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Quando l’Italia, nel 2006, vinse i Mondiali in Germania, giravano per le radio e le tv locali di Roma alcune spassosissime battute su Angelo Peruzzi. Il motivo? Aver vinto, lui laziale, proprio come Totti, capitano giallorosso, la Coppa del Mondo senza mai essere sceso in campo. Così, mentre er Pupone tornava stoicamente ed eroicamente alla ribalta del calcio italiano, dopo il terribile infortunio nel febbraio 2006, Angelo (di nome di fatto) veniva sbeffeggiato dai più per un traguardo raggiunto solo a livello statistico.

Lo scherzo, estendibile a qualsiasi altra formazione vincente della storia, trova il suo antenato illustre in una vicenda che è di gran lunga più incredibile di quella appena raccontata.

Portiere cercasi

È il 1986 e l’Argentina del neo-allenatore Bilardo si prepara ad affrontare la massima competizione figurando tra le favorite del torneo. Non è difficile immaginare perché. Pur mancando il dittatore Videla e la possibilità di ospitare i Mondiali in casa (come accaduto nel 1978), Dio ha comunque provveduto a dare una forte spinta all’Argentina: è in questa nazione, infatti, che è nato Diego Armando Maradona, semplicemente il più forte di tutti.

La sorte, comunque, sa giocare brutti scherzi. Lo sa bene Bilardo, che presentandosi dinnanzi a Maradona e compagni, decide di affidare al 10 del Napoli la fascia di capitano. Passarella, tra i più focosi e carismatici del gruppo, non la prende benissimo (eufemismo); con lui il portiere titolare, il Pato Fillol, che rompe con l’allenatore e non parte per la spedizione mondiale.

Alla vigilia di Messico 1986, dunque, l’Argentina assomiglia più ad una polveriera pronta ad esplodere definitivamente che ad una nazionale di calcio. L’esito, chiaramente, lo conosciamo tutti. Ma chi sostituì el Pato Fillol?

Il posto da titolare se lo giocarono Nery Pumpido del River Plate e Luis Islas dell’Estudiantes. Quest’ultimo, più esperto e anche più forte del primo, si vide scavalcare nelle gerarchie a causa della decisione non di Bilardo ma proprio di Diego Armando Maradona, legato fin dalla giovinezza a Pumpido. Comunque sia, mancava un terzo portiere.

La fortuna di Zelada

Arriva una strana telefonata al presidente della federcalcio argentina Julio Grondona. Dietro la cornetta c’è Emilio Diez Barroso, plenipotenziario presidente dell’America, di Città del Messico, e la sua richiesta suona più come un ricatto: convocare per l’Albiceleste il portiere proprio dell’America: Hector Miguel Zelada.

La ricompensa? Un’offerta che la federazione calcistica di sede a Buenos Aires, vista la crisi economica che l’attanaglia, non può proprio rifiutare: la struttura sportiva e i campi di allenamento riservati all’Albiceleste a titolo gratuito. La federazione accetta di buon grado, e da quell’accordo, infine, ne usciranno tutti felici. In primis Zelada, vincitore della Coppa del Mondo tanto quanto D10s, Diego Armando Maradona.

“Più che un giocatore mi sentivo la mascotte di quel gruppo – racconta oggi, quasi 63enne – sapevo comunque che cosa volesse dire festeggiare un trionfo allo stadio Azteca. Mi era capitato parecchie volte con la maglia dell’America. I miei nuovi compagni mi trattarono come se fossi uno di loro, semmai ero io sentirmi fuori posto. Però oggi posso dire di essere a tutti gli effetti un campione del mondo, come tanti altri che non hanno mai giocato un solo minuto in un mondiale. Mi sono documentato ce ne sono parecchi”.

Hector Zelada

Intanto Bilardo stava visionando un ragazzaccio antipatico ma fortissimo, che noi italiani ricorderemo in eterno: Sergio Goycochea, che porrà fine alle notti magiche degli Azzurri a Italia 90, nel successivo mondiale di calcio. Ma questa è un’altra storia, perché a partecipare al mondiale dell’86 sarà infine proprio Zelada.

Zelada, “el campeòn invisible”, negli anni ha lavorato come osservatore per conto dell’America, per il quale è una sorta di leggenda, ma è rimasto celebre per un recente episodio di cronaca, quando ha dovuto smentire la notizia della propria morte che si era diffusa rapidamente sui social. “Ringrazio tutti quelli che si sono preoccupati per me. Ora però dovranno sopportarmi ancora per parecchio tempo”.