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Brasile contro Argentina è una partita che non ha certo bisogno di presentazioni. Lungi dall’essere una classica nella storia del calcio, tuttavia, essa rappresenta un evento piuttosto raro. Insomma, vuoi perché si tratta di due Nazionali – le quali, dunque, possono affrontarsi, in competizioni ufficiali, al più ogni due anni (Copa America e Mondiale), vuoi per qualche strano scherzo del destino, Argentina e Brasile non può essere messa sullo stesso piano, almeno a livello statistico, di un Italia v Germania, o di un Germania v Brasile, appunto. Brasile-Argentina, nonostante ciò, rimane eccome una Classica del nostro calcio. Al punto che ESPN l’ha piazzata dritta al primo posto come rivalità più sentita al mondo – almeno a livello Nazionale.

Chiamata anche Superclásico de las Américas, la sfida conta – compresa quella di Italia 90, oggetto della nostra disputazione – dieci incontri ufficiali. Il bilancio (6-4 per i Verdeoro) vede una clamorosa rimonta del Brasile, che negli ultimi quattro incontri ha sempre vinto. “Morto” un Maradona, insomma, non se ne è più fatto un altro.

Ora, Diego non è il Papa, ma forse qualcosa di simile – o addirittura, per alcuni argentini, di più grande. Per i brasiliani, neanche a dirlo, è Pelé a meritarsi il titolo di migliore della storia. Un coro, una voce unanime, si leva in alto nei cieli di Buenos Aires. Le parole suonano eteree:

«Brasil, decime qué se siente tener en casa a tu papá / Te juro que aunque pasen los años, nunca nos vamos a olvidar / Que el Diego te gambeteó, que Canni te vacunó, que estás llorando desde Italia hasta hoy / A Messi lo vas a ver, la Copa nos va a traer, Maradona es más grande que Pelé».

Ci torneremo a fine articolo.

La partita: il dominio brasiliano

È il 24 giugno del 1990. Si gioca l’ottavo di finale più intrigante dell’intera competizione, tra l’Argentina di Maradona e il Brasile di Careca. I due volti del Napoli, l’uno di fronte all’altro nel luogo che più li fischia durante il campionato di Serie A: Torino, qui fresco del nuovo gioiello architettonico, il Delle Alpi.

Prima della partita, le parole dei protagonisti. Maradona sfugge alle telecamere della RAI, attento a prendersi cura della propria – già – debole caviglia sinistra. Careca, sillaba finale di quella MA-GI-CA offensiva chiamata Napoli, alla domanda: «è allegro?», risponde «no, sono triste»; «e perché?», chiedono; «perché parlo con voi». Alemao, altra stella di quel Brasile, afferma invece, senza badare troppo alla storica rivalità: «Non è Brasile contro Maradona, ma Brasile contro Argentina. Certo, è anche Brasile contro Maradona, il giocatore più forte del mondo».

I verdeoro, quel pomeriggio, partono alla grande. Forte del guaio fisico occorso a Maradona, e di un’Argentina tutt’altro che imbattibile, la formazione brasiliana preme subito sull’acceleratore. La prima occasione capita sui piedi di Careca, ma Sergio Goycochea si tuffa eseguendo un grande intervento. Si rimane dunque sullo 0-0.

Careca sembra tarantolato. Branco, sulla fascia sinistra – lo stesso Branco che a fine gara urlerà allo scandalo del doping per mano dei medici argentini, che avrebbero inserito qualche strano farmaco nella sua bottiglietta a fine primo tempo o chissà quando – Branco, dunque, crossa in mezzo dalla fascia sinistra, Careca manca l’intervento portando dietro sé due difensori dell’Albiceleste. Alle sue spalle, allora, spunta Dunga, che stacca di testa e colpisce un clamoroso palo interno. Argentina molto fortunata.

Continua l’assedio. Jorginho, di fascia destra, riceve da Branco – che si fa tutto il campo in diagonale, nella circostanza. Controllo, dribbling secco sull’avversario e cross in mezzo, innocuo; ma Goygochea lascia lì il pallone, forse disturbato da un compagno; raccoglie la sfera Careca, che calcia; respinta di Goygochea, la palla sbatte su Careca e finisce sul fondo. Argentina che si salva nuovamente in extremis.

Che sofferenza, per i bianco-celesti. Siamo al 27’. Risponde l’Argentina. Basualdo trova un varco per servire Troglio, il 25enne centrocampista scende sulla fascia destra e calcia; tiro stanco, specchio della formazione di cui è elemento. Blocca senza problemi l’annoiato Taffarel. Da un portiere a un altro. L’ultima occasione del primo tempo capita sul destro di Careca, che approfitta di un brutto passaggio all’indietro di Giusti, anticipa Goycochea, che risponde ancora una volta presente.

Basta un lampo: Diego rimette il Brasile sull’aereo

Siamo alla ripresa. L’Argentina non fa cambi, il Brasile idem. Non c’è stata una sola occasione in cui Caniggia e Maradona siano riusciti a scambiarsi decentemente il pallone per creare anche il minimo pericolo. Il Brasile è attento dietro e ha fame davanti. La differenza tra le due squadre è davvero evidente, a livello sia di singoli che di collettivo.

Il copione, difatti, non cambia. Valdo serve sull’out di sinistra Careca, cross in mezzo di mancino del fuoriclasse del Napoli; la traiettoria, pensata per essere un assist, diviene con beffa un tiro in porta; Goycochea, vedendosi scavalcato dal pallone, decide di schiaffarla come può; la palla sbatte sulla traversa e ritorna in campo! Ma il Brasile è tutto lì. La sfera ritorna magicamente sul destro di Alemao, che impiega una frazione di secondo per calciare forte sul palo “difeso” dal portiere avversario, centrandolo in pieno. Legno clamoroso del centrocampista verdeoro, si rimane in pareggio.

Al 62’, quasi di nervi, arriva una buona giocata individuale di Burruchaga, che si sposta il pallone sul destro e calcia dai 25 metri, rasoiata angolata sulla quale risponde presente Taffarel. Sono segnali, però.

Come non detto. Passano due minuti e Müller imbuca splendidamente per Careca, alzando una parabola sulla quale l’attaccante – che altissimo non è, di cm 183 – si avventa come un falco: stacco di testa a girare sul secondo palo, fuori di poco. Ancora 0-0.

Il Brasile spreca troppo, e l’Argentina lo punisce. Siamo al 36’ del secondo tempo. I 61.000 presenti fanno rimbombare all’unisono un “Oooh” di stupore; Maradona dribbla due uomini in mezzo al campo con la stessa facilità con la quale una mosca dribbla l’aria. Arrivato alla trequarti campo, Maradona supera un terzo avversario; ora ha due difensori di fronte a lui; Caniggia, intuendo – non si sa bene come – il miracolo del más grande, si sposta sulla sinistra, attento a non finire in fuorigioco.

I due difensori verdeoro si avventano sul Pibe, che sfrutta la propria classe per servire – in caduta e con il destro – un pallone magico – con tanto di tunnel – nell’unico spazio disponibile per bucare la retroguardia avversaria. Caniggia riceve il pallone, dribbla Taffarel e sigla il più facile dei gol, col sinistro. 0-1 Argentina. Magia di Maradona e rete di “Canni”, da cui il celebre coro, che ora riproponiamo nella sua forma abbreviata: «Que el Diego te gambeteó [Maradona ti dribblò], que Canni te vacunó [Caniggia ti “vaccinò”], que estás llorando desde Italia hasta hoy [stai piangendo da quel giorno in Italia]».

Fine.