Vai al contenuto

L’abbiamo vissuta tutta d’un fiato questa incredibile stagione di Serie A, che ci ha regalato emozioni a non finire con tanto di sentenze solo all’ultimo minuto dell’ultima giornata.

Un anno ricco di tante sorprese, dove non sono mancate come sempre anche cocenti delusioni. Ma il tempo per gioire, o rammaricarsi, è davvero troppo poco, perchè tutto ormai è già indirizzato verso i progetti per la nuova stagione.

Non prima però, di fare il punto della situazione dopo la 38ª giornata che ha chiuso le ostilità sul campo, con tutti i verdetti in vetta e in coda alla classifica e qualche considerazione in merito.

Riepilogo serie A 21/22
I campioniMilan
Qualificate alla ChampionsMilan, Inter, Napoli, Juventus
Qualificate all’Europa LeagueLazio e Roma
Qualificata alla Conference LeagueFiorentina
RetrocesseCagliari, Genoa, Venezia
CapocannoniereCiro Immobile (Lazio, 27 reti)
La sorpresaVerona
La delusioneAtalanta
I verdetti della serie A 2021/2022

La squadra campione: il 19° trionfo del Milan

Per il secondo anno di fila a giocarsi lo scudetto sono state l’Inter il Milan, così finite nell’ordine nella scorsa stagione e che quest’anno hanno chiuso a posizioni invertite.

Una battaglia di trentotto giornate che ha visto le due milanesi prendersi la vetta in momenti diversi, ribaltando più volte le attese e i pronostici.

Prima il Milan che parte meglio forte di una squadra consolidata, mentre Inzaghi ci mette un po’ a ingranare, salvo poi prendere pian piano il sopravvento e chiudere il girone di andata in vetta e con l’impressione di essere davvero i più forti della stagione.

Ma il calcio si sa è strano, e nel momento migliore dei nero azzurri e di maggior difficoltà dei rosso neri (falcidiati dagli infortuni), la squadra di Pioli trova quello spirito che sarà poi il vero punto di forza. Situazione nuovamente ribaltata proprio dopo il derby, con i rosso neri al comando e l’Inter che arranca sotto i peso di continue partite difficili da dentro o fuori.

Ma proprio quando il Milan sembra lanciatissimo verso il titolo, ecco il ritorno dell’Inter, che macina vittorie e si rimette in scia e con il match ball della partita da recuperare contro il Bologna che potrebbe regalare la vetta.

La storia racconterà poi come proprio in quella partita l’Inter perda l’occasione e il Milan trovi il coraggio e l’animo di vincerle tutte, padrone del suo destino fino all’ultima sfida contro il Sassuolo, che doma nel giro di un tempo (0-3 dopo appena 36 minuti) e si cuce sul petto il suo diciannovesimo scudetto, a undici anni dall’ultimo successo ottenuto con Allegri.

Le qualificate in Champions: obiettivo minimo per Inter, Juventus e Napoli

Percorsi diversi quelli delle altre tre squadre che si sono garantite il posto in Champions per il prossimo anno. L’Inter come detto ha lottato fino alla fine e si è guadagnata un’altra occasione europea ad alti livelli.

Per il Napoli invece c’è forse quel pizzico di delusione che resta per non aver lottato fino alla fine per il titolo, dopo che per lunghi tratti Spalletti ha dato l’impressione di aver trovato la combinazione giusta. Poi tanti infortuni, qualche elemento sotto tono nei momenti decisivi e probabilmente anche quel problema “mentale” nell’affrontare i match che contano (non a caso ha chiuso con quattro vittorie di fila e un solo gol subito proprio nel momento in cui ha abbandonato la lotta scudetto), hanno minato qualsiasi altra ambizione.

Obiettivo minimo centrato anche per la Juventus, che pure senza vincere alcun titolo per la prima volta da dieci anni a questa parte, è riuscita nell’impresa Champions che a un certo punto della stagione sembrava impensabile.

Poi ci ha pensato il mercato di gennaio a regalare ad Allegri i rinforzi decisivi (Vlahovic e Zakaria), e ora il futuro porterà una ulteriore piccola rivoluzione (l’addio di Dyabala, Morata e Chiellini) che potrebbe riportare in auge la vecchia Signora.

Per tutte e quattro le protagoniste italiane di Champions però, sarà proprio il mercato a definire i prossimi obiettivi.

Le qualificate Europa e Conference League: le romane in Europa, insieme al miracolo Viola

Tre squadre nello stretto giro di appena due punti, si sono giocate fino alla fine le posizioni per l’Europa. La Lazio di Sarri quel posto se lo era già garantito con una giornata di anticipo, onorando poi il finale con un rocambolesco 3-3 contro il Verona che rappresenta bene l’annata bianco celeste, capace di grandi cose (chiude con il secondo miglior attacco del campionato a quota 77 reti), ma anche di qualche scivolone di troppo che ne ha compromesso obiettivi più alti.

Discorso simile anche per la Roma di Mourinho, che chiude comunque in maniera più che positiva la sua prima stagione, soprattutto nel reparto difensivo che porta in dote 15 “clean sheet” (dieci dei quali in casa), oltre naturalmente al prestigio per la finale di Conference League.

Ma se le due romane hanno in realtà confermato i pronostici iniziali, la vera sorpresa è il ritorno in Europa della Fiorentina, che dopo sei anni conquista di nuovo il pass per una competizione europea (la Conference League), regalando a Comisso la prima gioia. Merito del Presidente, ma soprattutto dell’arrivo di Italiano, che ha saputo dare una nuova identità a questa squadra che spera ora di aprire un ciclo, nonostante la partenza di alcuni suoi campioni in questi ultimi anni (da Chiesa a Vlahovic).

