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Era importante ritrovare solidità, per la Lazio di Maurizio Sarri.

È una parola, quella segnata in corsivo, che spesso ci si dimentica di accostare al credo dell’allenatore toscano. Ma è un errore gravissimo farlo. La verità è che Sarri ha sempre costruito i propri successi intorno alle certezze difensive. Allo stesso modo, li ha decostruiti al loro venir meno. E così dopo un inizio di campionato incerto e per certi versi preoccupante – con tre punti dopo quattro partite – la Lazio si è coperta, ha capito di dover avere pazienza e oltre ai risultati è tornato anche un gioco fluido, brillante e ricco di soluzioni.

L’epicentro della rinascita

Non parliamo qui (solamente) di un discorso tattico, ma di rosa: questa Lazio, che ha perso sì Milinkovic in estate, ha però un centrocampo più completo e forse più forte. Contro il Sassuolo Sarri ha schierato per la terza volta nelle ultime quattro – quindi dal Milan in avanti – il centrocampo Guendouzi-Rovella-Luis Alberto.

Il primo offre un dinamismo che non si trova in altri interpreti del reparto per i biancocelesti. Il secondo qualità ma anche rottura, come dimostra la percentuale di contrasti vinti in stagione (50%). Sull’ultimo è invece bene aprire una parentesi a sé, e non tanto per l’elogio (anche), ma perché Luis Alberto rappresenta alla perfezione l’idea del gioco di Sarri: aggressività e qualità.

Le prime quattro palle gol dei biancocelesti nel primo tempo – due per Felipe Anderson, compreso il gol, una proprio per Luis Alberto e un’altra per Lazzari – sono nate tutte da recupero palla alto dello spagnolo, che per caratteristiche non sarebbe il più adatto al compito, ma che per attitudine caratteriale e per legame col mister toscano sta iniziando a farlo come nessun altro. Luis Alberto è diventato leader.

Con lo scavetto siglato al 35’ su erroraccio di Boloca ha segnato il 50° gol con la Lazio in tutte le competizioni. Ma sono lontani i tempi in cui Luis incantava e basta, soprattutto lo faceva a targhe alterne. Oggi l’andaluso è un calciatore imprescindibile per Sarri, che deve sorbirsi pure la lamentela per la sostituzione a 10’ dalla fine. Eppure nelle parole di Martusciello, vice di Sarri, nel post-gara c’è tutto: “ormai abbiamo imparato a conoscerlo”, detto col sorriso.

Ovvero: questo è Luis, tutto il pacchetto e non solo una parte. Vuoi il 10 che crea come nessuno in Europa – letteralmente: perché solo De Bruyne ha fatto meglio come assist nei top 5 campionati – ed è in grado di inseguire un avversario per più di 50 metri all’indietro, contrastandolo e facendo ripartire a sua volta l’azione? Bene, devi prenderti anche il ragazzo rimasto bimbo che non vuole uscire mai.

Discorso simile per Felipe Anderson, che aveva sbloccato la sfida al 28’ su assist di Castellanos – a secco col Sassuolo, ma ancora sempre nel vivo del gioco –, che ha segnato il quinto gol contro il Sassuolo in Serie A – solo contro l’Inter (6) ha fatto meglio. Il brasiliano, che ha iniziato la stagione sottotono, a volte appare poco lucido davanti per le qualità (enormi) che possiede. Ma se questo accade è perché per il resto dalla gara insegue gli avversari a più non posso, Laurentié lo sa bene.

La solidità ritrovata

Ecco, la Lazio deve necessariamente ripartire dalla fase difensiva. Patric-Romagnoli hanno giocato bene, il secondo sfiorando due volte la rete da corner (bravissimo Consigli), ma come ha detto Martusciello quella fase è sempre “di reparto, e anche gli attaccanti devono tornare a difendere”. Il gioco di Sarri insomma è molto dispendioso: eureka. Il punto sta tutto nella testa dei giocatori: quanto sono disposti al sacrificio? I nuovi in questo senso fanno tanto, perché trainano e stimolano gli altri. Guendouzi, Rovella, Castellanos: erano tutti titolari, sono tutti nuovi acquisti.

E se dalla panchina poi entra gente come Zaccagni, Immobile, Cataldi, titolarissimi lo scorso anno, ma anche Vecino e Kamada – giocatori internazionali – ecco che tenere alto il ritmo è non solo possibile ma auspicabile. Perché il sogno Champions è da vivere adesso, ma riviverlo avrebbe lo stesso valore di uno Scudetto.

E per calcare certi palcoscenici, nel calcio contemporaneo, serve una rosa lunga e profonda. In attesa che anche Isaksen e Kamada si integrino al meglio, Sarri può guardare con fiducia al futuro. La sua Lazio sta tornando solida, bella e pericolosa davanti. Sono tutti avvertiti.