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Il 27 marzo del 1983 è uno di quei giorni destinati a rimanere indelebili, nella storia di una rivalità cittadina come quella tra Juventus e Torino. Quel giorno, infatti, andò in scena una delle rimonte più veloci e inimmaginabili di sempre.

Torino-Juventus 3-2: la rimonta del cuore per i tifosi granata

La domenica delle palme, si gioca la giornata numero 24 in Serie A. La Roma, capolista a 34 punti, è di scena al Franchi di Firenze. La Juventus, seconda a 31, è impegnata nel Derby della Mole. A quel tempo, la caratura di Toro e Viola era abbastanza simile, essendo entrambe nel gruppo delle legittime inseguitrici (Toro 5° a 27, Fiorentina sesta a 26). Dunque, non si può proprio dire che si tratti di un turno favorevole né ai giallorossi né ai bianconeri.

Tuttavia, al Comunale di Torino le cose paiono mettersi subito bene. Trapattoni regala a Roberto Bettega l’ultimo derby da titolare, prima della partenza già prevista con direzione Canada. Trapattoni schiera una Juve titolarissima, la stessa che qualche mese dopo avrebbe giocato la maledetta finale di Coppa Campioni contro l’Amburgo: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi, Platini e Boniek.

Dall’altra parte, Eugenio Bersellini presenta il suo classico Toro, con il poeta Terraneo in porta, Galbiati libero con Danova stopper, Van De Korput e Beruatto sulle fasce, mediana con Zaccarelli e Dossena, Torrisi ala destra, Hernandez più avanzato, in assistenza di Borghi e Selvaggi in avanti.

Rossi fa il Rossi

La Juventus parte forte e va in vantaggio con un gol di Pablito Rossi, “alla Rossi”: da splendido opportunista, a infilarsi in un goffo malinteso fra Van De Korput e Terraneo, beffando il portiere con un tunnel. Il Toro prova a comandare la partita, ma la Juventus è temibile di rimessa, come si diceva una volta per le squadre che si chiudono e rilanciano l’azione.

Platini sembra chiuderla

Al minuto 65, Boniek manda al bar Zaccarelli in area e il pure esperto Renato non può fare a meno di cascarci: Rosario Lo Bello comanda il calcio di rigore. Sul dischetto si presenta sia maestà Michel Platini, il che equivaleva a poco meno di una sentenza. Incredibilmente, Le Roi sbaglia. Anzi, più che sbagliare tira malissimo, rasoterra e quasi centrale. Terraneo para ma non trattiene, e Platini è almeno lesto a riparare al proprio errore, ribadendo in rete.

Il “Cuore Toro” e i 5 minuti di follia

Con la Juve in vantaggio 2-0 a meno di mezz’ora dal termine, la partita sembra già decisa. Ma così non è, per merito di quel famoso “cuore Toro” che oggi pare un pallido ricordo, ma che allora era davvero una sorta di componente del DNA della squadra granata.

Una certa svogliatezza della retroguardia juventina si percepisce al minuto 70, quando dalla destra Galbiati crossa più per dovere che per convinzione. La palla arriva sul secondo palo, dove Dossena si inserisce con grande tempismo ma in completa solitudine, incrociandola di testa a battere Zoff.

Il gol appare come un incidente di percorso, ma non è così. Dopo due minuti, al 72′, si ripete una scena quasi identica ma sulla fascia opposta. Stavolta è il terzino Beruatto a crossare, mettendo una palla bella e tesa sulla quale si avventa Alessandro Bonesso, attaccante ventunenne prodotto di quello che allora era il vivaio migliore d’Italia. Bersellini lo aveva gettato nella mischia un quarto d’ora prima per l’impalpabile Borghi, e il ragazzo ripaga la fiducia con un colpo di testa che vale il 2-2.

Il Comunale è impazzito da un lato, stranito dall’altro. Ma non è finita.

Passano più o meno altri due minuti, qualcosa in più. Giusto il tempo per il Toro di riconquistare la palla e ripartire a testa bassa. La Juve è letteralmente ai paletti, come si dice. Così, Zaccarelli dalla trequarti vede libero Van De Korput sulla destra. Il terzino olandese fa la prima cosa giusta della sua partita, perché vede Fortunato Torrisi da solo ai 13 metri e lo serve con un cross morbido. L’ala calabrese originaria di Melito Porto Salvo (RC), una carriera in piazze belle ma secondarie come Como, Pistoia, Siracusa e Ascoli, si lascia andare a un gesto plastico, una semirovesciata che rimbalza sul terreno prima di battere Zoff sul primo palo.

Torrisi, ignaro idolo dei ragazzi

Un gol bello, bellissimo. Chi vi scrive, da tifoso juventino al tempo ancora bambino, ne ha un ricordo indelebile. Allora non si seguivano le partite in diretta in tv, ma solo alla radiolina. Per le immagini bisognava attendere Paolo Valenti e il suo 90′ minuto. Quella mezza rovesciata, che probabilmente costò lo scudetto alla Juve e ne cucì una parte sulla casacca della Roma, divenne uno dei gol più imitati da noi bimbi, quando ancora si giocava in piazza per interminabili ore. Non importava chi lo avesse segnato e per quale squadra: ciò che contava era solo la bellezza del gesto. E tante natiche finirono sul cemento, cercando di imitare Fortunato Torrisi. Ma lui, probabilmente, non lo ha mai saputo.

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