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Juve e Milan. Milan e Juve. Le squadre più vincenti d’Italia che tornano a sfidarsi, per un rito da rinnovare ogni anno – a prescindere da ogni tentativo di Superlega o simili – e che raccoglie sempre così tante storie. Un nome a caso: quale sarà il destino di Gigio Donnarumma?

Chissà che il portiere classe ’99 non rischi di finire in una di queste lunghe, meravigliose, ricche liste di doppi ex. In mezzo a giocatori che hanno vinto tutto – e che spesso hanno conservato il favore dei tifosi -, senza mai legarsi visceralmente a una sola maglia sotto un’unica bandiera.

Milano e Torino: le città del talento. Pronti a tuffarvi nei ricordi?

Portieri

  • Abbiati: dal Monza al Milan, facendo la storia (spesso da secondo). Arriva alla Juve dopo 7 anni di militanza rossonera, come “indennizzo” per l’infortunio di Buffon subito al Trofeo Berlusconi. Sarà una grande stagione, culminata con lo scudetto – poi revocato per Calciopoli – e la grande rivincita proprio sul suo Milan. Dove ritornerà nel 2008 per altri 8 anni da leader e capitano.

Difensori

Gianluca Zambrotta con la maglia della Nazionale nel vittorioso Mondiale 2006
  • Vierchowod: dopo 12 anni e la storia della Samp costruita anche sulle sue prestazioni, Vierchowod arriva alla Juventus nel 1995: è l’anno della Coppa Campioni, che con la Doria aveva solo sfiorato qualche anno prima. Bene per i risultati, non benissimo per le prestazioni. Dopo sei mesi al Perugia, metà annata al Milan. Era il 1997: aveva già 38 anni.
  • Zambrotta: Como, Bari e la grande svolta Juventus. Dal 1999 al 2006, da esterno d’attacco a terzino. Una finale di Champions e gli scudetti più emozionanti: lascia Torino dopo la sentenza Calciopoli, attirato dalle sirene del Barcellona. Due anni in Spagna, poi il ritorno in Italia e proprio al Milan, che cinque anni prima gli aveva sottratto la Coppa a Manchester. Quattro stagioni: dal 2008 al 2012.
  • Legrottaglie: due vite in bianconero. La prima dal 2003, dopo due stagioni super al Chievo: sarà uno dei comprimari di livello, senza mai passare dalla parte dei titolari. Bologna e Siena come ‘prestiti formativi’, ritorna in bianconero in Serie B, dal 2006. L’inizio stentato e poi l’affermazione, fino all’addio nel 2011, poco prima del ciclo scudetto. Al Milan è sfortuna pura: scontro duro con Kozak e va a terra, senza mettere più piede in campo ma vincendo ugualmente uno scudetto.
  • De Sciglio: il preferito di Allegri. Che infatti da ragazzino prodigio del Milan (con all’attivo 110 presenze in 6 stagioni) lo porta con sé alla Juventus nel 2017. Tre anni dignitosi. Ora è in prestito al Lione.
  • Bonucci: il grande smacco del 2017 resterà per sempre nella memoria dei tifosi juventini, che un po’ di tempo l’hanno impiegato per perdonare Leo Bonucci. Cresciuto all’Inter, passato al Treviso, quindi al Pisa e infine al Bari, arriva alla Juventus nel 2010. Un anno di purgatorio e le vittorie, copiose. Litiga con Allegri nella stagione più dura, 2016-2017, che termina con la delusione Cardiff e con il “tradimento” di Bonucci. Un anno al Milan, da capitano, salvo poi tornare sui suoi passi già nell’estate del 2018.

