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Ogni successo in campo sportivo, ha bisogno di diversi elementi per essere concretizzato. C’è bisogno di qualità e talento, certamente, così come di applicazione e impegno. Ed è parimenti necessario avere quella giusta dose di fortuna, specie in eventi dove ci si gioca tutto in novanta minuti da dentro o fuori.

Ecco, nella vittoria della Danimarca al Campionato Europeo di calcio del 1992, c’è tutto questo e anche qualcosa in più. Una sorta di predestinazione, di destino. Cominciato ancora prima dell’evento in questione, a cui per la verità, i danesi sono arrivati solo in seguito a un amaro ripescaggio.

Le qualificazioni: beffa all’italiana

Le qualificazioni per quel campionato europeo, sancirono qualche conferma assoluta ma anche qualche verdetto a sorpresa. La Francia si presenta come la grande favorita, grazie a otto vittorie ottenute in altrettante partite (pure in un girone difficile con Cecoslovacchia e Spagna), mentre qualche incertezza in più sulle altre qualificate, dalla Germania all’Olanda, passando per l’Inghilterra che ha rischiato l’eliminazione in un gruppo non certo complicatissimo (con Irlanda, Polonia e Turchia).

L’Italia dal canto suo, arrivava come terza ai mondiali (e sarebbe poi arrivata in finale anche a quelli successivi), ma non era riuscita a centrare nemmeno la qualificazione finendo clamorosamente alle spalle dell’Unione Sovietica. Discorso simile anche per la Danimarca, ad un punto di distanza dalla Jugoslavia che si aggiudica il pass per gli Europei.

Questo almeno, il risultato sul campo. Perchè la politica e la guerra nei balcani di quel periodo, stravolgono la geografia delle protagonista europee. L’Unione Sovietica si smembra e verrà ammessa solo come C.S.I. (Comunità degli Stati Indipendenti), lasciando così a casa l’Italia. Diverso invece l’epilogo per la Jugoslavia, che viene squalificata dal campionato lasciando spazio proprio alla Danimarca, seconda nel girone.

Le otto squadre a partecipare quindi, furono Francia, Inghilterra, C.S.I., Scozia, Olanda (campione in carica) e Germania come vincitrici dei rispettivi gironi, la Danimarca ripescata e la Svezia come paese organizzatore.

La linea di partenza dell’Europeo

Alla partenza per la Svezia, nessuno pensa ancora alla possibile favola dell’Underdog protagonista. C’è prima di tutto tanto dolore e amarezza, perchè mentre ci si gioca un campionato, nel cuore dell’Europa c’è chi combatte per la vita.

Ma fuori da ogni retorica, al torneo la Francia si presenta al meglio con Michel Platini a fare da guida al talento dei vari Papin e Cantona, forte di qualcosa come 19 partite senza sconfitte (le ultime otto delle quali condite da sole vittorie). Solo la Germania sembra sulla carta poter competere, pure se completamente rivoluzionata rispetto a quella che solo due anni prima aveva vinto il Mondiale in casa Italia (e con Matthaus lasciato a casa per infortunio).

Anche Gascoigne non può dare man forte alla sua Inghilterra, mentre per l’Olanda molto sembra affidato alla buona forma di Dennis Bergkamp e del consolidato talento di Van Basten, Koeman e Gullit.

Resta una Scozia che può già festeggiare anche solo per essere arrivata per la prima volta in assoluto alla fase finale di un Europeo, una C.S.I. che parimenti può già essere contenta per il solo fatto di esserci e le due nazionali del nord: la Svezia della nuova generazione in crescita come i vari Ekstrom, Eriksson e Brolin e proprio la Danimarca, che però dovrà anche fare a meno del suo giocatore di riferimento, Michael Laudrup, rimasto fuori per problemi “interni” con l’allenatore Nielsen (e con il fratello Brian che tentò vanamente di convincerlo a rientrare).

Le prime sorprese

Il sorteggio assegna alla Danimarca un girone quasi impossibile, con i favoriti francesi, i padroni di casa della Svezia e anche l’Inghilterra. Proprio i leoni inglesi sono i primi avversari Richard Moller Nielsen, che imbavaglia la potenza offensiva di Lineker e compagni portando a casa un pareggio a reti bianche in apertura.

Anche la Svezia ferma la Francia sul 1-1, presentandosi così alla pari a Solna, dove però i padroni di casa riescono a sbloccare la partita con un gol di Brolin, aggiudicandosi i due punti che li proiettano in vetta alla classifica.

Il pareggio ancora a reti inviolate tra Francia e Inghilterra, lascia però aperta una porticina per la Danimarca, che deve a quel punto battere la Francia e al contempo sperare che l’Inghilterra perdesse contro la Svezia. Due concomitanze non proprio facili da esaudire.

Non che francesi e inglesi stessero mostrando un gran che in questo torneo, anzi. Nessuna delle due sembrava riuscire a proporre qualcosa di sensato dal punto di vista tattico, soprattutto nella fase offensiva che pure aveva fior di talenti a disposizione.

