Vai al contenuto

C’è un passaggio de La coscienza di Zeno che non può lasciare indifferenti: è quello nel quale Zeno Cosini, protagonista del romanzo, paragona una bella donna al dipinto di una battaglia.

Ma tra il racconto e la realtà c’è un’enorme differenza: il dipinto è fermo, immobile, innocuo. La vera battaglia è terrore puro, movimento frenetico. Dice Zeno Cosini, paragonando il quadro di una battaglia ad una bella donna, che anche questa – come quello – inganna se e quando (cioè sempre) abbagliati dalla sua bellezza estetica siamo portati a trasferirne lo splendore sul piano etico, morale, umano.

Detto altrimenti, il sentimento che si accompagna alla visione di una bella donna è sempre connesso con una sua idealizzazione. Proprio come quando osserviamo un (ben riuscito) quadro di battaglia: certo, possiamo avvertire il polemos, ma non possiamo viverlo davvero, è un’illusione.

Quella videocassetta che inganna

La storia di Fabio Junior alla Roma ha assunto gli stessi, spaventosi, contorni del racconto di Svevo.

Solo che al posto di una bella donna o di un quadro di guerra, l’oggetto del malinteso fu un VHS prodotto dal Corriere dello Sport, reo di aver illuso milioni di tifosi giallorossi – nonché, forse, lo stesso Sensi.

Il quale – sotto l’urgente richiesta di Zeman di un attaccante da affiancare a Delvecchio – aveva scartato insieme ai suoi dirigenti l’ipotesi Shevchenko (ma si era parlato in quella sessione di mercato anche di Trezeguet ed Henry) per assicurarsi le prestazioni di Fabio Junior, ventunenne attaccante del Cruzeiro.

Intervistato da chi gli chiedeva numi (tutelari) sull’esoso acquisto del brasiliano (per una cifra superiore ai 30 miliardi di lire + 2 di bonus), Sensi aveva risposto: “Questo qui è più forte di Montella”.

L’areoplanino era stato accostato alla Roma l’estate precedente, ma poi Sensi non aveva preso nessuno in quel ruolo. Montella arriverà l’anno dopo (1999-2000) sotto la guida di Fabio Capello, mentre Zeman si era dovuto accontentare di Fabio Junior da gennaio a fine anno.

Cinque mesi di autentica passione, che sarebbero però inspiegabili senza quel VHS del Corriere.

Il video in questione dura poco più di 17 minuti e mostra in modo sparso – senza una vera e propria logica nel montaggio – alcune giocate di Fabio Junior con la maglia del Cruzeiro.

Qui, infatti, il ragazzo di Minas Gerais (Raì) era esploso e si era fatto conoscere in Brasile grazie a 12 reti in 12 partite nonché al titolo di campione nazionale col Cruzeiro al termine di quella stagione. Di quei 12 gol, come mostrano – pur provando a mascherarlo – le povere immagini del VHS, almeno 5 Fabio Junior li segna dal dischetto.

Gli altri gol, se si fa eccezione per un colpo di testa e un bel tiro da fuori area dopo una serpentina al limite contro il River Plate, sono di una bruttezza (neanche banalità) sconcertante.

Il Fabio Junior reale e le promesse irreali

Fabio Junior è sgraziato, sembra sempre sul punto di fermarsi e chiedere il cambio al proprio allenatore. Quando controlla il pallone col destro, va a riprenderselo col sinistro – spesso perdendone il possesso, anche se il VHS taglia l’immagine sempre al momento giusto. Quando dribbla un avversario, non guadagna mai un tempo di gioco perché tende a tornare sui suoi passi.

In un’azione, addirittura, si ritrova a tu-per-tu col portiere avversario, ma il pallone gli rimane dietro (di un paio di metri) in seguito ad uno stop mancato, e l’azione svanisce nel nulla. La cosa che più di tutte rasenta il genio è la sfilza di passaggi all’indietro (ad un certo punto, il video si focalizza su un appoggio spalle alla porta con tanto di ralenti) e falli presi sui quali il VHS concentra il suo materiale – evidentemente scarno, per usare un simpatico eufemismo.

