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Il mondiale del 1966 è rimasto nella storia del calcio per tanti motivi. Ancora oggi che l’unico vinto dall’Inghilterra (che giocava in casa), anche se di quella finale contro la Germania si ricorda soprattutto il “gol fantasma” che regalò agli inglesi la vittoria nei supplementari.

Un torneo che ricorda anche una delle pagine più tristi del calcio italiano, con l’eliminazione ai gironi ad opera di una Corea del Nord che, proprio in quell’occasione, ottenne il suo risultato più prestigioso (mai nessuna squadra del continente asiatico era riuscita ad arrivare al tabellone a eliminazione diretta).

Il mondiale del 1966: prologo

Sedici le nazionali che parteciparono in quella stagione al mondiale di Inghilterra, con il Brasile da super favorito dopo aver vinto entrambi gli ultimi due campionati del mondo, trascinato dalla stella di Pelè.

Occhi rivolti anche sui rivali dell’Uruguay, così come sull’altro fenomeno Eusebio in forza al Portogallo, oltre a una fortissima Unione Sovietica che negli ultimi anni si era conquistata un posto di rilievo in Europa con due finali di fila nel torneo continentale (una vinta e una persa).

Poi c’era l’Italia, guidata da Edmondo Fabbri che si era portato dietro lo zoccolo duro del Bologna vincitore dello scudetto ’64, la solida difesa dell’Inter, oltre al duo di fantasisti Rivera e Mazzola. Proprio gli azzurri vengono sorteggiati in un girone piuttosto complicato dove affrontano il Cile (terzo nel mondiale precedente), l’Unione Sovietica (recente campione d’Europa) e la Corea del Nord, al suo esordio assoluto ed arrivata in Inghilterra non senza polemiche.

L’arrivo della Corea del Nord ai mondiali

Bisogna fare un passo indietro per capire il tipo di clima che accolse i nord coreani a quel mondiale. La nazione infatti, all’epoca non era nemmeno ancora riconosciuta da molti paesi (tra cui la stessa Inghilterra) e fu necessario l’intervento diretto della FIFA per farli partecipare al torneo.

La stessa qualificazione fu in realtà, un domino di abbandoni e complicanze: le squadre africane rinunciarono a partecipare agli spareggi con quelle di Asia e Oceania (chiedendo invece un posto garantito solo per loro), aprendo così la strada a una sfida prima a tre tra le due Coree e l’Australia.

Un incrocio anche in questo caso per niente facile, che vede però la Corea del Sud ritirarsi per protesta contro la scelta della Cambogia (filo nordcoreana) come teatro degli incontri. Morale, la Corea del Nord bullizza i canguri con un doppio scontro che si chiude con un 9-2 totale, mostrando i primi segnali di una dedizione tattica e fisica che sarà poi la loro forza.

In quel momento però, nessuno immagina che questo gruppo di operai e artigiani possa in qualche modo mettere anche solo un pensiero, a squadre blasonate come quelle che si ritrova nel gruppo dopo il sorteggio.

Il girone mondiale

Il 12 luglio, la Corea del Nord scende in campo contro l’Unione Sovietica, nel classico esempio di Davide contro Golia. La partita però non ha storia e gli asiatici vengono travolti per 3-0 senza mostrare particolari motivi di interesse. Tranne che per il pubblico di Middlesbrough, sede della squadra coreana, che li ha letteralmente adottati durante la loro presenza: una città fortemente operaia e popolare, che si innamora di quei ragazzi non professionisti altrettanto dediti al lavoro e alla fatica (in campo e fuori).

Dall’altra parte, l’Italia parte con il piede giusto battendo senza patemi il Cile (magra consolazione della sconfitta di quattro anni prima a Santiago). Insomma fin qua tutto secondo i piani, si potrebbe dire.

Nella seconda giornata le cose cominciano a girare diversamente però. Il Cile viene fermato con un pareggio quando a due minuti dalla fine Park Seung-zin segna il gol del 1-1, mentre l’Unione Sovietica si garantisce il primo posto battendo proprio l’Italia con un gol di vantaggio (1-0).

Il 19 luglio 1966, sempre in quel di Middlesbrough, agli azzurri basta un pareggio per passare il turno. Ma tutti, dai giornali agli addetti ai lavori, sono convinti che la partita sarà un successo vista la poca consistenza degli avversari (che lo stesso Valcareggi si azzarderà a definire “Ridolini”).

La sfida contro l’Italia

A conti fatti, si tratta di una partita, quella tra Italia e Corea del Nord, da dentro o fuori. Gli asiatici devono vincere per passare il turno, agli azzurri basta un pareggio. Solo che come detto, a nessuno viene nemmeno in mente di considerare altre eventualità.

