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Sono passati 22 anni da quel 31 agosto. Era il 1997, il mondo guardava con occhi sbigottiti le immagini del terribile incidente che aveva appena portato via Lady Diana, la principessa del popolo. 

In italia, si era in attesa della prima di campionato, nella stagione che doveva traghettare il pallone verso i mondiali di Francia 98.

Ma è una prima giornata particolare, si respira un’aria diversa, per quello che riguarda il mondo del calcio l’Italia in quel momento è l’ombelico del mondo, e la serie A è ancora il campionato più bello di tutti.

L’esordio

Tutta questa attesa ha però un nome preciso: nello specifico si chiama Luis Nazario de Lima, conosciuto più semplicemente con il nome di Ronaldo. In quel momento è il calciatore più forte del globo, e arriva nella serie A per indossare la maglia nerazzurra dell’Inter dopo un tira e molla interminabile di mercato con il Barcellona, che si risolve nell’acquisto più caro di sempre (fino a quel momento).

La data del 31 agosto 1997 è quella dell’esordio in serie A, Inter-Brescia a San Siro è l’attesa assume quasi i contorni della psicosi collettiva tanta è la voglia di vedere il Fenomeno calcare i prati italiani. 

Ci si attende un avvio sfolgorante, si aspettano le magie che Ronaldo ha dispensato nella precedente stagione della Liga spagnola, dove ha messo assieme la cifra pazzesca di 34 gol. 

Qualcosa si vede ma la scena se la prendono altri due esordienti di quel giorno.

Uno è Tatanka Dario Hubner, mestierante del gol che porta in vantaggio clamorosamente il Brescia a metà secondo tempo.

L’altro è Alvaro “el Chino” Recoba, che entra con l’Inter sotto di un gol e con due siluri da 35 metri spinge in porta le velleità bresciane, salvando l’Inter e la panchina di un Gigi Simoni già pericolosamente in bilico.

Di Ronaldo si vede poco, qualche accelerazione, una traversa su punizione e poco altro. I tifosi avversari ridacchiano sotto i baffi e tirano un sospiro di sollievo: le difese italiane non sono come quelle spagnole, si dice, e il sedicente Fenomeno alla fine sarà il solito giocatore normale, strapagato da quel pollo di Moratti.

Non sapevano ancora che stavano per assistere alla più imbarazzante dimostrazione di superiorità che il campionato italiano avesse mai visto, con vette toccate prima solo da Maradona e pochi altri. 

Per spiegare l’impatto di Ronaldo alla sua prima stagione di serie A, e nel calcio italiano in genere, si possono prendere in esame alcune partite che sono manifesto di totale dominio su quello che avviene in campo, ma contemporaneamente un’epifania per gli amanti del calcio.

Rendersi conto di Ronaldo: Bologna – Inter e il primo gol

Le brutte notizie per la serie A arrivano già a partire dalla seconda giornata di quella stagione. L’Inter è di scena a Bologna, una trasferta insidiosa contro una squadra in ascesa, che nell’impianto di gioco collaudato di Ulivieri ha messo un Roby Baggio in più nel motore.

La sfida tra il Divin Codino e il Fenomeno è il tema della settimana

E per Ronaldo si parla già di ultima spiaggia per dimostrare qualcosa. S’imparerà ben presto che non è il caso di sfidare il Fenomeno, che poi si mette a giocare davvero

Ronaldo sigla il suo primo gol in Italia, regalando un bignami delle sue qualità principali. Siamo all’inizio del secondo tempo e il numero 10 nerazzurro viene servito tra le linee, come si direbbe oggi. Massimo Paganin, appena passato proprio dall’Inter al Bologna, si è allenato per qualche settimana con Ronaldo, e sa benissimo che nel momento esatto in cui il Fenomeno si gira, ed è fronte alla porta, ormai è troppo tardi. 

Ronaldo è appena fuori dall’area di rigore e mette il corpo in una posizione che preannuncerebbe un tiro a giro sul secondo palo. Completa il movimento per il tiro, ma la palla non parte, rimane incollata al piede destro, in una finta fulminea. Paganin rimane folgorato dalla velocità del movimento e quando si accorge di quello che sta accadendo la palla è già in fondo al sacco, sbattuta in gol dal classico tiro secco e preciso vero marchio di fabbrica dei gol ronaldiani.

In questa rete c’è tutta la bellezza del primo Ronaldo: tecnica di base impeccabile, unita ad una velocità di esecuzione supersonica. Destro o sinistro non fa alcuna differenza. Nessuno fa le cose così bene e così velocemente. E questa è solo una piccola anteprima. Siamo solo a settembre, e lo show è appena iniziato.

Prova a prenderlo: Ronaldo e le magie contro lo Schalke

Passano le settimane e le partite. Quella che inizialmente poteva essere una sensazione si trasforma gara dopo gara in una certezza. Ronaldo passa le sue domeniche a tiranneggiare nelle metà campo avversarie. Parliamoci chiaro però: gioca in una squadra costruita male, piena di lacune e tecnicamente insufficiente soprattutto in difesa, dove Simoni deve riesumare il vecchio Bergomi come libero per far quadrare un minimo i conti. Di quella squadra l’unico che tecnicamente parla la sua lingua è Youri Djorkaeff, ci sarebbe anche Recoba ma l’uruguagio è ancora troppo giovane e acerbo per entrare stabilmente nelle rotazioni di formazione.

