Vai al contenuto

Sono passati esattamente tre mesi da quando Italia e Spagna si affrontavano per accedere alla finale di Euro 2020.

Era il 6 luglio, eravamo tutti col cuore a Wembley e Federico Chiesa ci regalava un vantaggio insperato, contro una formazione forte e meravigliosamente allenata.

Il gol dell’esterno bianconero arrivava prima del pareggio di un altro juventino, Morata (subentrato in corso d’opera), e soprattutto prima dell’errore dal dischetto proprio di Alvaro Morata nella lotteria dei calci di rigore. Poi Jorginho, la calma olimpica del centrocampista blues e quel sorriso denso d’amore e d’emozione.

E via con la festa, un popolo intero per le strade d’Italia. Eravamo quasi tutti già convinti di quanto sarebbe accaduto cinque giorni più in là. Sapevamo di aver superato un avversario difficilissimo.

Facce nuove

Italia vs Spagna, per questa e altre mille ragioni, non può essere una partita come le altre. E non solo perché in palio c’è ancora una volta un posto in finale – stavolta di Nations League – ma perché il confronto tra le due selezioni ha sempre riservato spettacolo ed emozioni. Il bilancio è perfettamente equilibrato: 11 vittorie a testa e 16 pareggi scandiscono le 38 gare totali, con 44 gol segnati dagli azzurri contro i 41 delle Furie Rosse.

San Siro si prepara così ad accogliere al pieno della capienza consentita, stando ai dati della Figc, una delle due grandi sfide di Nations League – l’altra è Francia vs Belgio, mica male.

Nella Spagna, al di là del forfait di Llorente, sostituito da Luis Enrique con Bryan Gil, la grande novità è rappresentata dall’esordio di Gavi, baby fuoriclasse (2004) del Barcellona che si iscrive così alla lista dei fenomeni spagnoli nati nel nuovo Millennio.

Anche l’Italia sembra aver trovato un fenomeno classe 2000 in quel ruolo, ma a quanto pare Mancini lo lascerà agli azzurrini di Nicolato: è Sandro Tonali, che in un primo momento sembrava essere stato scelto per sostituire Pessina, che invece sarà rimpiazzato dal più “esperto” Di Marco (classe ’97).

Il paradosso è che la Spagna di centrocampisti ne ha pure troppi, a differenza nostra. Lo si era già visto nella partita contro l’Italia, quando Luis Enrique, un po’ imitando Guardiola (il nostro attaccante è lo spazio) un po’ non volendo tenere fuori nessuno dei suoi fenomeni in mediana, aveva optato addirittura per Ferran Torres (naturalmente un esterno di centrocampo) come unica punta – salvo poi ravvedersi nella ripresa. Lo anticipiamo, dunque: la sfida, tattica e tecnica, si gioca tutta a centrocampo tra Italia e Spagna. Proviamo ad ipotizzare alcuni duelli.

Centrocampo decisivo

Come accadde già a luglio, i tre di centrocampo Barella, Jorginho e Locatelli dovranno mettere insieme qualità e intensità per frustrare sul nascere le trame avvolgenti di Koke, Busquets e Rodri.

Quest’ultimo a luglio non giocò per far posto a Pedri, più qualitativo ma meno fisico. D’altronde a luglio non c’era Locatelli negli azzurri, ma Verratti.

Vedremo una partita più fisica? È molto probabile. Luis Enrique, che non potrà contare su Morata, neanche in corsa stavolta, schiera nuovamente Ferran Torres unica punta, con ai suoi fianchi Oyarzabal e Sarabia (contrariamente a luglio, quando inserì quel folletto fenomenale di Dani Olmo, che invece mancherà).

L’Italia, che non avrà Immobile, sceglie invece di non cambiare caratteristiche in avanti. C’è anche Raspadori, più spagnolo che italiano da questo punto di vista, ma Mancini ha scelto Moise Kean dal 1’.

Ai suoi fianchi gli stessi del match pareggiato e poi vinto ai rigori a luglio: Chiesa e Insigne. Dietro? Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson, che giocò una grande partita – perlomeno un gran primo tempo. Tra i pali Donnarumma: detto altrimenti praticamente lo stesso 11 di luglio, esclusi Locatelli e Kean – che sostituiscono, lo ripetiamo, Verratti e Immobile.

La Spagna dietro ne cambia due: il primo è Jordi Alba. Al suo posto Marcos Alonso, che al Chelsea si contendeva il posto proprio con Emerson Palmieri – ora in Francia, al Lione.

Per il resto difesa invariata con De Gea tra i pali (a luglio c’era Unai Simon) e Azpilicueta, Laporte ed Eric Garcia. Una difesa se vogliamo più lenta, e insieme più fisica, rispetto a quella di luglio.

Inutile dire che il lavoro nell’uno-contro-uno di Insigne e Chiesa, come già accaduto nell’ultima sfida di Euro 2020, risulterà fondamentale e decisivo. L’Italia dovrà stare molto attenta a Ferran Torres, che nella semifinale europea fu in grado di mandare in tilt la difesa azzurra, abituata con Chiellini e Bonucci (due marcatori puri) a prendere di mira l’attaccante, la boa al centro dell’attacco, non ad uscire in zone di campo proibite col falso nove.

Si trattò di un’intuizione di Luis Enrique che l’allenatore spagnolo, anche spinto dal forfait di Alvaro Morata, ripeterà volentieri.

Due squadre allo specchio

Ad esclusione dell’unica punta, Spagna e Italia sono due squadre quasi speculari. Le furie rosse, certo, giocano un calcio più verticale, meno ordinato e insieme più armonico del nostro – orizzontale e fatto di fraseggi estenuanti tra le mezzali e le ali, per scardinare sull’esterno o, se possibile, per vie centrali tramite la punta, la difesa avversaria.

Ma a ben guardare le caratteristiche dei giocatori in campo si assomigliano incredibilmente.

Jorginho è il nostro Busquets e Rodri, pur più compassato del centrocampista bianconero, ha caratteristiche simili a quelle di Locatelli – che però ama buttarsi dentro quando può, e questa può essere una chiave della partita. Barella è l’evoluzione di Koke, in un certo senso, e anche qui si potrebbe giocare tanto, tantissimo, del risultato finale.

La difesa è a quattro da entrambe le parti, l’attacco ugualmente a tre. Ma i due esterni spagnoli, a differenza dei nostri, amano invertire il proprio ruolo (ed eluderlo, all’occorrenza) grazie al movimento di una punta che non è una vera punta.

La differenza tra le due in campo è essenzialmente questa. Dunque il duello, anche a distanza, sarà tra Kean e Ferran Torres, tra un vero nove e un falso nove.

È la grande chance per Moise di dimostrare a Mancini che insieme a – o prima di – Belotti, Raspadori e forse persino Immobile c’è lui. Ferran Torres non avrà le stesse pressioni; o almeno lo speriamo.