Settima giornata di campionato e la classifica dice esattamente ciò che può essere questa Serie A: tutte lì, appassionatamente, con sorpassi e controsorpassi, e con le sorprese a tenere banco. A partire dal crollo della Juventus, che a Como perde l’occasione di restare aggrappato al gruppetto in testa, e proseguendo con il Milan di Allegri che supera la Fiorentina nel finale, regalandosi una settimana al primo posto. Sembrano un’altra squadra, proprio perché lo sono.
Due situazioni particolari da registrare. La prima: il Napoli ha subito il secondo ko in tre partite, dopo l’Inter è toccato al Torino fare il colpo grosso; a proposito poi dei nerazzurri: quarto successo di fila, cancellato l’inizio in salita. E’ tornata una squadra matura.
Ecco le sentenze della settima giornata.
1) Anche i ricchi piangono: Napoli ko
Anche i ricchi piangono, sì. C’è poco da fare, soprattutto per il livellamento della qualità di chi è in testa. Ma la seconda sconfitta per il Napoli di Conte, aspettando come andrà in Champions con il Psv, deve necessariamente portare a una riflessione più ampia. Sulla gestione del doppio impegno, in primis. E sulla qualità degli acquisti. Lucca, dopo qualche colpo scagliato, non è stato all’altezza di Hojlund. De Bruyne ha predicato nel deserto, tra gli altri si è salvato Anguissa, e Spinazzola non può tirare sempre da solo la carretta. Serve altro. E servono altri. Intanto, è rientrato Buongiorno e la difesa potrà sbandare un po’ di meno: con Beukema i meccanismi erano già parecchio oliati. A ogni modo, sembra una versione tutt’altro che irresistibile, quella napoletana. Ci sarà da “faticare”, come dice il tecnico.
2) L’Inter è una big
Appiano Gentile è tornata un’isola felice. Perché l’Inter è tornata una grande squadra. Magari giocherà con meno qualità, però ha acquisito una mentalità che sta semplicemente facendo la differenza. E la partita di Roma è emblematica: vantaggio conquistato subito, e tenuta strenua, con sprazzi di qualità. Perché poi gli interpreti ci sono, dalle sicurezze chiamate Lautaro Martinez e Nicolò Barella, passando per i giovani in rampa di lancio come Bonny ed Esposito. Che un anno fa no, mica c’erano. L’Inter può dirsi migliorata, o comunque può aspirare a esserlo entro la fine della stagione. Certo, un trofeo farebbe tutta la differenza, soprattutto per Chivu. Ora più sciolto, tra telecamere e panchina, nelle idee che ha difeso e sviluppato: serviva tempo, e sarà un monito anche per le altre squadre in difficoltà.
3) Mai sottovalutare Max Allegri
Anche Max, del resto, aveva iniziato in salita. Poi però il Milan ha fatto cose semplici, come da marchio di fabbrica dell’allenatore: ha messo a posto la difesa, ha lavorato sui fondamentali. E ha aspettato Rafa Leao, che Allegri deve necessariamente rimettere al centro dei giochi, perché è uno dei pochi in grado di garantirgli un salto di qualità notevole, di sicuro il più impattante di tutti. Mai sottovalutare il potere di quest’allenatore, soprattutto dopo anni passati a farlo: e c’è da aggiustare, ha pochi eguali. Diverso discorso se c’è da costruire. Ecco, in questo il Milan sembra già al suo potere massimo, ma è un potere che gli permetterebbe di poter ambire alla vittoria su ogni campo, perciò pure di andare a concorrere per uno scudetto che sembrava parecchio lontano in estate.
4) Atalanta-Lazio specchio della paura
Che peccato, invece, Atalanta-Lazio. Avara di emozioni. Finisce 0-0. E ci si aspettava veramente molto altro, soprattutto da due squadre che nelle ultime stagioni sono state in grado di regalare prestazioni incredibili, a volte parse di altri campionati. Comunque, entrambe vanno. A rilento, ma vanno. Juric è a ridosso dei primi posti, ottavo; Sarri è più dietro, 8 lunghezze ma non vince da due partite, e altrettante ne ha vinte fino a questo momento. Vivono situazioni oggettivamente complicate, e vivono soprattutto con i fantasmi del passato a rincorrere. In bocca al lupo: servirà tanto coraggio per andare avanti.
5) Pioli e Tudor: è tutto qui?
Note dolenti, infine. La prima riguarda la Fiorentina: quarta sconfitta nelle prime cinque partite, piena zona retrocessione, appena tre punti frutto di tre pareggi. Desolazione totale. E panchina quantomeno traballante, perché Pioli non ha saputo raddrizzare la situazione, e perché rischia di peggiorare – eccome – nelle prossime partite. Dopo il Rapid Vienna in Conference, infatti, ci sarà il Bologna al Franchi e si va a San Siro contro l’Inter. Tostissima. Come la settimana della Juventus, reduce da sei partite senza trovare alcuna vittoria, compresa la Champions League. Da cui Tudor ripartirà, più sconsolato dopo il ko di Como, e lo farà al Bernabeu di Madrid, prima di affrontare proprio la Lazio di Sarri all’Olimpico. Ai bianconeri, in fondo, il calendario dà quasi una mano: Udinese, Cremonese e il derby col Toro, in mezzo la Champions e lo Sporting. Non è impossibile risollevarsi.


