation 5, Xbox Series X/S e Windows. Il titolo è disponibile dal 13 febbraio di quest’anno.

La narrazione in Banishers: un viaggio su due binari.

È il 1695 quando gli epuratori (una sorta di cacciatori di fantasmi) Antea Duarte e Ruaidhrigh “Red” mac Raith affrontano un’attraversata atlantica per aiutare l’amico Charles a fronteggiare una potente infestazione nella colonia americana di New Eden, in prossimità di Boston.

Nello scontro con le entità soprannaturali, Antea perde la vita. Red decide allora di intraprendere un viaggio per scoprire i misteri che hanno generato e che alimentano la maledizione di New Eden. Ma quello di Red è anche un percorso intimo all’interno della propria anima, una metafora dell’accettazione del lutto per la perdita di colei che è stata il suo mentore e soprattutto il suo amore.

Banishers porta sullo schermo due protagonisti caratterizzati da una scala di grigi esistenziali che esprimono i loro dubbi e debolezze. Li scopriamo un po’ alla volta, con il progredire della storia e con gli scambi di battute fra Red e il fantasma di Antea. Nei dialoghi compare un passato condiviso in modo intimo, più di quanto succeda in altri titoli quali ad esempio The Last of Us o God of War. Il merito della sceneggiatura sta soprattutto nella capacità di amalgamare questo percorso interiore con il binario della storia principale, cioè la missione dei due epuratori.

Il gioco ci presenta un world building approfondito e funzionante in cui si muovono personaggi ben scritti e approfonditi, con un approccio che li rende persone più che eroi. In Banishers: Ghosts of New Eden la caratterizzazione non riguarda solo i protagonisti ma anche i vari personaggi che incontreremo durante l’avventura, in un cerchio che si restringe sempre più verso uno dei cinque finali alternativi determinati dalle nostre scelte.

Gameplay: fra investigazione e combattimento.

L’opera di Don’t Nod presenta un gameplay classico, con una divisione abbastanza netta tra fasi di esplorazione, indagini e combattimenti.

L’esplorazione non riguarda un open world vero e proprio con una missione principale, ma ci mette davanti ad una mappa aperta dei casi di infestazione su cui indagare e delle attività secondarie più o meno narrative.

Le fasi di indagine consistono nella raccolta di indizi che si ottengono perlustrando abitazioni, seguendo tracce, interrogando le persone coinvolte. A differenza di Vampyr, dove il focus è sull’intreccio di relazioni tra i personaggi e sul porre la domanda giusta per ottenere l’informazione che sblocca una linea di dialogo, in Banishers contano le scelte che i protagonisti devono prendere, una volta raccolte tutte le informazioni di cui hanno bisogno.

Per quanto riguarda il combattimento, se Vampyr ricorda The Witcher 3, il nuovo titolo di Don’t Nod pesca a piene mani dagli ultimi due God Of War. La vera differenza con questi è che i companion di Kratos sono praticamente degli equipaggiamenti del protagonista, mentre in Banishers c’è una bellissima alternanza fra Red e Antea. E’ proprio la cacciatrice ad avere non solo mosse uniche ma anche abilità sbloccabili nello skill tree della progressione. L’unica nota davvero dolente dei combattimenti di Banishers è che talvolta, pur non essendo complessi, risultano troppo lunghi.

Il gioco consente anche di creare diverse build per Red e Antea, non solo con lo skill tree (dotato di scelte binarie) ma anche tramite l’equipaggiamento. Queste build differenziano il gameplay ma restano meno evidenti rispetto a Vampyr, dove il protagonista poteva sviluppare poteri diversi in base alla tipologia di vampiro.

Comparto tecnico: lontano dal fotorealismo ma con un’atmosfera spettrale.

Le vere incertezze di Banishers si trovano nel comparto tecnico. Il videogame graficamente ricorda infatti più un buon gioco della precedente generazione che il fotorealismo odierno. Dobbiamo però considerare la natura “doppia A” dell’opera e i significativi passi avanti rispetto al titolo precedente di Don’t Nod.

Questi limiti grafici sono inoltre compensati da una ricerca di stile e un’art direction che creano un’atmosfera unica e tangibile, supportata da buone musiche e soprattutto da un buonissimo doppiaggio: chi mastica un po’ l’inglese è in grado di cogliere la caratterizzazione dei personaggi attraverso i loro accenti e l’uso dello slang.

Conclusione

Banishers: Ghost of New Eden, seppure con qualche piccola sbavatura, risulta un ottimo videogioco e conferma la capacità di Don’t Nod di creare opere autoriali e godibli. E’ un titolo adatto per chi ha apprezzato God of War e ancora di più per gli appassionati di Vampyr, ma lo consigliamo soprattutto a chiunque voglia vivere una storia affascinante, incentrata sulle scelte da prendere e i dubbi che le accompagnano.

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