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L’Inter esce indenne dall’insidiosa trasferta di Oporto conquistando una qualificazione ai quarti di finale di Champions League che mancava da ben 12 anni. 

Una gara all’insegna della sofferenza e della resilienza, con i nerazzurri bravi nelle prime fasi a contenere gli attacchi, a dir la verità non troppo ficcanti, dei portoghesi e a mantenere la concentrazione alta mano a mano che i Dragoni aumentavano la pressione.

Una certa dose di fortuna, un Onana magari stilisticamente non sempre ineccepibile ma dai riflessi felini e per questa volta le scelte di Simone Inzaghi dalla panchina hanno portato un’Inter sempre più contraddittoria tra le migliori otto d’Europa. Balbettante in campionato contro le piccole e fragilissima in trasferta, capace di uscire indenne da uno degli stadi più ostici d’Europa in Champions.

Le statistiche di Porto-Inter

Darmian e la serata di gala dei “gregari”

L’elemento chiave della partita dell’Inter è stato lo spirito di abnegazione di molti giocatori: Darmian, nonostante l’ammonizione rimediata prestissimo per tamponare un errore marchiano di Barella, si è reso protagonista di una gara gladiatoria, uscendo all’80° in preda ai crampi dopo una serie di interventi decisivi in fase difensiva.

Ma come il terzino di Legnano molti altri interisti si sono resi protagonisti di una prestazione “con l’elmetto in testa”. Da Bastoni e Dimarco che hanno presidiato tutta la zona sinistra del campo per un’ora abbondante prima di cedere alla stanchezza, a Calhanoglu e Mkhitaryan sempre pronti a gestire la palla a centrocampo con intelligenza.

Non ci sono stati guizzi delle solite stelle della squadra, con l’Inter che in fase offensiva ha malamente sprecato le poche occasioni create (anche se in un paio di occasioni per l’intervento dell’ottimo Diogo Costa), ma la compattezza e lo spirito di gruppo sono stati encomiabili: Lautaro Martinez ha sbagliato molto in fase offensiva, ma è sempre sceso a rincorrere l’avversario fin nella sua metà campo; Calhanoglu ha rinunciato alle sue solite incursioni offensive (solo un paio di tiri fuori bersaglio) per rimanere basso ad aiutare la difesa, così come Mkhitaryan; lo stesso Lukaku che aveva deciso la gara di andata, entrato nel finale, è risultato decisivo più nello spazzare la propria area che nell’attaccare quella avversaria.

Un Porto solido, veemente ma poco concreto

Il Porto di Sergio Conceiçao si è confermata squadra solida e veemente nella pressione, spinta da uno stadio caldissimo e quasi esclusivamente a tinte bianco-blù (a discapito di centinaia di tifosi interisti in possesso di regolare biglietto e inspiegabilmente lasciati ad ammassarsi all’esterno dello stadio, fatto su cui la società nerazzurra farà un esposto alla UEFA).

Dal punto di vista realizzativo però i Dragoni sono apparsi abbastanza fumosi: Mehdi Taremi abbastanza isolato e ben controllato da Acerbi, Evanilson completamente evanescente (forse anche condizionato da un problema fisico in avvio), Galeno ed Eustaquio più impegnati a cucire il gioco che a cercare la conclusione. Il 67,9% di possesso palla e i 21 tiri totali danno l’idea del dominio portoghese sul piano del gioco, ma alla fine sono stati solo 7 i tiri nello specchio della porta, solo 2 in più rispetto ai 5 dell’Inter che ha scontato la stanchezza di un Lautaro Martinez che da gennaio sta incessantemente trainando l’attacco nerazzurro.

Onana si è definitivamente preso la porta nerazzurra

André Onana non è arrivato all’Inter nella miglior situazione: dopo un lungo periodo di squalifica e continue esclusioni e reintegri dalla rosa dell’Ajax, si trovava a dover sostituire un portiere come Handanovic che negli ultimi tempi aveva sempre meno reattività ma che negli ultimi 15 anni è stato tra i migliori d’Italia come rendimento e soprattutto si era guadagnato la fascia di capitano dei nerazzurri.

Fin dalle prime uscite però Onana ha fatto subito capire che può dare molto all’Inter: un gioco diverso da Handanovic, con più rapidità nel gestire il pallone e tanto più dialogo con i piedi. La prestazione di Oporto ha però cementato la sua titolarità in mezzo ai pali: con tempi di reazione davvero rapidissimi ha compiuto una serie di interventi prodigiosi, oltre a riuscire sempre ad uscire con i tempi giusti per bloccare le azioni portoghesi nei momenti di maggior pressione.

Certo, non è sempre elegantissimo da vedere, ma riesce sempre ad arrivare sulla palla quanto basta per sventare il gol, che si tratti di bloccare il pallone, respingerlo con i pugni oppure deviarlo leggermente in maniera che sbatta sul palo. Il suo gioco istrionico all’apparenza comunica meno solidità rispetto al glaciale Handanovic, ma a conti fatti è una presenza costante nell’area e i difensori dimostrano di fidarsi di lui anche nel fraseggio sotto pressione.