Lo schema tipo di quell’Inter è lanciare la palla nella metà campo avversaria, affidando all’estro dei due assi dell’attacco le sorti della partita. Ronaldo stesso usa i compagni quasi come paletti di sponda, e non sono pochi i gol fatti dopo dei triangoli chiusi sostanzialmente con se stesso. 

L’onnipotenza del Fenomeno si scorge limpida una sera di Marzo, durante il quarto di finale di coppa Uefa contro lo Schalke 04. Quella sera Ronaldo fa più o meno tutto quello che si può concepire su un campo di pallone.

Segna un gol favoloso, dopo un’accelerazione sulla trequarti aperta da un passaggio verso Djorkaeff: il francese controlla la palla, che però entra ancora nel radar del Fenomeno. Basta un secondo appena, e Ronaldo tocca di nuovo la palla portandola avanti eludendo con questo semplice tocco tutta la linea difensiva tedesca. Entra in area, vede la porta e saetta di sinistro un ciclonico pallone che fulmina Lehmann sul primo palo. La reazione del portiere è eloquente: si lascia cadere inerme come trafitto da un dardo infuocato.

Qualche minuto più tardi Ronaldo regalerà un altro momento pazzesco, quando in piena area avversaria improvvisa una danza sul pallone che sconcerta e demoralizza i difensori avversari. Ne dribbla tre, in una zona di campo impossibile accarezzando la linea di fondo, e con quella palla fa di tutto: suola, interno, esterno, auto-rimpalli impazziti come un flipper, in quell’azione Ronaldo umilia tre difensori tedeschi scherzandoli in dribbling su una moneta da un euro. Uno alla fine lo abbatte, ma l’arbitro, altrettanto sconcertato da quello che vede, non trova la forza di emettere il giusto fischio da rigore. 

L’ineluttabilità di Ronaldo: Il derby di ritorno e un gol leggendario

Billy Costacurta lo ha detto chiaro e tondo. Nella sua carriera un solo giocatore gli ha fatto perdere il sonno alla sola idea di doverlo marcare il giorno dopo, e ovviamente quel giocatore è Ronaldo. 

Uno dei difensori più forti della sua epoca aveva paura, e con lui anche un monumento come Maldini ha sempre dimostrato un certo imbarazzo all’idea di dover fermare quella bestia da calcio. Il problema, dicevano, è che Ronaldo può farti fare brutta figura, in qualsiasi momento, in qualsiasi zona di campo, in tutte le situazioni possibili. 

Nel derby di ritorno della stagione 97/98, si dimostra come avere contro quel Ronaldo li, era una sentenza difficilmente rinviabile. Prima o poi arriva il morso, senza preavviso, anche quando non sembra possibile. Il gol segnato in quella partita è la dimostrazione plastica di come Ronaldo sia ineluttabile in quella stagione. Riceve una palla tagliata, durante un contropiede, e questo lancio di Moriero che taglia il campo in orizzontale ha però il difetto di non essere inquadrabile. Non è ne alto ne basso. Quella mezza altezza che non permette di capite con quale parte del corpo controllarlo. 

Testa o piede? 

Petto o ginocchio?

Come controllare la sfera che arriva rapida su Ronaldo che sta già bruciando sullo scatto i due centrali del Milan?

Il Fenomeno è chiamato così proprio perché pensa e fa cose non accessibili ai comuni mortali. Aspetta il rimbalzo e calcola quale sarà il punto più alto in cui si posizionerà la palla. A quel punto galleggia in aria, arrivando a colpire il pallone con l’esterno del piede destro, sferzandolo quel tanto che basta per produrre un arcobaleno sopra la testa di Seba Rossi. 

Anche quando sembra impossibile, anche quando credi che non ce la farà, anche quando ti senti salvo, Ronaldo – quel Ronaldo – trova il modo di usare lo spazio fisico che occupa in una maniera che vede solo lui, a cui è impossibile ribattere semplicemente perché lavora su livelli di pensiero inaccessibili a tutti gli altri.

L’impronta di Ronaldo: come ha riscritto il calcio in 9 mesi

Quella prima stagione di Ronaldo in Italia è tutta roba da enciclopedia del pallone. Quello che si vedrà dopo sarà un giocatore diverso. Dopo la finale di Francia 98, e il malore mai davvero chiarito, Ronaldo non sarà più quel giocatore dei primi 9 mesi in nerazzurro. Sarà semplicemente il centravanti più forte del mondo, e per distacco, ma non quella cosa mistica ammirata nelle due stagioni tra Barcellona e Inter. 

Il fatto è che quel Ronaldo giocava totalmente un altro sport. Non era fermabile, semplicemente perché giocava su un’altra dimensione. 

E in quella stagione trascinerà l’Inter alla Coppa Uefa vinta in finale contro la Lazio e ad un secondo posto in campionato che lascia a tutt’oggi l’amaro in bocca per come è arrivato. Per i tifosi interisti però quella stagione vale quella della tripletta mourinhana, anche se non si è vinto tutto.