Non esiste campione senza gregario, nel ciclismo. Tutti i più grandi hanno sempre avuto al loro fianco una figura di compagno di squadra, protettore, spalla e in alcuni casi persino stimolo mentale. Gente che appare poco sulle copertine, ma che in uno sport di fatica come questo delle due ruote ricopre un ruolo fondamentale.
Per vincere un Giro d’Italia o un Tour de France, ma pure un titolo mondiale, avere una buona batteria di gregari è assolutamente indispensabile. Questo concetto poi è stato applicato ad altri sport di squadra come il calcio, ma è nel ciclismo che ha tutt’ora un significato specifico ed epico.
Cosa significa “gregario” nel ciclismo
Cominciamo con una poesia di Gianni Rodari, celebre scrittore anche di racconti per ragazzi che però era stato anche un sagace creatore di versi:
Filastrocca del gregario/ corridore proletario,/che ai campioni di mestiere/ deve far da cameriere,/e sul piatto, senza gloria,/serve loro la vittoria./ Al traguardo/, quando arriva/non ha applausi, non evviva./Col salario che si piglia/fa campare la famiglia/e da vecchio poise acquista/un negozio da ciclista/o un baretto, anche più spesso,/con la macchina per l’espresso.
Se prendiamo il dizionario italiano Treccani vediamo che la parola gregario viene da “gregge“, ma non ci sono pecore o animali in mezzo. Più che altro è uno che genericamente sta in gruppo. E non c’è sport dove il gruppo è fondamentale come nel ciclismo, dove a volte questa situazione si mantiene fino agli ultimi metri.
Oggi come oggi qualsiasi squadra di ciclismo che partecipi a una corsa di un giorno o a tappe, di una o tre settimane, è strutturata con otto corridori: uno o due capitani, un paio di battitori liberi (magari uno sprinter e uno scalatore) e il resto da gregari. Questi ultimi hanno un compito ben preciso: fisicamente andare a prendere i rifornimenti dall’ammiraglia per poi distribuirli ai compagni, e nello specifico aiutare i capitani stando loro vicini, menando magari il ritmo in testa al gruppo nelle tappe di montagna o andando a tappare i buchi nelle fughe.
A grandi linee ogni capitano o leader ha a sua disposizione un gregario, una sorta di scudiero che in alcuni casi di emergenza è disposto a dargli addirittura la sua bicicletta: pensiamo infatti alle cadute e alla necessità per i big di ripartire subito se non si sono fatti nulla. Ecco, per accelerare il tutto nel ciclismo c’è sempre un gregario, quasi un gemello fisicamente, pronto ad aiutare e a sacrificarsi, aspettando la sua, di bicicletta, nel momento in cui arrivi l’ammiraglia.
Grandi gregari del passato
Oggi come oggi, certo, le grandi squadre come gregario hanno un corridore che magari è reduce da anni in altri team dove è stato un leader. Pensiamo a Sepp Kuss, in realtà, forse il gregario più forte del mondo ad oggi, che nel 2023 ha aiutato Roglic a vincere il Giro d’Italia e Vingegaard a spuntarla al Tour: altrove sarebbe un leader, ma alla Jumbo è quello che detta i ritmi in montagna. Quest’anno è andato talmente forte però che ha vinto addirittura la Vuelta, quasi un premio alla carriera. Ecco, altrove Kuss sarebbe capitano senza discussioni.
Di solito infatti i gregari non vincono e difficilmente vanno sotto i riflettori: è uno stile di vita, la sublimazione dell’annullamento personale per far prevalere la squadra. Non è da tutti, un lavoro così; anche perché gli stipendi sono infinitamente più bassi rispetto ai capitani (che però in privato possono ricompensare i loro scudieri) e i rischi molto maggiori. Perché fuori dalla top 10 delle grandi corse a tappe c’è un centinaio abbondante di ciclisti “anonimi” il cui obiettivo è di portare a casa la pelle: la propria e dei loro leader. Perché se il leader fa bene si spartiscono più premi, in quello non c’è gerarchia.
Cosa sarebbe stato Vincenzo Nibali senza Michele Scarponi, per esempio? Egan Bernal avrebbe vinto il Giro 2021 se sulla salita di Sega di Ala Daniel Felipe Martinez, il suo compagno alla Ineos, non l’avesse incitato quasi con rabbia, mentre il suo connazionale era al gancio? Tutti i più grandi hanno avuto il loro “grillo parlante”, la loro coscienza: Renzo Zanazzi con Gino Bartali, Pino Favero con Fausto Coppi, o tutti quelli che tiravano le volate a Mario Cipollini. C’è chi comincia da gregario nel ciclismo e poi diventa capitano: pensiamo a Laurent Fignon con Bernard Hinault, o a Miguel Indurain al servizio di “Perico” Delgado.
I casi sono veramente centinaia, alcuni dei quali ancora più epici delle vicende dei loro capitani. Il gregario è uno stile di vita, non tutti sono in grado di farlo. Il gregario è il ciclismo, la sua stessa essenza.