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Se l’Odissea fosse una partita di calcio, sarebbe Milan contro Stella Rossa di Belgrado.

L’anno è il 1988 e si gioca, in una doppia – come vedremo, tripla – sfida di andata e ritorno, l’ottavo di finale della Coppa dei Campioni 1988/89.

Il Milan di Arrigo Sacchi è una delle favorite del torneo; la grande speranza del nostro paese di veder trionfare un’italiana sul podio più ambito d’Europa. Gli avversari della Stella Rossa, sapientemente allenati da Branko Stankovic, compagno di squadra di Boskov quando i due giocavano coi piedi anziché dirigere con mente, parole e gesta dalla panchina.

Primo atto: la gara d’andata

In un Giuseppe Meazza pieno ma non gremito – chissà, forse qualche casciavit ha sottovalutato l’animo e il talento della formazione jugoslava – il Milan in divisa bianca si oppone ai biancorossi del Crvena Zvezda. Squadra ben organizzata, come detto, ma anche ricca di talento, soprattutto nei tre nomi di Prosinecki, Savicevic e Stojkovic, questi ultimi due con un futuro nel nostro paese, seppur con fortune alterne.

La partita d’andata è semplicemente uno spettacolo. Sì, ma non dei rossoneri, bensì dei biancorossi.

Sono i serbi ad aggredire alti il Milan di Sacchi, che quasi vede negli avversari lo specchio della propria creatura, impaurita dalla veemenza dei temibili nemici.

Soltanto tre giocatori della Stella Rossa finiscono sul taccuino del signor Kirschen, ma è un puro caso. I serbi giocano con una personalità e una cattiveria spaventosi; assomigliano più a uomini che si giocano la vita nell’arena che a giocatori di pallone che si giocano un ottavo di Coppa. In campo 11 Leoni. In tribuna Arkan con le sue tigri, all’epoca dei fatti non ancora criminali di guerra ma nucleo del tifo organizzato della Crvena Zvezda.

Il Milan prova a creare qualcosina; Mussi cade in area di rigore, ma non c’è nulla. Il Diavolo continua a premere e su cross di Van Basten, dopo una bella finta a rientrare, Ancelotti svetta di testa e impensierisce Stojanovic, che riesce in qualche modo a salvarsi. Prima vera grande occasione per i rossoneri.

La Stella Rossa, da quel momento in avanti, è un esercito all’attacco della porta avversaria. Le frecce Savicevic e Stojkovic mettono in grande difficoltà la retroguardia rossonera, costretta in più di un’occasione al fallo – da uno di questi nasce l’ammonizione di Baresi. Proprio al termine del primo tempo, tuttavia, il Milan ha un’occasione ghiottissima per portarsi avanti. Donadoni sfrutta un erroraccio difensivo della Stella Rossa e dopo aver aspettato l’uscita del portiere avversario decide di piazzarla al centro dell’area di rigore, dove Virdis tocca col piede mancino, quasi arpionando il pallone anziché gettarlo volutamente verso la porta sguarnita: la palla prende una traiettoria beffarda e finisce clamorosamente fuori; di un soffio a lato.

Gol mangiato, gol subito. E infatti è Stojkovic, al minuto 47, appena alla ripresa del secondo tempo, sfrutta un rimpallo e una duplice indecisione della difesa rossonera per farsi beffe di Baresi e della retroguardia in divisa bianca, fino al portiere Galli beffato dal destro sul primo palo del fuoriclasse jugoslavo. È 1-0 Stella Rossa. Qui inizia l’Odissea rossonera.

La risposta è fulminea al punto che la disattenta regia della RAI, non aspettandosi granché da quella formazione incredibile, nemmeno se ne accorge. Bruno Pizzul commenta la rete di Virdis mentre ancora scorre il replay del gol di Stojkovic. Il replay – questa volta della rete segnata da Virdis – mostrerà un’azione in pieno stile sacchiano, con un’intuizione – a mo’ di cucchiaio – del fuoriclasse per eccellenza: Marco Van Basten. Bravo Virdis, con l’esterno del piede destro, a non lasciarsi scappare la seconda ghiotta occasione della sua partita. È pareggio immediato. Minuto 48, 1-1.

La partita d’andata finisce con questo doppio lampo. Come un fulmine a ciel già tempestoso.

Cosa aspettarsi dalla partita di ritorno? Niente di immaginabile, rispetto a quello che accadrà realmente.

La nebbia di Belgrado

È il novembre del 1988.

Come giustamente osserva Federico Buffa, da cui prendiamo in prestito questa magica formula, se ogni grande squadra nella storia del calcio – dall’Ajax di Cruyff e Michels, all’Inter di Mou e al Barcellona di Guardiola, passando per il Real di Di Stefano e il Brasile di Pelé – porta nel marchio del proprio percorso una partita spartiacque, quella del Milan di Sacchi, è certamente questa partita di ritorno contro la Stella Rossa, anche se giocata sull’arco di 48 ore.

