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Real Madrid e Manchester City hanno offerto uno spettacolo di altissimo livello sia dal punto di vista tecnico che tattico. Queste due squadre hanno vinto le ultime due edizioni della Champions League e incarnano concezioni opposte del calcio che rispecchiano totalmente i loro allenatori. Infatti, non è un caso che tra loro sia nata una rivalità, accesa dai due scontri consecutivi nelle semifinali della Champions League.

Che partita!

Il quarto di finale della massima competizione europea tra Real Madrid e Manchester City è stata una partita travolgente e ricca di emozioni. L’incontro è stato un vero e proprio spettacolo epico. La partita si è conclusa con un incredibile pareggio per 3 a 3, lasciando gli spettatori a bocca aperta al triplice fischio dell’arbitro. Al Bernabeu, Ancelotti e Guardiola hanno dato vita a un duello emozionante, con un “batti e ribatti” che hanno tenuto gli appassionati di questo sport con il fiato sospeso. Dall’invenzione su punizione di Bernardo Silva al gol di Foden che ha pareggiato i conti, il match è stato caratterizzato da giocate spettacolari e azioni mozzafiato. Il City ha preso il comando con un gol di Gvardiol, ma il Real Madrid ha trovato la rete del pareggio grazie letteralmente a una magia di Valverde, mantenendo vive le speranze per il ritorno. Questa partita ha dimostrato che il calcio può essere tanto imprevedibile quanto avvincente, lasciando aperta la possibilità per una seconda gara che potrebbe regalare ancora emozioni da brivido.

Fuori dal campo cos’è successo?

Momenti di paura nella giornata delle gare generati dal messaggio diffuso in rete dallo Stato Islamico. L’immagine di un terrorista, armato di kalashnikov, accanto ai nomi dei quattro stadi che ospitavano le gare di Champions League, sollevavano preoccupazioni riguardo a possibili nuovi attacchi terroristici in Europa, mirati a colpire il mondo del calcio. Questo ha portato ad alzare la sicurezza e, nello specifico, al nuovo stadio dei blancos, si è visto “qualcosa in più”. L’altra sera al nuovo Santiago Bernabeu i responsabili del Real Madrid hanno fatto chiudere il tetto per evitare che a “qualche squilibrato” venisse in mente di sparare un drone.

Non c’è partita

Nel 2024, dovrebbe essere normale un’azione come questa (poter aprire o chiudere un tetto di uno stadio). In Italia, invece, ci sbalordiamo perché abituati a infrastrutture ferme al secondo dopoguerra. Anche Fabio Caressa e Beppe Bergomi, presenti a Madrid per raccontare la gara su Sky Sport, erano estasiati e, soprattutto Caressa, ha rimarcato questa enorme differenza infrastrutturale.

Prima ancora che iniziasse “la partita più bella della storia”, alla sola vista del nuovo stadio: “Qui siamo avanti di un millennio, […] questa meraviglia basta da sola a spiegare perché il nostro calcio è così più indietro, […] abbiamo strutture del millennio scorso”. Bene, questa è la superiorità del calcio europeo, quando giocano due colossi come Real e City, e la differenza era da strizzare gli occhi. Sono passati 24 anni dal 2000 che rappresenta l’apice del calcio italiano, dove i migliori talenti sceglievano di giocare per esprimersi. Ora, purtroppo la musica è cambiata e, se non si riparte dalle infrastrutture, non staremo un passo indietro ma “un millennio”.

Qual è il problema degli stadi italiani?

Il panorama degli stadi italiani si caratterizza per la loro anzianità media, associata a un livello di manutenzione spesso carente e a un’impressione visiva generalmente poco soddisfacente. Questo triste quadro degli impianti sportivi del nostro paese emerge chiaramente dalle pagine del libro “Lo stadio del futuro“, curato da Marco Casamonti e Massimiliano Giberti su iniziativa di Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A. Da quest’analisi emerge che l’età media degli stadi italiani è di 68 anni, un dato significativamente superiore rispetto a paesi come la Germania, dove l’età media è di 38 anni, e l’Inghilterra, dove è di 35 anni.

Un ulteriore problema è che non ci sono stadi di proprietà

Un’altra informazione rilevante riguarda la percentuale degli stadi di proprietà dei club o con concessioni d’uso a lungo termine, che in Italia rappresentano solo il 24% considerando le squadre di Serie A e Serie B. Questo dato è significativamente inferiore rispetto alla situazione in Germania e Inghilterra, dove supera l’80%. Questo dato ha delle conseguenze sulla partecipazione del pubblico agli eventi. In Italia, infatti, la percentuale di affluenza si attesta intorno al 50% della capacità degli stadi, mentre in Germania raggiunge il 70% e in Inghilterra addirittura il 90%.

E la FIGC cosa sta facendo?

Il presidente della Figc, Gabriele Gravina fa emergere un altro dato: “Negli ultimi 15 anni nei paesi dell’Uefa sono stati realizzati 187 nuovi stadi. La Turchia, che lotta con noi per ospitare Euro 2032, ne ha costruiti 29. L’Italia è ferma a 5. Su investimento complessivo di 21,7 miliardi di euro, quello del nostro Paese è dell’1%. Siamo lontani anni luce dal resto d’Europa”. Poi continua: “Ospitare il torneo continentale sarebbe una grande opportunità per il rilancio del Paese e per la sua credibilità internazionale”. Infine, sulle iniziative del governo sugli stadi: “Si sta muovendo con un Dpcm che dimostra che questa sia un’esigenza sentita e condivisa da tutti”.

Comunque vada prima di tornare a parlare di calcio italiano a massimi livelli dovrà passare ancora molto, abbiamo avuto la nostra occasione e non siamo riusciti a cavalcare l’onda. Quest’ultima ci ha affondato e, ormai da vent’anni, non riusciamo a prendere una boccata d’ossigeno. Quando si guarda la Champions League e queste partite d’altronde, si rimane a bocca aperta, ma solo in Italia.