Centrocampisti

L’arcigno Romeo Benetti colonna anche della Nazionale azzurra
  • Benetti: il calcio degli anni Settanta e un carrarmato che faceva invidia a tutti. La Juve lo prese ancora acerbo, era il ’68. Un anno di prove, poi la Samp e quindi l’esplosione al Milan, dal 1970 al 1976. Benetti tornò alla Juve proprio dal 1976 al 1979.
  • Capello: Juve e Milan, sempre e solo nel suo cuore. Insieme alla Roma, chiaro. Squadre che hanno fatto la sua fortuna anche da allenatore. Perché se don Fabio è l’idolo della tifoseria juventina dal Settanta al Settantasei, dal Settantasei all’Ottanta chiude alla grande la sua carriera al Milan. Da cui parte la vita in panchina e con cui le prime vittorie sono già storie. Alla Juve dal 2004 al 2006, due scudetti cancellati da Calciopoli.
  • Davids: quella trottola dell’Ajax che faceva gola a tutti. E che prese il Milan, nel ’96. Un anno difficile, poi la svolta chiamata Juventus: sono 7 anni a rincorrere avversari e a fornire assist. Entrando di diritto nella storia bianconera.
  • Vieira: come Davids, una grossa promessa che però sotto le lenti rossonere non riusciva a mantenere. Lo prese l’Arsenal e ne fece il perno degli Invincibili, 9 stagioni di un livello strepitoso. Nel 2005, il guizzo della Juventus: ma dura appena un anno, l’ultimo prima della tempesta Calciopoli.
  • Pirlo: capitoli scritti e tanti ancora da scrivere. Andrea Pirlo, dal 2001 al 2011 è il simbolo del Milan tosto, forte ma soprattutto talentuoso. Che in Italia e in Europa fa la voce enorme per un intero decennio. Non è un caso che il suo addio ai rossoneri e il passaggio – a parametro zero – alla Juventus coincida con il passaggio di testimone dei due cicli più importanti degli ultimi anni. Dal 2011 al 2015 vince scudetti e coppe in bianconero; sfiorerà la Champions, però vinta due volte a Milano, nell’ultimo atto ufficiale con la Juve. Ah, la stessa Juve di cui oggi è allenatore, alla primissima esperienza dall’altra parte.
  • Emerson: il Puma. Che non perdonava. E che fece le fortune della Roma, dalla quale Capello decise di portarlo con sé in direzione Torino. Pure qui: l’addio arriva dopo Calciopoli. E il Milan? Ancora dopo Capello, nel frattempo al Real Madrid. Due anni in rossonero, per concludere alla grande.
  • Aquilani: la grande promessa della Roma, ma appena cinque stagioni in giallorosso, schiacciato sotto il peso delle aspettative. Va al Liverpool per un anno, lo chiama la Juve nel 2010 e il Milan nel 2011. Entrambe ottime stagioni, ma non bastano per il riscatto.

