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Non è stato il più scintillante Milan-Juventus che si ricordi, quello che ha visto i bianconeri vincere con un curioso déjà vu di Manuel Locatelli. L’ex rossonero è stato l’uomo-chiave di una partita che ha fatto registrare un curioso record: per la prima volta nella storia della nostra Serie A, c’erano in campo quattro statunitensi. Solo curiosità o segno dei tempi?

Milan-Juventus, la Serie A mai così americana: un bene o un male?

Da un lato Yunus Musah e Christian Pulisic, dall’altro Timothy Weah e Weston McKennie. Quattro giocatori statunitensi, tutti titolari in nazionale e nell’occasione anche nei loro club, il Milan e la Juventus. Da quando esistono i tre punti a vittoria (ma molto probabilmente anche prima) non era mai successo, che in un match di Serie A scendessero in campo quattro titolari statunitensi.

La cosa è da ritenersi abbastanza casuale, perché se Pulisic è un indubbio titolare, il giovane Musah ha giocato molto ultimamente per l’infortunio di Loftus-Cheek. Dall’altra parte, tra i due yankee juventini si era aperta una poco immaginabile concorrenza, visto che quest’anno Allegri ha preferito diverse volte il biondo ossigenato al figlio del grande George, come cursore di destra. Ieri, il tecnico bianconero ha invece deciso di rimettere McKennie nel suo prediletto ruolo di mezzala e, contemporaneamente, Weah è tornato titolare come esterno destro. Peraltro, Tim risulta decisivo perché è proprio lui a lanciare Kean nell’azione che determinerà l’espulsione di Thiaw. Ma ne parleremo più avanti.

Voglio soffermarmi su questa statistica dei 4 americani in campo, particolarmente curiosa perché non si tratta di un match qualunque ma di Milan-Juventus, ovvero le squadre più vincenti del nostro calcio, insieme all’Inter. Un tempo sarebbe stato impensabile tutto ciò, perché noi eravamo la culla del grande calcio e dei grandi campioni, mentre loro avevano prodotto qualche buon giocatore e la terribile invenzione dello shootout, quella sorta di inguardabili rigori in movimento ideati come sostitutivi della classica lotteria dei tiri dal dischetto. Forse qualcuno di voi li ricorderà, con l’attaccante che partiva dai 30 metri e aveva 5 secondi per arrivare alla conclusione, nel modo preferito.

Gli USA, insomma, sono sempre stati considerati un piano inferiore, nel calcio. Il fatto di vederli in 4 nella partita più prestigiosa del nostro campionato come va letto, allora? Decadenza del calcio italiano, o crescita di quello statunitense? Probabilmente, di tutto un po’.

Esta Loca

Arriviamo all’uomo-chiave del match, che risponde al nome di Manuel Locatelli. Il gol è arrivato in maniera casuale, ok, ma la coincidenza è un po’ da serendipity. Sintetizzo per chi non l’avesse letto già altrove: il 22 ottobre 2016, il 18enne Locatelli decise un Milan-Juve con un gran bel gol, al minuto 65; il 22 ottobre 2023 la scena si è ripetuta, anche se 2 minuti più tardi e a maglie invertite, perché “Loca” ha deciso Milan-Juve con un suo gol. Il primo era stato infinitamente più bello, mentre il secondo si deve sostanzialmente a una deviazione che ha messo fuori causa il povero Mirante.

Il fatto che un gregario, seppur di lusso, sia decisivo in un match di questa portata, è forse un altro indice del generale impoverimento del nostro calcio, a cui si accennava prima. Nel caso di Locatelli, va detto che si tratta di un giocatore che Allegri ha faticato a capire come utilizzare al meglio, sacrificandolo molto almeno nel primo anno e mezzo del suo periodo-bis alla Juventus. Poi Loca ha reagito con personalità a un momento professionalmente difficile ed è stato capace di re-impostarsi e re-imporsi. Ieri, oltre al gol, ha prodotto l’87% di passaggi riusciti, di cui ben 17 nella tre-quarti avversaria, 6 recuperi e la solita grande corsa.

Gli errori decisivi

Questo intenso ma bruttino Milan-Juve è stato infine deciso da due episodi, in particolare quello dell’espulsione di Thiaw. Tuttavia, in questo caso Pioli sembra avere qualche responsabilità. Nel suo modulo molto aggressivo, è spesso insito il rischio di lasciare i centrali in uno contro uno. Il cartellino rosso di Thiaw è arrivato al minuto 40, ma da almeno 20 minuti era chiaro come il giovane tedesco patisse la fisicità e la serata di vena di Moise Kean. Quest’ultimo, peraltro, è abbastanza un libro aperto, sia in senso positivo che negativo. Quando è fuori fase, è spesso indisponente. Quando è “in the zone”, come ieri sera, lo si vede fin dal primo controllo. Kean ieri arava il campo e Thiaw faticava tremendamente a stargli dietro. Non aver preso contromisure a questo mismatch è stato forse il più grave errore commesso dal tecnico rossonero, perché quando Weah ha recuperato palla lanciando in profondità, Kean si è inserito nel corridoio aperto da Milik, che con la grande intelligenza che lo contraddistingue si era portato via Tomori, aprendo un’autostrada per il compagno. Thiaw non è riuscito a organizzare una contromisura adeguata in quei pochi istanti, e il patatrac è servito.

Un altro errore è stato probabilmente quello di avere tolto troppo presto Adli. Magari il ragazzo aveva finito la benzina, ma la sua presenza teneva i centrocampisti della Juve sempre molto bassi (cosa che peraltro è una marca distintiva di questa Juve). La Vecchia Signora ha così alzato il baricentro ed è bastato un guizzo di Locatelli, in questo caso non seguito da un Reijnders per una volta insufficiente, per decidere un Milan-Juve intenso, ma non memorabile. Se non per il CT statunitense Gregg Berhalter, s’intende.