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«Peccato uggi, perché meritevamo molto di più». L’accento inglese da Lord inglese dello svedese Sven-Göran Eriksson apre il post-partita di Sampdoria-Juventus, stagione 94/95 – è il 26 febbraio. Le parole di Eriksson non devono suonare alla vostra memoria – che voi siate juventini o meno – come quelle di un uomo che, per dirla con Sordi, sta a rosicà. Tutt’altro.

Eriksson, dall’alto della sua – ineguagliabile – classe, ammette che «la Juventus è stata brava: ha fatto un solo tiro in porta», vincendo la partita. Non si deve dir tanto, quindi, che la Juve ha avuto fortuna, ma che «la Sampdoria, oggi, è stata sfortunata». Senz’altro.

A giudicare dalle occasioni da gol, in effetti, vien proprio da utilizzare quella frase tanto abusata ai tempi nostri: se si fosse trattato d’un incontro tra pugili, la Sampdoria avrebbe vinto – ai punti. Ma il calcio non è la boxe. Tra l’altro, se nella boxe il pugile fa squadra a sé, può capitare che un pugile, nel calcio, non solo non faccia squadra a sé, ma passi da uno schieramento all’altro dimentico del proprio passato – sono gli scherzi del mestiere. È quanto accade quella sera al Marassi.

La Samp di Eriksson: la giostra del gol (mancato)

La Sampdoria parte meglio, senza dubbio. Prima un’occasione per Evani – che ha l’ingrato compito di sostituire l’ex della partita, Gianluca Vialli, ora in forza alla Juventus. Poi una punizione per Sinisa Mihajlovic, il cui mancino, potentissimo, esce di un soffio alla sinistra dei pali difesi da Angelo Peruzzi. Il primo tempo, chiusosi sullo 0-0, non è che il preludio ad una ripresa ricca di emozioni e gesti tecnici da capogiro.

Come quando Ruud Gullit, partito come cervo che esce di foresta, sgambetta sulla fascia destra, arriva fino in fondo, la mette in mezzo ma né Evani né Mancini sono pronti al centro dell’area – troppo veloce il cervo per gli umani. La Juve intanto prova ad uscire dal guscio. Vialli strappa un pallone in scivolata a Rossi (Marco), la tocca d’esterno a favorire l’arrivo di Ravanelli, il cui mancino è strozzato nella gola dei tifosi bianconeri da un recupero di Serena.

La Sampdoria ha una difesa quasi invalicabile. Del Piero e Vialli inventano calcio, ma Vierchowod è sensazionale. Quando, poi, manca lo Zar, marca qualcun altro. A turno, oltre ai già citati Serena e Rossi, c’è anche Attilio “Popeye” Lombardo, il quale tra l’altro, proprio nella ripresa, ha un’incredibile occasione da rete, ma il suo destro – sbilenco – si spegne antiestetico alla destra di Peruzzi, dopo il clamoroso liscio di Torricelli.

Non è finita qui. Lancio lungo ancora per Lombardo, che controlla al limite, rientra sul sinistro, una finta, va sul destro – sembra Del Piero, spento quel dì – calcia e trova un clamoroso palo; Peruzzi, battuto, tira un enorme sospiro di sollievo.

Lippi, da vero juventino, si presenta ai microfoni con la testa alta del vincente; ha dalla sua il risultato, d’altra parte: «la Sampdoria meritava di segnare; non l’ha fatto e… l’abbiamo fatto noi». Non fa una piega. «Il calcio è questo qua». La Samp colleziona tantissimo ma spreca davvero troppo. Jugovic, dalla sinistra, sfodera un mancino ad imitazione di Sinisa, ma la palla, noiosa, scivola verso il secondo palo, diventando un assist al bacio per Lombardo il quale, ancora una volta, spreca; il suo destro finisce praticamente in fallo laterale. Per carità, Lombardo non sarà un attaccante, ma quella sera pare giocare come difensore per la Juventus.

La Sampdoria non demorde. Il mancino di Sinisa, da calcio piazzato, tocca la barriera e finisce alto di un soffio, con Peruzzi a terra su un ginocchio – ha in mano un rosario anche se non si vede. È a quel punto che entra in azione Gianluca Vialli, miracolo vivente.

Tu quoque, Luca!

Una palla sporca al centro del campo finisce sui piedi dell’ex doriano il quale, anziché stoppare il pallone, e sentendo il fiato cagnesco dello Zar Vierchowod arrivargli alle spalle, esegue una straordinaria finta di anca – sembra stare sugli sci, Vialli – che manda al bar lo Zar; la palla gli finisce sotto le gambe.

Vialli, con un movimento di corpo, si è creato l’occasione da gol. Sensazionale. Poi? Mancano ancora 40 metri alla porta. Vialli inizia a correre, palla attaccata al piede; gli si allunga leggermente, ma la rimonta di un avversario (Jugovic?) su di lui è vana; ancata, il difensore va a terra, Vialli ha di fronte un altro difensore, lo salta spostandosi il pallone sulla destra; tiro secco, sul primo palo, gol straordinario. Il combinato di tecnica, forza e caparbietà ammutoliscono lo Stadio che, solo qualche anno prima, lo portava in trionfo insieme all’amico Roberto, quel Mancini col quale oggi, Vialli, contro tutto e tutti, prova a ricostruire la Nazionale più forte di ogni tempo per storia e tradizione calcistica, l’Italia, gli Azzurri.

È proprio il Mancio, sul finale, a sfiorare il gol di testa, ma proprio non è giornata. Non è annata, nonostante una squadra fortissima, per nomi devastante. Quell’anno, invece, finirà come il risultato di questa partita: a tinte bianconere. La Vecchia Signora torna a vincere lo Scudetto dopo nove lunghissimi anni.