Sesta giornata di Serie A e la sosta che si spalanca davanti ai nostri occhi: non c’è rimedio. O meglio: c’è la Nazionale e proverà a curare un po’ di ferite, a non abbassare l’hype di tante squadre che finalmente hanno trovato la propria dimensione. A prescindere, quando si arriva a un terzo del girone d’andata – dunque è presto, prestissimo – la sensazione è che siano tutte lì, come una gara di Formula 1 quando entra la safety car.
C’è chi era pronosticato avanti, come il Napoli, e c’è chi è in rimonta dopo un inizio complicato, tipo l’Inter. C’è chi è partito forte e deve fare i conti con un equipaggiamento non esattamente supersonico, l’esempio è la Juventus. E c’è chi sta sfruttando l’aerodinamica più leggera, senza coppe: è il Milan. Con un occhio alla Roma: tutto nuovo, tutto diverso, tutto dato e nulla mollato. Vetta meritata.
1) La quadra Inter
Ecco, una brutta notizia per il Gasp è che l’Inter sia lì, e che oltre al Napoli ci sarà con ogni probabilità pure un passaggio da fare con i nerazzurri per diventare una contendente seria per lo scudetto. Da quando ha perso con la Juventus, l’Inter le ha vinte praticamente tutte, compresa l’ultima con la Cremonese. In particolare, ecco, la rinascita è partita dal ritrovare giocatori fondamentali. Come Calhanoglu. Barella. Thuram sta dando continuità e la sta ritrovando pure capitan Lautaro Martinez. Poco da fare: è una squadra forte, molto forte, e adesso sta iniziando a carburare e soprattutto a eliminare le scorie di un anno fa, quando le aspettative non hanno saputo incastrarsi con la realtà dei fatti.
2) Pioli, sprofondo viola
Aspettative ben diverse c’erano sicuramente per la Fiorentina di Pioli. Il ritorno era dato da tutti come la sensazione giusta per puntare all’Europa che conta. Anche i proclami erano andati in quella direzione. E poi? Beh, poi ci sono i risultati: al Franchi è passata la Roma, e la Viola si è fermata a un grandissimo gol di Kean, parso comunque sottotono rispetto all’annata con Palladino alle sue spalle. Ci sono allenatori in discussione, fino a questo momento, e Pioli sembra quello più discusso di tutti. De Rossi è una delle prime opzioni per Pradé, che valuterà ancora il tecnico ex Milan e poi prenderà le decisioni del caso. Una certezza, comunque, alla base: che sarà un’annata totalmente di ricostruzione. Ancora.
3) Il carattere dei campioni
Alla Fiorentina, in fondo, manca carattere. Elemento che invece è il fuoco che arde nel Napoli. Antonio Conte in questo è veramente un fenomeno: gli azzurri, pur andati sotto con il Genoa, hanno messo in campo un spirito fondamentale per ricominciare, ricostruire, fare e rifare. E poi i giocatori, quelli veri, quelli fenomenali. Tipo De Bruyne, che ha cambiato la partita. Oppure Hojlund: è appena arrivato e si è già svestito dell’alibi del giocatore fresco di cambio casacca. Serve attitudine per vincere ed è qualcosa che l’allenatore leccese continua a ripetere ai suoi, perché vincere non è mai episodico, però rivincere è qualcosa che non si può nemmeno discutere. Vuol dire che sei il più forte di tutti. Senza appello.
4) Gasp, adesso sogna!
Restiamo nelle zone alte della classifica, dove la Roma sta dando una continuità di rendimento semplicemente pazzesca. Toro a parte, i giallorossi tengono botta, respirano a prescindere dalle difficoltà in Europa, e poi sono forti, bruti, sembrano tutt’altro che gasperiniani e molto, moltissimo, figli della ricostruzione fatta da Claudio Ranieri negli ultimi mesi, quelli utili a tenere in piedi la baracca. Del resto, se Sir Claudio fosse arrivato poco prima, avrebbero avuto addirittura possibilità di insediare la Juve per il quarto posto, ultimo utile per raggiungere la qualificazione alla prossima Champions League. Ecco, c’è questo nella testa di Gasp, dei giallorossi, di una piazza che adesso sogna. Eccome.
5) Che paura di perdere
Chiudiamo come il campionato: Juve–Milan è stato uno spot completamente contrario allo spettacolo. Tra le due squadre ha vinto la paura di perdere ed è un buon riassunto dell’attitudine delle guide tecniche. Eppure è Allegri che ha più da recriminare, e infatti lo fa, puntuale: si prende il clean sheet – il quarto in sei gare – e dice che “però lì bisogna far gol”. Ce l’ha con Leao, sprecone, e ancor di più con Pulisic, che manda in curva il rigore in grado di chiudere il match. E la Juve? In tutto questo, la Juve, è al quinto pareggio di fila, con un enigma dietro l’altro. Dall’attaccante – David continua a non ingranare, Openda sembra decontestualizzato, Vlahovic è l’unico a salvarsi per attitudine – alla poca sostanza: c’è da lavorare.


