Due vittorie su due. A prescindere da come siano arrivate, non si può dire che Gennaro Gattuso non abbia messo tutto se stesso per portare la pagnotta a casa. L’Italia è seconda in classifica e spera in un passo falso della Norvegia per poter addirittura cancellare l’onta del fallimento. A prescindere, la strada verso i playoff resta spianata. Per quanto possano farci paura, è un percorso legittimo per arrivare alla soluzione del problema. Che è questo: non andiamo più al Mondiale. Anzi: non è più scontato farlo, nemmeno con un girone sulla carta apparentemente semplice. E allora, si è ripartiti. Con delle sensazioni nuove, con un senso di appartenenza più forte. E con un’Italia che resta fragile com’è, perché quello non puoi toglierlo, non alla prima settimana.
Comunque, non può non essere promosso il CT. Che ha intanto trovato i sorrisi diffusi di chi si veste d’azzurro – e pure questi, ecco, non erano mica scontati -, ma soprattutto ha messo in fila dieci gol e ha stoppato le difficoltà offensive, diventando spregiudicato quando tutti gli chiedevano un atto di coraggio. Non solo: Ringhio ha riportato appartenenza, ha spronato i suoi, e sta provando a ricreare un gruppo che, se coeso, diventa parte fondamentale del tutto, la grande arma per ridurre il gap con le squadre e le selezioni che hanno nettamente più tecnica a disposizione. Ma in cos’è cambiata, realmente, l’Italia di Gattuso? Beh, in tre aspetti fondamentali. Il primo, naturalmente, è dettato dai numeri e sono quelli offensivi. Il secondo è il carattere, le reazioni sparse. Il terzo è l’orgoglio: è stato ritrovato.
Dieci gol fatti
Partiamo allora dal dato, ossia dai 10 gol fatti. Alla fine, due centravanti (più uno) Gattuso li ha trovati. Sono Moise Kean – autore di una doppietta contro Israele, e alla prima con l’Estonia era pure andato a segno – e Mateo Retegui, a sua volta in gol per due volte con gli estoni e bravo nell’assist per Politano, fondamentale per rimettere la testa avanti quando la paura stava prendendo il sopravvento. A loro si è aggiunto pure Jack Raspadori: è molto più di una ruota di scorta, è semplicemente quell’asset che tante Nazionali (forti) hanno a disposizione.
Gattuso può ripartire soprattutto da qui, dalla bravura dei suoi attaccanti, e ben supportati da esterni e centrocampisti. Insomma: da una squadra che sta riscoprendo il gusto di attaccare, senza perdersi nei timori di un’eccessiva spinta in avanti. Naturalmente, non sono tutti Israele: quelle mancanze non sempre saranno colmate. E non sempre sarà così facile arrivare alla rete.
Restiamo fragili, ma…
Restiamo fragili, dunque. Restiamo davvero in balia degli eventi, di quello che succede, e in fondo ce l’aveva detto pure la prima partita contro l’Estonia: quel primo tempo, nonostante nessun gol fatto e nemmeno uno subito, è una prova d’insicurezza, perciò di fragilità. Il prossimo passo di Gattuso sarà esattamente questo: scardinare alcune paure dai giocatori, privarli della sensazione di poter cadere da un momento all’altro, e diventare quindi più forti dei propri limiti. Sembra filosofia. E un po’ potrebbe pure esserlo.
A prescindere, ecco, com’è che si fa? Non servono libri sulla leadership, non serve tirare in ballo il 2006. Serve soprattutto guardarsi in faccia, gli uni con gli altri, e dirsi che attraverso una solida organizzazione si può tirare fuori tutto il buono che c’è in questa Nazionale. Ribadiamo: è solo l’inizio. E Gattuso ha raccolto macerie dall’era Spalletti.
Le novità
Tutto si riduce pertanto a questo: al senso di appartenenza. L’Italia è cambiata nel sistema di gioco, passando alla fluidità dei due moduli difensivi. La sensazione è che avere Calafiori al top possa essere un bel cambio di passo per gli azzurri, e si è visto nelle difficoltà contro Israele, contro cui il difensore dell’Arsenal è rimasto fuori, per certi versi inspiegabilmente. Ma alcune cose, tipo l’attacco a due, ha funzionato. Eccome. Così come ha funzionato rispolverare Politano sulla destra.
Dietro c’è però da crescere: Di Lorenzo resta una sicurezza, Bastoni pure (a prescindere dagli autogol), mentre sui centrali si potrebbe osare forse un po’ di più. Mancini è andato in difficoltà, eppure il parco centrali resta di livello assoluto: tornerà Scalvini, c’è Gatti. E in qualche modo c’è da fare spazio a Cambiaso: Dimarco è giustamente titolare, ma Andrea ha dimostrato di essere qualcosa in più, specialmente in fase offensiva.


