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Se la Romagna è sempre stata meta abituale di turisti tedeschi, cosa ben raffigurata da innumerevoli commedie cinematografiche, viceversa i rapporti dei romagnoli con la Germania non sono mai stati molto stretti.

Sono state altre le terre dai cui si sono generate le migrazioni italiane verso il nord Europa, eppure a livello sportivo la storia del Cesena è legata indissolubilmente alla Germania, teatro della sua unica esperienza europea.

La prima provinciale ad affacciarsi in Europa

Nel 1973 il Cesena si affacciò per la prima volta in Serie A, grazie agli sforzi del suo presidente, l’imprenditore agricolo Dino Manuzzi, e al gioco di un allenatore che avrebbe fatto parlare di sé, Gigi Radice. La squadra riesce a ben figurare anche nel massimo campionato e dopo due salvezze ottenute grazie a due piazzamenti all’11° posto, nel 1974, mentre Gigi Radice porta il Torino alla conquista dello scudetto, si presenta con una rosa di tutto rispetto, guidata da Pippo Marchioro.

A fianco del nucleo di giocatori protagonisti della promozione, guidato dal capitano Giampiero Ceccarelli, arrivano due protagonisti dello scudetto della Lazio del ‘74, Mario Frustalupi e Giancarlo Oddi, che affiancano gente come Pierluigi Cera, campione d’Italia con il Cagliari, e il portiere Lamberto Boranga.

La squadra si piazza al sesto posto in campionato nell’annata 75/76, a pari punti con il Bologna ma con una migliore differenza reti, e grazie alla conquista della Coppa Italia da parte del Napoli, che garantiva ai partenopei la partecipazione alla Coppa delle Coppe, i romagnoli conquistano così una storica qualificazione alla Coppa Uefa.

Storica non solo per il Cesena, ma per tutto il calcio italiano: è la prima volta che una squadra di una città che non fosse capoluogo di provincia si qualifica per una competizione europea.

Un manipolo di romagnoli oltre la Cortina di Ferro

Il sorteggio però non è assolutamente dei più fortunati: al primo turno dall’urna esce il Magdeburgo, squadra della Germania Est che solo due stagioni prima aveva sconfitto il Milan in finale di Coppa delle Coppe. Squadra di tutto rispetto nel panorama europeo dell’epoca, guidata da un centravanti di valore come Jürgen Sparwasser.

Il Cesena, che nel frattempo era passato dalla guida di Pippo Marchioro, trasferitosi con scarsa fortuna al Milan, a quella di Giulio Corsini, si preparò ad una trasferta al di là della Cortina di Ferro, nella parte di Germania allora ancora sotto il controllo sovietico.

La squadra ed i tifosi del Cesena, con i passaporti pieni di visti rilasciati dall’ambasciata, arrivano in Germania Est a bordo di un Tupolev che atterra a Berlino, città attraversata da un muro che simboleggia alla perfezione la spaccatura tra due parti d’Europa che sembrano due mondi distantissimi. Le valigie dei romagnoli, molti dei quali mai stati all’estero prima, sono piene di sangiovese, tortellini, salami e lasagne, tanta è l’incognita su come si viva e cosa si mangi al di là della Cortina di Ferro.

Da Berlino a Magdeburgo sono 160 chilometri in pullman, ma all’arrivo, il 15 settembre 1976, il presidente Manuzzi si trova davanti una Mini targata Forlì, di proprietà di un tifoso che si è sobbarcato i 1200 chilometri di strada per assistente all’esordio europeo del Cesena. Il presidente non può che ripagare tale fedeltà ai colori regalando allo stoico tifoso il biglietto per assistere alla partita.

La partita però andò anche peggio che nelle comunque pessimistiche previsioni: i romagnoli, tesi e contratti, subirono il gioco ruvido e intenso dei tedeschi, non riuscendo ad esprimere quel calcio spregiudicato che li aveva resi la sorpresa della Serie A nella stagione precedente. Il match finì 3-0, con gol di Steinbach e doppietta di Streich, arrivata dopo che Oddi si fece espellere per un fallo a palla lontana al 37°.

Lo scatto d’orgoglio nello stadio di casa

Il ritorno si gioca il 29 settembre 1976 a Cesena, nello stadio che allora si chiamava La Fiorita e che oggi porta il nome dell’artefice di quello storico Cesena, Dino Manuzzi. Nonostante le speranze di passare il turno siano ridotte al lumicino, la tifoseria cesenate risponde presente, caricando così una squadra decisa ad onorare l’impegno europeo.

Al fischio d’inizio, il Cesena ha un piglio ben diverso da quello mostrato in Germania, e al 29° si porta in vantaggio grazie a Giorgio Mariani. I bianconeri giocano benissimo per tutto il primo tempo e nel secondo, dopo 6 minuti dalla ripresa delle ostilità, è Fiorino Pepe a segnare il gol che fa balenare a tutti i presenti l’illusione di una clamorosa rimonta.

Purtroppo l’illusione dura solo fino al 69°, quando Sparwasser mette a segno la rete che vale il 2-1 per i tedeschi, e nemmeno un minuto dopo Mariani si fa espellere. In 10 uomini, il Cesena trova anche la forza di segnare il 3° gol con Emiliano Macchi al 73°, ma il risultato non cambia fino al 90°, quando il 3-1 finale premia con il passaggio del turno il Magdeburgo.

Per il Cesena rimane solo il rimpianto di una storica impresa soltanto sfiorata, un’impresa che sarebbe stata però chiaramente al di là delle proprie possibilità: nelle settimane successive i risultati in campionato portarono all’avvicendamento di Giulio Corsini con Paolo Ferrario e Aldo Neri, a loro volta brevemente sostituiti da Domenico Rosati, che non riuscirono però a portare la squadra oltre il 16° posto che condanno il club al ritorno in Serie B.