Il tutto è splendidamente incorniciato dai commentatori brasiliani, che sarebbero in grado di esaltarsi per una rimessa laterale – ed è proprio ciò che accade quando Fabio Junior segna un “golazo” di destro, in realtà una rete di una semplicità mostruosa a 2 metri dal portiere avversario –, e dalla voce fuori campo (italiana) che descrive la vita, la carriera e le caratteristiche di Fabio Junior.

Paragonato a Ronaldo in quanto “attaccante del Cruzeiro” (Ronaldo ci giocò fino a 18 anni, con numeri e colpi sensibilmente differenti) e “pelato” come lui, Fabio Junior è “più forte nel colpo di testa” e – udite, morite – “più mobile e completo”: Fabio Junior gioca infatti per i compagni, è in diverse zone del campo e questo il video in parte lo mostra.

Ma è quello che fa quando riceve il pallone che lascia seri dubbi. Non però all’ambiente giallorosso, che lo accoglie in massa a Fiumicino esaltato anche dalle prime parole dell’ex Cruzeiro alla stampa romana

Credo di essere l’attaccante brasiliano più forte in attività. Non so cosa giri nella testa degli altri quando dicono che Ronaldo è più forte di me. Io devo solo sapere di essere il più forte e di questo ne sono convinto. Prometto tanti gol. Sono veloce, rapido, devo solo sfondare in Italia

Fabio Junior

Di certo, al ragazzo non manca l’autostima. Ma Zeman, dopo un paio di settimane, lo brucia: “Non sa fare quasi niente e non ha la minima voglia di imparare”.

Gli scarsi risultati alla Roma

Fabio Junior in realtà prende un palo all’esordio col Venezia e segna in casa contro la Sampdoria (3-1, in panchina nei doriani un già incazzato Spalletti). Nella follia collettiva che pervade un po’ tutti – la massa non vuole accettare l’idea di catastrofe – anche Zico dice che “Fabio Junior può spostare gli equilibri”.

Totti, tenendosi saggiamente più low-profile, confessa che il compagno di reparto “ha una grande dote: gioca semplice”. Dopo il gol alla Samp, però, fa male le cose semplici e le cose semplici iniziano a far male – a lui, come a tutto l’ambiente, che prende piano piano consapevolezza di quell’incredibile abbaglio.

Lui assicura che il clima influisce, e tornerà più forte col primo caldo (aprile?), ma l’altro gol lo segna all’ultima fermata del campionato contro il Vicenza (in un 4-1 col quale Zeman si lascia definitivamente da Sensi e dalla Roma).

L’anno dopo, Capello vorrebbe cederlo ma nessun club vuole accollarsi il brasiliano. Segna al Goteborg in Coppa UEFA, poi tre giorni dopo anticipando Orlandoni in uscita sigla lo 0-3 (0-4 finale) sulla Reggina a Reggio Calabria.

Sui giornali c’è ancora qualche folle danzante intento a salvare l’insalvabile: «Il brasiliano sembra un’altra persona: “Ho sempre detto che per dimostrare il mio valore dovevo giocare. Voglio ringraziare i miei compagni perché mi hanno aiutato tantissimo. Hanno dimostrato tanto affetto quando mi hanno festeggiato in occasione del gol. Adesso mi sento più tranquillo”».

Aldair dice che «sarebbe ora che Fabio paghi da bere. Adesso chi lo ferma più», si legge su Repubblica. Ma la sua carriera alla Roma, e nel mondo, termina davvero con quella rete alla Reggina.

Fabio Junior tornerà in Brasile, poi andrà in Portogallo, negli Emirati Arabi, in Israele, Germania, Giappone.

Gira il mondo, e il mondo se lo rigira. Stanco di stancare, a 40 anni si ritira. Di lui non è rimasto granché, se non l’icona del Bidone per eccellenza.

Il parametro senza tempo col quale confrontarsi parlando di grandi fallimenti calcistici. Di illusioni catastrofiche.