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In quasi tutti gli sport più celebri – tennis, formula uno, rugby, atletica, persino il basket – l’atleta vive l’evento sportivo come una questione tra sé e il proprio avversario. Tecnicamente parlando, il contesto nel quale si svolge l’evento è secondario, nella misura in cui chi guarda non incide sul risultato dello stesso. Nel calcio il discorso è ribaltato. Il giocatore più forte al mondo può tremare e quello più scarso può esaltarsi solo se il pubblico decide di farlo. Nel calcio, i tifosi non sono ‘una’ delle variabili. Sono ‘la’ variabile che determina il risultato finale.

Real praticamente eliminato

Ecco allora, intanto, una possibile spiegazione – certo, non l’unica – a ciò che è accaduto il 5 maggio del 2022 al Santiago Bernabeu di Madrid, nella semifinale di ritorno di Champions League tra il Real Madrid e il Manchester City. Due settimane prima, il 26 di aprile, le due squadre si erano affrontate per il primo (epico) atto della contesa – terminata 4-3 per il Manchester City di Guardiola, che subito dopo quella partita rimprovererà al ‘destino’ di non aver chiuso il discorso qualificazione all’Etihad. Aveva ragione, Pep, ma non poteva immaginarsi cosa sarebbe accaduto qualche giorno dopo.

I tifosi del Real, però, qualcosa sapevano. Quando le due squadre entrano in campo, dalla Grada si legge: OTRA NOCHE MAGICA DE LOS REYES DE EUROPA. Uno slogan direte voi. Meglio: era già accaduto un mezzo miracolo contro il PSG agli ottavi, e allora perché non crederci? Appunto, perché era già accaduto. Tra parentesi, ad ergersi da ‘Re’ dei ‘Re’ di Europa, in quella scenografia, c’era uno a caso: Karim Benzema, Karim The Dream che il sogno avrebbe preso e consegnato ai suoi tifosi, di nuovo, in quella magica e indimenticabile notte.

Davvero, una partita così emozionante è difficile ricordarsela nella storia della Champions. Ci sono state altre rimonte pazzesche, naturalmente. Ma quella non è stata semplicemente una rimonta. È come se ad un certo punto Eupalla avesse interrotto il normale flusso del tempo e della storia, imponendo la Sua propria legge dall’alto. Una strana luce ha pervaso il Bernabeu quando, sul risultato di 0-1 per il City (3-5 totale) al minuto 86 Grealish si vedeva respingere sulla linea un gol già fatto. Courtois era fuori casa, il ragazzo col capello da divo aveva finalmente realizzato il proprio sogno: imporsi a livello mondiale, in un teatro che non ha eguali. E invece Mendy, con la gamba destra, respingeva quel tiro e dava una speranza – che dico, un’esistenza! – ad un Real sull’orlo del baratro.

La mistica dei blancos

Ci sono eventi intangibili che possono essere riassunti, ma mai semplificati, sotto la parola mistica

Diario Olé, 06.05.2022

E allora, minuto 89. Camavinga, entrato in campo al posto di Toni Kroos pochi minuti prima, a soli 19 anni decide di prendersi una responsabilità da giocatore fatto e finito: lancio di 25 metri di mancino per Karim Benzema, defilato ma in area di rigore. Il lancio è davvero ardito, al punto che nonostante la qualità del francese sia immensa la traiettoria sembra essere troppo lunga per il 9 blanco. Sembra, appunto: il verbo che non devi mai pronunciare se giochi contro il Real Madrid. Sembra impossibile. Lo è, ma tu non devi pensarci. Non devi concedere alla sottigliezza del dubbio di prendere consistenza.

In quel dubbio Benzema arpiona la sfera servendo Rodrygo Goes al centro dell’area di rigore. Il brasiliano classe 2001 anticipa Ederson, che sembrava in controllo dell’area piccola, e lo buca. 1-1, il Bernabeu ci crede.

Dejate de j*der, boludo, no puede ser

messaggio whatsapp di Lionel Messi al Kun Aguero, 05.05.2022

No puede ser, non può essere. Il City sembra irrigidirsi, come la compagnia dell’Anello che, a poco a poco, si ritrova intrappolata nella ragnatela di Shelob, ragno signore dell’oscurità. C’è un dettaglio che fa paura, di quel cruciale minuto seguito al gol del pareggio di Rodrygo. I giocatori del Real non hanno fretta. Appunto, come un ragno che tesse la sua tela: sa ciò che fa, perché fa ciò che è. Il Real Madrid è la Champions League. E lo sa.

Lo sa Carvajal, che aggira Grealish con un dribbling secco e mette in mezzo un cross da videogioco. Lo sa Asensio, dentro a saltare. Lo sa Benzema, sul dischetto ad attendere. Lo sa Ancelotti, col sopracciglio a scrutare.

Non lo sa Rodrygo: che cosa, non sa? Che è alto 174 cm. Lui non lo sa, e colpisce di testa come uno alto almeno 20 cm in più. Il suo è uno stacco perfetto, olimpico. 2-1.

«La noche más grande de la historia del Santiago Bernabéu», titola Marca, che continua «la mejor noche de un estadio que las ha visto de todos los colores. Y eso es mucho decir».

Il Real Madrid l’ha ripresa in un minuto e mezzo. Era morto, ma è tornato in vita. Di più: mentre risorgeva, ha ucciso il suo avversario, che infatti non riuscirà a reagire prendendo anche il gol del 3-1 ad inizio supplementare. A segnarlo sarà ovviamente Karim Benzema (95’), Pallone d’Oro al termine di quella pazza stagione, su calcio di rigore. Qualche giorno prima, all’Etihad, aveva calciato e realizzato col cucchiaio la rete del 4-3.

Chissà se avesse segnato in un modo normale, cosa sarebbe accaduto al ritorno. Nessun dubbio, alcun sembra. Real è questione di fede:

non ci credevate eh? Uomini di poca fede!

Carlo Ancelotti