Le retrocesse: impresa Salernitana, sprofondano Genoa e Cagliari

Nessuno forse si sarebbe aspettato a un certo punto che la Salernitana riuscisse davvero a salvarsi, dopo aver chiuso il girone di andata ultima con appena 8 punti all’attivo.

Poi l’arrivo non solo di Nicola in panchina, ma anche se non soprattutto di un Sabatini come direttore sportivo, che ha completamente rivoluzionato la squadra, capace da allora di proporre un gioco più propositivo e cogliere qualche risultato importante.

Viceversa, erano forse in pochi a scommettere a inizio stagione sulla retrocessione di due club storici come Genoa e Cagliari, pur se negli ultimi anni già diverse volte si erano trovate invischiate nella bassa classifica. Rose costruite in maniera errata, qualche problema mai risolto (vedi la strana situazione dei sardi con tanto di esuberi ed epurazioni a metà cammino), e probabilmente una direzione tecnica non efficace, hanno condannato prima il Genoa (a cui Blessin non è riuscito a dare una vera svolta, malgrado un lieve miglioramento almeno in fase difensiva) e poi il Cagliari.

Per i sardi la beffa è lacerante, vista la contemporanea debacle della Salernitana in casa contro l’Udinese nell’ultimo turno, che li lasciava con la speranza di un solo gol da segnare a un Venezia già retrocesso, per guadagnarsi la salvezza. Ma il gol non è arrivato (malgrado 31 conclusioni tentate), mentre la retrocessione sì.

Il capocannoniere della Serie A

Ancora lui, sempre lui. Ciro Immobile si laurea ancora una volta capocannoniere della Serie A, ed è la quarta in carriera (la seconda negli ultimi tre anni). 27 i gol stagionali in campionato, con 31 presenze finali (7 i rigori segnati).

L’attaccante laziale ha tenuto a distanza sia Dusan Vlahovic (a quota 24 ma con 36 presenze), sia il ritorno di Lautaro Martinez (21 con 35 partite) che proprio nel finale pareva inarrestabile, ma aveva proveniva da un lungo passaggio a vuoto a metà stagione.

Alle spalle del trio, oltre a un Giovanni Simeone finalmente di nuovo protagonista (grazie Tudor e al suo Verona arrembante), troviamo i giovani del futuro: da Tammy Abraham (17) a Gianluca Scamacca (16) e Victor Osimhen (14). Anche se in mezzo è ancora la classe e l’esperienza di Berardi (15) e Arnautovic (14) a fare la differenza.

La squadra rivelazione: il Verona di Tudor

Ok, non c’è dubbio che la squadra che ha massimizzato di più il cambiamento di stagione sia stata la Fiorentina di Italiano, che ha centrato subito la qualificazione in Europa alla sua prima stagione sulla panchina viola. Però è anche vero che i Viola avevano allestito una squadra decisamente competitiva in ogni reparto, potendo contare anche sui gol di Vlahovic per almeno metà stagione.

La vera sorpresa del campionato quindi, potrebbe essere proprio il Verona. Partita con l’handicap di tre sconfitte di fila che hanno portato all’esonero prematuro di Di Francesco, ecco che l’arrivo di Igor Tudor ha letteralmente stravolto il rendimento della squadra.

Al suo esordio in giallo blu trova subito i tre punti contro la Roma, per poi vincerne cinque di fila in casa. Chiuderà poi la stagione con 53 punti (record nell’era dei tre punti dopo quello dei 54 di Mandorlini nel 2013/14) e con 65 gol all’attivo (record assoluto per la squadra veneta).

Riesce persino nell’impresa di ravvivare un Simeone quasi impalpabile nelle ultime stagioni, oltre a trovare la collocazione perfetta per la miglior stagione di Caprari, Barak, Lazovic, solo per citarne alcuni.

Insomma, chapeau. E non è un caso se proprio Tudor potrebbe essere uno degli obiettivi di mercato di diverse squadre di Serie A.

La squadra delusione

Anche qua, sarebbe fin troppo facile parlare di Genoa e Cagliari, entrambe artefici di una delle loro peggiori stagioni della storia (il Genoa mai così male con appena 27 gol segnati). Ma non ha senso infierire su stagioni chiaramente andate totalmente per il verso sbagliato (con colpe da distribuire su più fronti).

Scorrendo la classifica salta invece subito all’occhio la deludente stagione dell’Atalanta, che chiude l’annata con i numeri peggiori mai visti durante l’era Gasperini (mai sotto i 59 punti raccolti), per la prima volta fuori da ogni competizione europea.

A mancare per i bergamaschi sono stati soprattutto i punti in casa (appena 21 in tutta la stagione), oltre ai gol (non restava nove partite senza segnare da quando c’era Reja in panchina nel 2015/16).

Tante le attenuanti, compresi gli infortuni che hanno minato la squadra proprio in alcuni momenti salienti della stagione. Ma certo visto il livello del campionato e il gioco che ci aveva abituato a vedere negli ultimi anni, chiudere appena ottavi è un risultato assolutamente sotto le attese.

Che ci si fosse abituati troppo bene con Gasperini a far diventare oro tutto quello che toccava? Forse è tempo di tornare ai ripari per i bergamaschi, che dal prossimo anno dovranno fare a meno però di un elemento fondamentale di questi anni, il direttore sportivo Sartori.