Il primo round, se è lecito esprimerci così, si gioca – cioè non si gioca – in una nebbia fitta come la tensione che si assapora tra le due formazioni in campo. Fatto sta che, senza che nessuno dei telespettatori e radioascoltatori – cioè la maggior parte delle persone che, esclusi i fortunati presenti allo stadio, erano intenti a godersi lo spettacolo – sapesse granché di quello che stava succedendo, Savicevic segna il gol dell’1-0 e Virdis viene espulso.

La partita viene sospesa. Non ci sono le condizioni per finirla. Immaginatevi le polemiche. Fatto sta che, giocando il giorno successivo alle 15, con un clima decisamente differente e una condizione fisica – quella dei serbi – altrettanto differente, il Milan ha l’opportunità, davvero fornitagli, come nel più classico dei poemi epici greci, dalla tuche, di rimettersi in marcia come se niente fosse. Non proprio come se niente fosse, perché Ancelotti, ammonito la sera prima, come Virdis che era stato espulso, non saranno della partita. Buffo regolamento: valgono le squalifiche ma non i gol segnati. Tant’è.

120 minuti in cui succede di tutto

La formazione della Stella Rossa per la ripetizione dell’ottavo di ritorno
L’11 messo in campo da Sacchi nella ripetizione della gara del Marakana di Belgrado

L’episodio iniziale è già il preludio di una giornata folle.

Su una svirgolata piuttosto ambigua della retroguardia biancorossa, Van Basten esulta dopo aver visto il pallone entrare di un buon metro e mezzo dentro la porta avversaria ma l’arbitro, INCREDIBILMENTE, non dà gol. È un episodio che già in diretta desta il sospetto più grave; sarà il replay a confermare l’ovvietà nuda e cruda. Il Milan è appena stato defraudato.

Ma ne ha di più e continua a correre, a lottare, a proporre gioco. Rijkaard, Mannari, Van Basten, Maldini, Donadoni, all’attacco della porta avversaria. Il gol è maturo e arriva dopo una splendida giocata di Evani, dribbling e cross mancino su punizione a due dai trenta metri: Van Basten svetta come un falco e porta avanti i rossoneri al minuto 35. Quinto gol nella competizione per questo mostro sacro del calcio.

Ma la Stella Rossa non molla di un centimetro. Lancio dalla retroguardia difensiva per Savicevic che stoppa di petto, si gira e di mancino, con un lancio SPAVENTOSO e IMPOSSIBILE pesca magicamente Stojkovic che col sinistro fulmina il povero Galli, scaraventando un mancino terra-aria degno dei grandi capo-cannonieri sì chiamati da Gianni Brera. È 1-1 al minuto 36. Sembra l’eterno ritorno dell’uguale nietzschiano. Proprio come all’andata, botta e risposta immediato.

Nel frattempo accade che Vasiljevic, su una palla aerea contesa tra lui e Donadoni, vada ad incidere con violenza inaudita e col gomito altissimo sulla mascella del povero centrocampista rossonero. Donadoni uscirà con una mandibola praticamente spezzata in due e uno sguardo più etereo che mortale. I giocatori del Milan piangono per la sorte del proprio compagno di squadra. Le gambe tremano perché in gioco, al di là di tutto e tutti, è la vita di un ragazzo d’oro, prima che di un campione di calcio.

Poi, però, Savicevic si avvicina a Maldini e gli sussurra che lo speaker ha annunciato, chiaramente in serbo, che Donadoni è ancora vivo. Maldini si gira verso i compagni di squadra ed urla a squarciagola: «Dona è vivo, ragazzi, Dona è vivo!». Il Milan ritrova così forze insperate, e si accinge ai calci di rigore col favore degli dèi e del ritrovato entusiasmo.

11 metri di gioia

Dopo una tempesta di emozioni durata 120 minuti, più il prologo del giorno prima, Milan e Stella Rossa si danno l’appuntamento per la resa dei conti finale, con il tradizionale duello dagli 11 metri proprio di quelle partite dove non si trova un trionfatore.

Stojkovic, Baresi, Prosinecki e Van Basten realizzano senza troppi problemi.

È Dejan Savicevic, ah il Destino!, a sbagliare dagli undici metri. Presto sarà un giocatore del Milan, ma già ne fa le fortune da avversario. Galli respinge un tiro debole e centrale del fuoriclasse jugoslavo, il cui mancino qui non ha proprio funzionato.

Evani realizza la rete del sorpasso con un preciso sinistro all’angolino. Stesso angolo e stesso mancino per Mrkela, ma esito differente: ancora GALLI, sontuoso. La sua corsa dopo il rigore parato è di chi ha già la vittoria in tasca e infatti Rijkaard non sbaglia.

Detto così, non rende l’idea. Il tiro dell’olandese in maglia numero 4 sbatte sul palo alla destra di Stojanovic e si infila in rete, col brivido di chi ha conquistato la terra perduta; con l’animo di una squadra che ha vinto la propria Odissea, e che di lì in avanti vivrà nella propria Itaca. Il Grande Milan europeo di Sacchi INIZIA quella sera. Ma nasce almeno 48 ore prima. Nebbia, sangue, sudore, ardore, epos.

Tutto questo è stato Milan – Stella Rossa. Una delle partite più incredibili di sempre nella storia del calcio.