Ed è così che contro la Danimarca, i transalpini si sfaldano dopo il vantaggio immediato di Larsen, rischiando più volte il colpo finale. Ci pensa Papin con una delle rare giocate offensive a rimettere in pareggio l’incontro e dare il via all’assedio francese. Tanta volontà, ma anche tanta imprecisione, che regalano la ripartenza danese con tanto di gol di Elstrup a dodici minuti dalla fine.

Metà dell’opera era compiuta, mentre per l’altra metà ci pensò Brolin al 82° a mettere la Svezia avanti per 2-1 dopo che Platt aveva portato avanti gli inglesi e Eriksson pareggiato al cinquantesimo. Le due grandi favorite, Inghilterra e Francia, escono mestamente di scena, lasciando la ribalta a una Svezia in festa e alla Danimarca che ora sembra cominciare a crederci.

Soprattutto perchè dall’altra parte, non è che si siano viste poi grandi cose. L’Olanda passa il turno come prima classificata grazie alla netta vittoria proprio contro i tedeschi (un 3-1 che è forse l’unica partita degna di nota di tutto questo primo turno) ma Klinsmann e soci che vengono graziati dalla Scozia che battendo 3-0 l’ex Unione Sovietica, gli evita la clamorosa eliminazione.

Si fa sul serio: le semifinali

Fino a questo punto, bisogna dirlo, non un grande europeo giocato dalle partecipanti. Ora però non si può più sbagliare, con le partite da dentro o fuori ci si gioca tutto nei novanta minuti (più eventuali extra).

Si comincia con la Svezia che prova il colpaccio contro i tedeschi, che partono però meglio e vanno sul 2-0 quando siamo al 60°. Solo allora la reazione dei padroni di casa, con il gol del solito Brolin che riapre l’incontro al 64° e Riedle che regala il 3-1 alla Germania tirando un sospiro di sollievo. C’è tempo anche per il 3-2 di Andersson al novantesimo, con l’assedio finale che resta solo nelle intenzioni.

Tutto lascia quindi pensare a una finale tra l’Olanda e la Germania, con la Danimarca a fare ormai solo da terzo incomodo. E invece ecco la partita che non ti aspetti. Larsen porta in vantaggio la Danimarca già dopo cinque minuti, con Bergkamp che trova il pareggio dopo venti minuti circa.

Il canovaccio però non cambia ed è ancora la Danimarca a portarsi avanti, sempre con Larsen che dopo l’esperienza negativa a Pisa (trovando la retrocessione) sembra davvero sugli scudi. L’Olanda è spalle al muro, nonostante schieri tutta la sua forza offensiva con Van Basten là davanti e ricevere preziosi palloni da Bergkamp, Koeman e Rijkaard.

Mancano cinque minuti alla fine quando e il miracolo sembra quasi compiuto. Ci pensa però il milanista Rijkaard a fare suo il pallone in una mischia in mezzo all’area e scaraventarlo alle spalle di Schmeichel. Siamo sul 2-2 con i tempi regolamentari ormai chiusi.

Ad aggravare la situazione, l’infortunio terribile di Andersen che mostrava in diretta televisiva il dramma di un ginocchio distrutto, lasciando spettatori e soprattutto compagni di squadra, allibiti.

Ci pensa, per loro fortuna, Schmeichel a tenere vive le speranze danesi, parando tutto il parabile durante i supplementari dove l’Olanda sembra ormai l’unica in campo. Ma nè Gullit, nè Van Basten, riescono a superarlo. Si va ai rigori.

Dal dischetto si presentano tutti i cecchini orange, ma sono invece i danesi gli infallibili: cinque rigori, cinque reti. Dall’altra parte invece, è il più insospettabile a sbagliare il tiro: Van Basten, con Schmeichel a parare il pallone basso.

La Danimarca, che ci crediate o no, è campione d’Europa.

E dopo la vittoria, si cambia

Il successo della Danimarca è quello di un torneo che ancora lasciava qualche spazio all’imponderabile. In questo caso sono stati necessari eventi in successione dal valore probabilistico piuttosto elevato, oltre che il destino amaro di una guerra che ha rivoluzionato le gerarchie europee (non solo calcistiche).

Ma segna anche una sorta di mezzeria tra ciò che è stato e quel che sarà. L’europeo da allora ha sistematicamente aumentato il numero di squadre partecipanti (già dal ’96 divennero 16 e poi via via in crescendo), così come nel calcio fu introdotta la regola dei tre punti a vittoria che stravolse di fatto la strategia di gioco (nonchè la regola del divieto del retro passaggio al portiere, cosa di cui la Danimarca abuso proprio in quella finale).

Insomma, cambiò davvero molto se non tutto. Tranne che per vincere un torneo, serviranno sempre un paio di cose tutte insieme: il talento, la volontà, il coraggio, la forza e un pizzico di fortuna (o tanta, a seconda dei casi).