Vai al contenuto

Milan-Roma è sempre stata una partita delicata. Per due ordini di ragione, perlomeno: (a) ambientale, di tifo e d’atmosfera, e (b) strettamente calcistica.

Ambientale, di tifo e di atmosfera, se è vero il 4 giugno del 1989, colpo di coda di anni bui in Italia, il ragazzo, fratello, figlio, compagno di stadio, tifoso giallorosso sfegatato, Antonio De Falchi, perdeva la vita in un tragico incidente, in seguito ad uno scontro con alcuni tifosi – ma sarebbe più giusto parlare di “criminali” – del Milan. Milan-Roma, che non è legata unicamente, ma certo soprattutto, a questo terribile episodio, è una partita che a livello ambientale riserva sempre un’aria unica, tesa, coloratissima.

Il rosso, colore del coraggio e del furore, alberga gli animi di ambedue le contendenti, e dei tifosi che qui tifano. Il giallo, da parte romanista, l’affetto e il calore di una piazza che quest’anno è tornata a sognare – e che si ritrova al primo posto della classifica dopo 9 giornate, che non sono 19, ma neanche 3. Il nero, da parte milanista, l’animo tetro, serio, di quella seriosità inquietante, paranormale – ed ecco il Diavolo, suo simbolo, reclamare i propri diritti rappresentativi – che mira alle stelle perché, qui nato, le ha conosciute in tenera età.

Il Milan di Allegri è a tre punti dai giallorossi, e non sta vivendo il momento più felice di questo avvio di stagione. Ma di fronte al proprio pubblico, chiamato a sognare per natura, non può abbassare la testa.

Due squadre forti, due allenatori intelligenti

Abbiamo parlato del fattore ambientale, lasciando da parte quello prettamente calcistico. In effetti Pulisic (torna? Doubt it) da una parte e Dybala dall’altra, Kone qui e Modric là, costituiscono il prologo ad una sceneggiatura avvincente, che pure se è ancora da scrivere già fa intravedere, tra le sue pieghe sottili, uno spettacolo come non si vedeva da anni per questa partita.

C’è soprattutto Gasperini contro Allegri, un duello tra due allenatori esperti, intelligenti, davvero italiani, capaci di adattarsi alle circostanze. Gasperini, l’aedo dell’uomo contro uomo, senza abbandonarne i presupposti poetici, ha però cambiato decisamente metrica qui a Roma, che da millenni vive sotto la legge durissima del carpere diem: non c’è tempo per gli esperimenti, si va dritti al punto. E se a mancare è proprio il punto, meglio la punta (pure se Dobvyk si è sbloccato contro il Parma), ecco che la soluzione è quella dei falsi nueve, in attesa di certezze più solide.

Milan-Roma è la partita di Agostino Di Bartolomei, compianta leggenda che ha vestito entrambe queste gloriose maglie, e che queste maglie ha unito nella tragedia di un addio ancora inspiegabile per molti, il 30 maggio del 1994. Inspiegabile per molti, appunto, non per alcuni. Non per quelli che vivono il calcio come il riflesso di un’esistenza. Come la cosa più importante delle cose meno importanti, avrebbe detto qualche saggio. E che tra queste cose contempla la tensione di una sfida così bella, perché drammatica.

Quando il pallone scotta…

Il Milan non può fallire. Ha una sola competizione, ha una squadra forte, certo con qualche defezione al momento, ma comunque molto forte. Cosa vuole fare, come può permettersi di fare altro se non vincere? O quantomeno regalare al proprio pubblico una partita che valga la pena di raccontare ai nipoti dei nipoti?

E al contempo, però, come potrebbe un tifoso giallorosso assiso all’ultimo anello verde di San Siro, domenica sera, non sperare in una partita da leggenda, di quelle che danno un colore tutto diverso ad una stagione? Come può, chi crede in certe cose e ha a cuore la sfera sul prato verde, non vedere oltre la siepe i tre punti? La grande svolta? Finalmente, la redenzione? Ci sarà equilibrio, il pallone scotterà, e la differenza la farà il talento individuale. Di Leao e Modric, di Maignan e Ricci, come di Svilar e Kone, di Dybala, Soule o Bailey. Non importa chi tifiate: ma questa partita dovete viverla. Rosso, come il coraggio. Giallo, come il sole. Nero, come la notte. A risolvere il rebus, ci pensi il campo.