La passione, per definizione, sfugge alla logica. Non fa eccezione quella calcistica che, nel caso di Juan Román Riquelme e il Boca Juniors, raggiunge livelli di sublimazione. Lo ha raccontato Roberto Colombo in un libro, presentato sabato scorso al Salone del Libro di Torino, e che è soprattutto una incessante dichiarazione d’amore.
Si intitola “Riquelme. Román e la casa del padre”, l’ultima fatica di Roberto Colombo, collega di Tuttosport che è storico appassionato e grandissimo esperto di calcio sudamericano, in particolare argentino. La prefazione è firmata da Alessio Tacchinardi, ex compagno di squadra di Riquelme al Villarreal.
“Riquelme. Román e la casa del padre”, un libro sulla leggenda del Boca Juniors
Chi è curioso di conoscere il mondo del calcio argentino e in particolare il “bosterismo“, ovvero l’essere tifosi del Boca Juniors, divorerà le circa 100 pagine di questo libro. Si tratta di un racconto scritto sotto forma di dialogo padre-figlio, artificio letterario ma non troppo: perché Franco Colombo, che dell’autore era padre nonché ex direttore di Tuttosport, era un grande tifoso del Boca e anche colui che iniziò Roberto alla passione per i valori tipici dell’essere “bosteros“.
Fin dalle prime pagine ci ritroviamo come teletrasportati nei barrios e nelle loro stradine, inebriati da odori e profumi che sanno di passione, proletariato e condivisione. Il calcio, soprattutto in Argentina e soprattutto a Buenos Aires, è fortemente connotato politicamente e socialmente, fin dai soprannomi. Non è un caso se i due club acerrimi rivali del calcio argentino, River Plate e Boca Juniors, siano denominati rispettivamente “millonarios” e “bosteros”. Il primo non ha bisogno di traduzioni, mentre bostero è un termine che deriva dagli escrementi di cavallo. Due tifoserie che si definiscono “milionari” e “merdaioli” non possono che essere riflesso di due modi opposti di vedere non solo il calcio, ma anche il mondo e la vita stessa.
Il libro di Roberto Colombo è un tuffo in questi dolci miasmi del bosterismo, in cui si magnifica un personaggio leggendario come Juan Román Riquelme, ma nel quale familiarizziamo con tutto il mondo “Xeneize“, di questa grande famiglia che gravita intorno al club fondato da immigrati genovesi.
Nel libro ci sono aneddoti su personaggi che hanno fatto la storia del calcio, come Carlos Bilardo “El Narigón”, CT dell’epica vittoria al Mondiale di Mexico ’86, come ovviamente “El Diegote” Maradona e Riquelme, ma anche “Quique el carnicero”, macellaio ed ex capo ultrà della “Jugador Número 12”, e altri personaggi della tifoseria e del mondo Boca.
“Boca es Pueblo y Riquelme es Boca”
Nel racconto di Roberto Colombo si accenna a tutte le fasi del rapporto di JRR con il Boca Juniors, da giovane talento a giocatore simbolo, a personaggio scomodo per la dirigenza fino alla sua stessa rivincita, che lo ha visto diventare prima vicepresidente e poi presidente del club della sua vita, che guida ancora oggi.
Nel mezzo, un miliardo di aneddoti che definiscono meglio la personalità di Riquelme. Uno che nel 2001, durante un Superclásico, segnò in una Bombonera stracolma, correndo verso la tribuna a fare il “Topo Gigio” (mani aperte portate alle orecchie, ndr) contro il presidente Macrì, reo di non volergli rinnovare il contratto. Una mossa che, se guardata superficialmente, parrebbe ricalcare alcune prese di posizione dei calciatori di oggi, per reclamare sempre più soldi. In realtà non ci potrebbe essere nulla di più sbagliato, perché il tipo di amore che legava JRR ai colori “azul y oro” non era certo di natura economica, anzi.
Lo dimostra ulteriormente un altro fatto storico menzionato nel libro, accaduto quasi 10 anni dopo il famoso “Topo Gigio”. Tornato al Boca dopo le esperienze europee a Barcellona e Villarreal, nel 2010 JRR fu vittima di un gravissimo infortunio. Constatata l’impossibilità di scendere in campo, Riquelme rinunciò allo stipendio, chiedendo ai dirigenti di investire quei soldi per migliorare le strutture del club, o per aiutare il settore giovanile.
Questo era Juan Román Riquelme, uno “tan perfecto que asusta”, talmente perfetto da mettere paura. Il sacerdote laico perfetto per il carnaval azul y oro, per un universo che lo ha sempre adorato e continuerà a farlo, da giocatore e da presidente.