Attaccanti

paolo rossi nazionale 82
L’indimenticato Paolo Rossi con la Nazionale nel Mundìal 82
  • Altafini: immagini di due vite profondamente diverse. La prima di Altafini in Italia, dal 1958 al 1965, racconta di un bomber senza pietà e senza tempo. L’avventura alla Juve, dal 1972 al 1976, quella di un usato garantito. E alla Famiglia dell’impresa per eccellenza, sembrava di sognare a occhi aperti.
  • Rossi: quattro anni alla Juventus dopo la trafila delle giovanili. Paolo divenne Pablito proprio sotto i colpi in bianconero, e da campione del Mondo si fece pure campione d’Europa, nonostante la tragedia. Dalla Juve non sarebbe mai andato via, ma l’occasione con il Milan era ghiotta e il mercato nel 1985 era un’altra storia. Un anno in rossonero, il penultimo della carriera: 2 gol in 20 presenze. Difficili.
  • Virdis: baffo di rappresentanza al Milan, che di sicuro onorò molto di più della Juventus. Del resto, nel 1977, quando atterrò sul pianeta bianconero, aveva appena vent’anni. E in tre stagioni mise insieme solo 8 gol in campionato. Un anno in prestito al Cagliari e un altro a Torino, nel 1982: nove reti in 30 partite (ma niente Nazionale). Al Milan dal 1984 dopo un passaggio all’Udinese: 54 gol in 135 gettoni.
  • Serena: una vita all’Inter e brevi interregni alla Juventus (1985-1987) e al Milan, dal 1991 al 1993. Riuscì a farsi voler bene da tutti e in particolar modo dai bianconeri: a Torino segnò 21 gol in poco più di 50 partite. Nella Milano rossonera, dopo le tante vittorie interiste, proprio non andò come aveva sperato…
  • Baggio: l’estate del 1990, il passaggio alla Juventus, le difficoltà legate a una sensibilità fuori dal comune. Eppure Roby Baggio è stata una delle stelle più lucenti della storia bianconera, con 78 gol all’attivo in 141 presenze. Il Milan lo accolse nel 1995, mettendolo al centro di un attacco semplicemente spaziale: vi rimase per due anni, finendo per dare un contributo più marginale rispetto a Weah e Savicevic.
  • Di Canio: aveva stupito tutti con i suoi colpi alla Lazio. E nel 1990, in preda alla rivoluzione, la Juve riuscì a portare a Torino anche quest’attaccante solo apparentemente di periferia. Nonostante Baggio, l’arrivo poi di Vialli e le pressioni di un attacco strepitoso, Di Canio riuscì a ritagliarsi uno spazio, prima di andare in prestito al Napoli nel 1993. Un anno di gol e un paio al Milan, dove trova Capello (con il quale litiga) e scarsa continuità.
  • Inzaghi: sembrava la coppia destinata a durare in eterno. Inzaghi e Del Piero, Del Piero e Inzaghi. Dal 1997 al 2001, sono inseparabili e da Torino piovono soltanto gol. 57 in 120 partite, un’enormità. Poi? La chiamata del Milan, e Pippo non ci pensa due volte: 11 anni di emozioni e vittorie. Pure da allenatore, quando nel 2014-2015 raccoglie una squadra in difficoltà e prova a rianimarla.
  • Vieri: il primo Vieri e l’ultimo Bobo, dopo la sofferta separazione dall’Inter. La Juve riuscì a godersi l’esplosione nel 1996, ma solo per un anno (anche qui: il litigio con Lippi è storico); nel 2005-2006, dopo sei stagioni strepitose con la parte nerazzurra di Milano, aggancia il treno rossonero per sei mesi, con lo scopo di rientrare nei ventitré del Mondiale in Germania. Nulla da fare: un solo gol, e uno stato di forma difficile da commentare, fecero la differenza.
  • Borriello: corsi e ricorsi storici, tantissime squadre cambiate, eppure il Milan è sempre rimasto nella sua orbita. Nel 2002, i rossoneri lo presero dal Treviso, quindi il prestito all’Empoli per poi riprenderlo nel 2003. Reggina, Samp e ancora Treviso, prima del 2006 a Milano e dell’esplosione al Genoa nel 2007. Tutto questo per… tornare al Milan, dove realizza 15 gol in 37 partite dal 2008 al 2010. E la Juve? Sì, in tutto questo, nel 2012 per sei mesi è l’attaccante di scorta di Conte, che lo utilizza negli spezzoni decisivi delle partite che non riescea sbloccare. Ricordate Cesena-Juventus?
  • Ibrahimovic: uno degli orgogli più forti di Luciano Moggi, che pure qualche giocatore in carriera l’ha preso e reso grande. Zlatan no, va oltre ogni percorso immaginato. Del resto, nel 2004 aveva appena 23 anni e Del Piero-Trezeguet da battere. Due anni in bianconero con lo strapotere che l’ha sempre contraddistinto, poi Calciopoli e la scelta Inter e l’addio per Barcellona. Il Milan lo riporta in Italia nel 2010: due anni stratosferici, con uno scudetto cucito sul petto firmato dai suoi colpi. Nel 2020, quando la sua carriera sembrava chiusa da un pezzo, il ritorno a Milano e un’altra storia arricchita da gol ed emozioni.
  • Matri: la grande promessa del Milan primavera, finito al Cagliari dopo tanto peregrinare ed esploso lì, sotto il mito di Gigi Riva. Quattro anni stupendi in Sardegna, quindi la chiamata della Juventus, con la quale si dimostra e conferma bomber implacabile. Resta due anni: i rossoneri lo richiamano e pagano a peso d’oro. Durerà un anno e… un gol. Rientrando alla Juve nel 2015, firmando il gol decisivo per la prima Coppa Italia dell’era Allegri, allenatore al quale si è indissolubilmente legato dai tempi del Cagliari.
  • Higuain: River Plate, Real Madrid, Napoli. Ovunque sia andato, Gonzalo Higuain ha fatto gol e storia dei rispettivi club. La Juve, alla ricerca di un bomber di dimensione europea, lo pagò oltre 90 milioni nel 2016: e il Pipita fu decisivo, il primo anno più del secondo, per gli scudetti e per quella finale di Cardiff ancora nei suoi sogni. Nel 2018, complice l’arrivo a Torino di Cristiano Ronaldo, i bianconeri decisero di cederlo in prestito al Milan: durò appena sei mesi, con 6 gol in 15 partite. Dopo altri 6 mesi al Chelsea, torna a Torino dove ritrova Maurizio Sarri, l’artefice del Napoli dei (suoi) record: insieme vinceranno lo scudetto del 2020.

