Vai al contenuto

L’Antico Testamento conosce due nomi per nominare il Creatore di tutte le cose: Elohim e Yahweh. Il primo, propriamente parlando, è plurale di El – Dio come forza che sta davanti (a tutto il resto) – secondo la consuetudine della lingua ebraica, che pluralizza il nome quando vuole dotarlo di una forza ulteriore. Il secondo è sopravvissuto al primo soppiantandolo in una seconda fase della storia d’Israele, quando Dio stesso si rivelò come Yhwh – il celebre tetragramma che indica l’appartenenza unica di questo Dio, Yahweh, al popolo israeliano («Io sono il tuo Dio», Yhwh).

La nascita di Jordi

C’è tanta teologia quando si parla di Cruyff – o Cruijff, più precisamente. Ma c’è anche un’intrinseca ambiguità, proprio come accade per Elohim – che può indicare ‘la divinità’ in generale. Pochi conoscono l’altro Cruijff, ma Johann non è stato l’unico calciatore della dinastia. Ne è stato origine e fonte primigenia, si direbbe ineguagliabile, e tuttavia non unica: da questo fiume ne è confluito un altro, dal nome Jordi.

Partiamo da qui, allora. 9 febbraio 1974. Johann Cruijff, campione straordinariamente luminoso all’Ajax del ‘Total Voetbal’ allenato e ideato da Rinus Michels tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, è arrivato al Barcellona dai Lancieri l’anno prima, nell’estate del 1973. Quel giorno è nato il suo terzogenito – il primo maschio della compagnia –, ed è a tal punto legato alla Catalogna da donargli un nome denso di significato presso quei lidi: Jordi, dal Santo patrono della città blaugrana al quale è associato il ‘giorno degli innamorati’ (un po’ come il nostro San Valentino, il 14 di febbraio). “Se vuole, può cambiarlo in Jorge”, gli suggeriscono i funzionari, “è l’unica variante che possiamo accettare”, ribadiscono con una certa violenza.

Ma Johann insiste, ridendo di quella legge così burocraticamente cieca: “Questi sono i documenti olandesi, con il nome Jordi, che vi piaccia o no. Fatevi una fotocopia. Se le persone mi dicono che non possono fare qualcosa, voglio almeno che sia giusto.” Così fu.

E come il padre, il cui acquisto da solo aveva fruttato al club catalano 55.000 abbonamenti, Jordi giocherà per il Barcellona, quando le gambe saranno cresciute e la testa, biondo cenere, sarà quella del campione.

Johann, salvatore e simbolo di Barcellona

Johann aveva riportato, nel 1974, il Barcellona sul tetto di Spagna dopo 14 anni – in un anno ricordato, oltre che per il titolo nazionale, anche per la ‘manita’ al Real Madrid: ciò che varrà a Cruyff il titolo di ‘El Salvador’. Col Barcellona aveva vinto il terzo Pallone d’Oro, rimediando alla delusione mondiale dello stesso anno, in finale contro la Germania Ovest, prima di lasciare la Catalogna tre anni dopo.

Nel 1978 infatti Johann Cruyff aveva cambiato moglie ed esigenze esistenziali, preferendo i diamanti alla gloria. Va negli Stati Uniti, poi – dopo aver giocato una partita al Mundialito per club col Milan – al Levante, in seconda divisione spagnola. Infine, Cruyff tornerà in Olanda all’Ajax, vincendo due titoli (e arrivando così ad un totale di otto Eredivisie vinte) e tradendo i Lancieri – possibile? certo, a Johann tutto è concesso – con gli odiati rivali del Feyenoord a 36 anni. Mentre Jordi cresceva in carattere e salute, palleggiando armoniosamente nei campi d’erba del quartiere Bijlmermeer di Amsterdam, papà Johann iniziava l’altro memorabile capitolo della sua indimenticabile carriera: quello nei panni dell’allenatore.

