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C’è un Toro, quello dopo esser stato Grande, che non ha sfigurato dinanzi a una storia enorme, importantissima, alle volte anche ingombrante.

C’è un Toro che aveva quello spirito lì: quello degli scudetti e dei talenti, quello della rinascita nel tempo. Era una versione furba e qualitativamente alta, un gruppo di giocatori che rappresentava la città operaia eppure estremamente raffinata, elegante, bella da perdere il fiato. Era il Toro di Emiliano Mondonico, quello che aveva Lentini e Scifo, il grande Martin Vazquez e pure Casagrande.

La stagione 1992 è incastrata nel cuore e nei ricordi di chi tifa granata, in particolare c’è una partita di cui, trent’anni dopo, rischia di essere dibattuta ancora con ferocia e meraviglia. Ha forgiato i cuori di tanti tifosi delle ultime generazioni; e chi non l’ha vissuta, se ha avuto anche solo un contatto con i cuori puri del Toro, è venuto a sapere di questa partita e in qualche modo l’ha fatta propria.

È Davide contro Golia, ma di un Davide consapevole dei propri mezzi. Che l’occasione per batterlo, quel Golia, se l’è costruita giocata dopo giocata, azione dopo azione, ambizione dopo ambizione.

E allora, bentornati al 15 aprile del 1992: l’anno sì di grandi stravolgimenti politici italiani, ma anche quello in cui i granata batterono il Real Madrid in Coppa Uefa.

Una grande storia da raccontare

Intanto, quel Toro lì. Quello che parte nel 1991 e continua fino al 1992. Era una squadra forte, importante, sbarazzina per certi versi.

Già in estate si erano capite le ambizioni della squadra, che pure si trovò a cedere Dino Baggio ai cugini della Juventus via Inter. Comunque, i colpi non mancarono: su tutti arrivarono Scifo dall’Auxerre e Walter Casagrande dall’Ascoli. C’era anche Venturin dal Napoli e un giovanissimo Benito Carbone, subito ceduto in prestito alla Casertana.

Era un Toro ambizioso, ma nessuno immaginò a inizio stagione ciò che sarebbe stato in tutto l’anno. Come se non fosse sufficiente il percorso in Europa, anche in campionato le cose andavano benissimo. Partita manifesto, il 5 aprile 1992: 2-0 alla Juventus, doppietta proprio di Casagrande.

Ecco, 10 giorni dopo, fu ancor più bello essere del Toro, dall’altra parte. In generale tutta quella Coppa aveva un sapore decisamente particolare. Intanto il Reykjavik asfaltato al Delle Alpi, poi il Boavista, quindi l’Aek Atene e il Boldklubben. Beh, fino alle semifinali tutto liscio, qualche brivido solo in Grecia, ma per il resto il Torino ebbe vita sostanzialmente facile.

Mattatore? Sempre Casagrande, decisivo con il Boldklubben e con l’Aek. Pronto a prendere parte soprattutto al match successivo: sarebbe stato contro il favoritissimo Real Madrid. Per un doppio incontro da brividi. Ed è dir poco.

1° aprile 1992: l’andata è al Santiago Bernabeu. Il Real Madrid schiera fuoriclasse in ogni reparto, due di questi decidono la sfida. Anche se i brividi non mancano.

Sì, perché Casagrande si toglie lo sfizio di segnare in uno dei templi del calcio, e Hagi, così come Hierro, in cinque minuti di panico blanco ribaltano completamente la situazione, portando un vantaggio – seppur risicato – alla casa bianca, al Real Madrid. Chiamtao a conservare il gol del difensore nella sfida caldissima che si sarebbe tenuta 14 giorni dopo al Delle Alpi.

La partita delle partite

Sessantamila persone all’impianto dove oggi sorge l’Allianz Stadium della Juventus. Sessantamila cuori granata a spingere, soffrire, emozionarsi e amare alla follia una squadra che non ha mai conosciuto mezze misure, e che non avrebbe certamente iniziato quella sera lì, con quella magia addosso.

Dopo sette minuti, infatti, Lentini tenta subito il cross per Casagrande: Rocha ci arriva ma fa di peggio, battendo il suo portiere Buyo. Ma il Toro aveva solo pareggiato i conti numericamente, per passare serviva un altro gol.

Settante, lunghi, lunghissimi minuti. La palla non entra nonostante i vari tentativi e il talento anche nello sprecare del Real Madrid. Lentini parte palla al piede, sceglie di andare verso il centro e pennella per la deviazione decisiva di Luca Fusi, una scivolata che vale un pezzo di vecchio cuore granata. Fusi urla come un forsennato: fa gol, si rende conto, esplode di gioia quanto il proprio pubblico.

E il Toro, che nel finale si limita a gestire, porta a casa una serata storica e una qualificazione in finale di Coppa Uefa. Una notte in cui tutto sembrava scritto per ridare lustro agli avi più forti di tutti i tempi.

Per la prima volta nella propria storia, il Torino era infatti a un passo dal primo trofeo europeo. Avrebbe sfidato l’Ajax in finale, in una notte che si rivelerà piena di lacrime e rimpianti. I tre pali. Il rigore non dato a Cravero. Mondonico e la sedia: un’altra storia. Un altro pezzo di cuore.