Allenatori

  • Pioli: in pochi ricorderanno, ma l’attuale tecnico del Milan è molto legato alla Juventus. Il motivo? Era uno tra i migliori stopper della sua generazione. Tre stagioni della sua carriera le ha passate alla Juventus, dal 1984 al 1987 (era il sostituto di Scirea, preso sotto la sua ala protettiva). Il Milan è un intervento d’emergenza nell’ottobre del 2019. Che diventa certezza nel 2020 dopo risultati straripanti e destini solo all’apparenza ormai scritti…
  • Trapattoni: non aveva mai allenato (se non qualche apparizione da vice) e nel 1975 gli venne affidata la panchina del Milan. Così nasce l’epopea del Trap, che in rossonero ci aveva giocato dal 1957 al 1971, facendo di fatto la storia del club. Un anno, il Settantacinque, in cui imparò tantissimo. In cui soprattutto si accorse di lui la dirigenza della Juventus, dove approda dal 1976 fino al 1986. Vincendo tutto. Abbandonando per l’Inter. Tornando per un moto d’affetto nel 1991, fino all’addio nel 1994.
  • Ancelotti: cinque anni da giocatore nel Milan più forte della storia. Era il 1987 e la missione terminò nel 1982. In panchina? Prima la Juve: due anni complicati dal 1999-2001, con la beffa Perugia mai completamente digerita. Dal 2001 al 2009, la più grossa rivincita: prende un Milan stropicciato e inaugura un ciclo stellare, con la vittoria di Manchester del 2003 contro la Juventus come personalissimo messaggio ai detrattori.
  • Zaccheroni: l’Udinese dei miracoli non divenne il Milan della sostanza. Però quello scudetto, in un 1999 assurdo per mille versi, resta la medaglia al petto più bella. Di sicuro la più lucente nei tre anni alla guida dei rossoneri. La Juve? Qualche partita nel 2010, subentrando a Ferrara, senza lasciare il segno.
  • Allegri: in attesa di capire se ci sarà un altro capitolo da scrivere, il Max del Milan e della Juventus si può riassumere con un vocabolo. Ossia ‘vincente’. Sì, perché fa centro nel primo anno al Milan, il 2011; tre stagioni particolari e poi l’occasione Juventus, con Conte infuriato in direzione Nazionale. Cinque scudetti in cinque anni, quattro Coppe Italia di fila, due finali di Champions. E in futuro…