L’avvio è tutto per gli azzurri, con Marino Perani protagonista di almeno un paio di occasioni d’oro per passare in vantaggio. E quando sbagli troppo, nemmeno la fortuna poi è dalla tua parte. Lo sa bene il capitano Giacomo Bulgarelli, costretto a uscire dal campo al 34° per infortunio, lasciando la squadra in dieci (all’epoca non c’erano sostituzioni, se non per il portiere).

Non a caso, dopo appena otto minuti è proprio la Corea del Nord a passare in vantaggio: rimpallo che favorisce Pak Doo-ik che in diagonale insacca alle spalle di Albertosi.

Azzurri sotto schock, tanto che per diversi minuti sembrano incapaci di imbastire una qualche reazione. A inizio secondo tempo una sterzata d’orgoglio sembra far ben sperare, ma tutto si esaurisce in troppe occasioni gettate all’aria. Dall’altra parte i coreani, moltiplicano le loro risorse e la loro forza, chiudendo tutti gli spazi possibili e riuscendo anche a riproporsi in avanti in qualche occasione (Kim Bong-Hwan spreca solo davanti ad Albertosi a metà ripresa).

Il risultato non cambia fino al fischio finale, la Corea del Nord passa agli ottavi di finale, prima squadra asiatica a riuscirci nella storia del mondiale di calcio (e resterà così fino al 2002).

  • Corea del Nord: Li Chang-Myung – Lim Zong-Sun, Sin Yung-Kyoo, Ha Jung-Won, Oh Yoon-Kyung, Im Seung-Hwi, Han Bong-Zin, Pak Doo- Ik, Pak Seung-Zin, Kim Bong-Hwan, Yang Sung-Kook. All: Myung Rye-Hyun
  • Italia: Albertosi – Landini, Janich, Guarneri, Facchetti – Fogli, Bulgarelli, Rivera – Perani, Mazzola, Barison. All: Fabbri

Gli ottavi contro il Portogallo

All’Italia restano un fiume di polemiche e un precedente che farà storia, alla Corea del Nord tutta la gioia di un’impresa che li ha già proiettati nell’Olimpo degli eroi in patria.

Ma non è ancora finita, anche se sulla carta l’impegno negli ottavi contro il Portogallo di Eusebio sembra altrettanto improbo. Per tutti, tranne che per i nordcoreani, che partono a razzo e dopo un minuto sono già in vantaggio con Pak Seung-zin.

La favola continua e di nuovo moltiplica le risorse con gli asiatici padroni del campo che corrono il doppio dei lusitani. Dopo venti minuti di gioco, il raddoppio di Li Dond-woon e poi ancora, poco prima della mezz’ora, la Corea del Nord si porta sul 3-0 con Yang Seung-kook.

Lo stadio di Liverpool, tutto a favore dei coreani, è in delirio. Il miracolo sembra ora a portata di mano, ma forse proprio per questo, forse fa ancora più paura. A non averne invece, è Eusebio, che mette subito a segno la prima rete portoghese per poi raddoppiare prima della fine del primo tempo su rigore.

La pausa, il tempo di pensare alla possibile clamorosa vittoria, non fa bene agli asiatici, che nel secondo tempo spariscono dal campo, spenti dal bagliore della stella di Eusebio che farà in tempo a segnare altre due reti (una su rigore) prima di fornire l’assist per Augusto che chiuderà la partita sul 5-3.

Il sogno si è spento, ma la pagina di storia ormai è scritta, indelebile.

Il ritorno degli eroi

Un nazione che in pratica non esisteva ancora. Un manipolo di operai e dilettanti allo sbaraglio, alla guida però di un meticoloso Myung Rye-Hyun che già allora, insieme al suo staff, sottoponeva i suoi giocatori ad allenamenti intensi e innovativi.

Questo e un ferreo rigore tattico, ha consentito anche a una squadra di giocatori non certo eccelsi, di poter vedersela alla pari con nazioni e talenti di ben altro genere. Almeno per un poco.

Abbastanza per entrare nella storia del calcio e in quella del proprio paese (anche se c’è più di un dubbio su quanto siano stati onorati, realmente, al rientro in Corea del Nord), come raccontato poi nei dettagli dal documentario “The Game of Their Lives”.

Compreso quel ritorno a Middlesbrough avvenuto nel 2002, quando gli eroi coreani di quel mondiale vennero invitati a seguire una partita dei padroni di casa contro il Leeds, concedendo loro anche l’onore del giro di campo, osannati dai trentamila inglesi presenti.

Dal punto di vista calcistico, soltanto un’altra volta la Corea del Nord ha partecipato alla fase finale di un Mondiale. Era il 2010, ma l’esito fu totalmente diverso: tre partite, tre sconfitte, dodici gol subiti, un solo gol realizzato.