Guida l’Ajax dal 1986 al 1988 e il Barcellona dal 1988 al 1996, dandogli un’impronta protrattasi per decenni e tutt’ora vivissima con Xavi – erede di Pep erede di Cruyff, appunto. Il legame con la Catalogna non è però, come detto, una questione unicamente calcistica. Meglio: il calcio non è mai solo una questione calcistica. E infatti lo stesso Jordi, sull’origine del proprio nome dirà:

“Credo che dandomi questo nome, mio padre abbia voluto ringraziare i catalani per l’accoglienza che gli avevano riservato. Che io sia nato in Olanda è dovuto solo al fatto che mia madre voleva partorire nello stesso ospedale in cui sono nate le mie sorelle, ma dopo la nascita mi hanno immediatamente portato a Barcellona e ho sempre la sensazione che quello sia il mio luogo natale. La Catalogna mi ha dato le mie radici e questo è qualcosa che ho sempre sentito”.

Jordi Crujiff

Jordi: tanto talento ma poca costanza

In realtà, come per Yhwh e Elohim, Jordi più che la terra segue le orme del padre. Cruyff, Johann, aveva iniziato all’Ajax e si era definitivamente formato al Barcellona. Cruyff, Jordi, inizia all’Ajax e cresce al Barcellona.

Coi Lancieri parte dalle giovanili e qui rimane 7 anni: poi, quando papà Johann prende il comando delle operazioni in terra catalana, lui lo raggiunge nella Masia. È il 1988, e Jordi ha appena 14 anni. Debutterà con la prima squadra nel 1994, sei anni dopo. Nel dettaglio: contro Groningen e De Graafschap, in una doppia amichevole estiva, segnando due triplette. Il ragazzo porta con sé un nome pesantissimo, non semplicemente ingombrante ma, si direbbe, deleterio. Eppure non ha paura di dimostrare chi è. Jordi ha una tecnica sopraffina, e anche se non raggiunge le vette (divine) del padre, ha un senso del gol che Johann non aveva.

Quest’ultimo lo sa, e così decide di farlo debuttare il 4 settembre dello stesso anno nella vittoria 2-1 dei catalani contro il Gijon. Sembra per Jordi l’inizio di una carriera se non identica quantomeno vicina a quella del padre: quell’anno segna 9 gol in 28 partite, dimostrando di poter stare ai livelli più alti del calcio mondiale. Ma come Elohim non sopravviverà alla storia dei rabbi, così Jordi si perderà nel flusso floreale ma inconsistente delle ‘belle speranze’. Nel ’94 vincerà la Supercoppa di Spagna, nel ’95 invece giocherà appena 13 partite segnando la miseria di due reti. Il 18 maggio del ’96, Johann accusa problemi cardiaci che lo costringono ai saluti col club. E il figlio lo segue. Il loro è un destino intrecciato dai fili delle Parche.

A differenza di Johann, però, Jordi non giocherà mai in Olanda. Esordirà con la nazionale nel ‘96 – quando segnerà anche un gol agli europei di quell’anno – ma giocherà la sua ultima partita in maglia Orange nel mondiale francese di due anni dopo. Nel frattempo Jordi era volato in Premier, al Manchester United – dove ad un buon inizio farà seguire infortuni e delusioni sportive in sequenza ordinata – e aveva anche cambiato nazionale, scegliendo quella catalana.

Tra la storia e la leggenda – che spesso e volentieri anima certi ‘nomi’ – Ryan Giggs di lui dirà: “Tecnicamente è il miglior giocatore che io abbia visto a Manchester”.

Coi Red Devils vincerà due Charity (Community) Shield, due Premier e una Coppa Intercontinentale nel 1999. Passerà quindi all’Alaves, dove giocherà un’epica finale da protagonista in Coppa UEFA contro il Liverpool (finita 4-5 per i Reds ai supplementari dopo una straordinaria rimonta degli spagnoli), per poi approdare per una sola stagione all’Espanyol e chiudere infine la carriera lontano dal calcio che conta: prima al Metalurh Doneck e poi al Valletta, a Malta, dove inizierà la sua carriera di allenatore – ad oggi decisamente inferiore rispetto a quella del padre.

Il nome è tutto, anche quando chi lo porta non c’è più. Jhwh è resistito ad Elohim, oscurandolo. E Cruyff resterà per sempre Johann, con buona pace del buon Jordi.