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Il drammatico episodio che ha visto sfortunato protagonista Christian Eriksen nella partita del 12 giugno scorso tra Danimarca e Finlandia, ha riportato alla luce quel ruolo fondamentale che gli uomini più rappresentativi delle squadre di calcio rivestono in tutte le parti del mondo, quello del capitano.

Kjaer, coraggio e responsabilità

L’ormai celeberrimo episodio che gli appassionati di calcio di tutto il mondo hanno negli occhi ormai da un paio di giorni, ha avuto tutta una serie di attori protagonisti e comparse che non dimenticheremo presto. 

Tra il personale sanitario della squadra danese, la signora Eriksen, Sabrina, Kasper Schmeichel, il portiere della Danimarca, tra i primi ad andare a consolarla, membri della sua squadra a fare capannello per provare a proteggere lo sfortunato compagno dalle immagini meno opportune, avversari e, allargando il campo visivo di quella terribile scena, tifosi danesi e finlandesi tutti uniti nella speranza, è emersa la figura di Simon Kjaer. 

Di proprietà del Milan dal 2020 e autore di una stagione più che positiva tra i rossoneri, il difensore centrale danese vanta qualcosa come 108 partite nella sua nazionale, nella quale ha guadagnato i gradi di capitano. 

Roccioso, 191 cm per 86 kg, Kjaer è stato nominato a inizio attività, nel 2009, calciatore danese dell’anno e la sua carriera lo ha visto solcare le nostre sponde anche a Palermo, Roma e Atalanta, prima del trasferimento definitivo al Milan dell’anno scorso. 

Secondo il quotidiano inglese Mirror, Eriksen deve molto al suo capitano, alla luce del suo coraggio e della sua prontezza di riflessi. 

In un primo momento si era parlato del suo rapido intervento per soccorrere il centrocampista compagno di squadra, atto a bloccargli la lingua, organo fatale in caso di ostruzione delle vie respiratorie, ma ad un’analisi più approfondita, si è venuto poi a sapere che il ruolo di Kjaer è stato quello di posizionare Eriksen in una posizione supina, leggermente ricurva, in modo tale da liberare completamente le vie aeree e iniziare una primissima manovra di rianimazione che i medici hanno poi completato e portato a termine con successo. 

Seppure i tecnicismi non siano poi così importanti per descrivere ciò che ha fatto Kjaer, è pensiero di molti, staff medico danese in primis, che senza quella prontezza di riflessi, le cose per Eriksen non sarebbero andate allo stesso modo senza l’intervento del suo capitano. 

Il capitano

Già, il capitano. Forse nel calcio moderno la fascia di capitano e chi la porta non hanno la stessa importanza, o quanto meno, lo stesso significato, che avevano un tempo. 

Oggi si tende ad assegnare la fascia al giocatore più rappresentativo, o a quello più in vista, o addirittura a chi la chiede in dote per ottenere visibilità e qualche riconoscimento in più.

Un tempo essa veniva assegnata quasi sempre al giocatore più anziano della squadra, quello dalla militanza più lunga nel club e che riusciva a dimostrare disciplina, fair play e capacità di comunicazione fattiva con compagni, avversari ed arbitro. 

E la stessa cosa, per chi ha giocato a pallone, succedeva nelle categorie minori, una sorta di riconoscenza dovuta all’uomo più importante dello spogliatoio, a prescindere da rango, ruolo e visibilità mediatica. 

I compiti del capitano

Fungere da leader della squadra è quindi il compito più importante del capitano, una sorta di completamento del lavoro che il proprio allenatore compie sotto il punto di vista prettamente tecnico, tattico e atletico. 

Quando vogliamo fare riferimento al mero regolamento, invece, una delle responsabilità ufficiali del capitano è quella di occuparsi del lancio della moneta all’inizio della partita per decidere verso quale parte del campo lui e i suoi compagni attaccheranno e difenderanno. 

Ma il ruolo dello “Skipper”, come viene chiamato in Inghilterra, è decisamente più delicato, visto che dovrebbe essere colui il quale è fonte di ispirazione per tutti i compagni. 

Ed è così che, quando l’arbitro necessita di comunicare qualcosa ad una o ad entrambe le squadre in campo, si rivolge ai capitani, non tanto per ufficialità del regolamento, sulla quale comunque esiste la fattispecie nel regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri, quanto per convenzione, visto che in quel momento dovrebbe parlare con i giocatori più rappresentativi. 

Il regolamento dice espressamente che “durante la gara è l’unico ad avere facoltà di interpellare l’arbitro, in forma corretta e a gioco fermo, per chiedere chiarimenti in merito alle decisioni assunte e per formulare eventuali riserve”.

Inoltre i capitani delle due squadre sono i giocatori designati a interloquire con l’arbitro nel caso in cui esistano i presupposti per l’interruzione della partita, per motivi di ordine pubblico e/o nel caso si verifichino episodi di razzismo che partono dalle tribune occupate dai tifosi oppure direttamente tra giocatori in campo. 

Solitamente i capitani sono equidistanti e non hanno nessuna preferenza rispetto ai propri compagni ed è per questo motivo che sono i primi a far terminare un litigio prima che esso degeneri in rissa. 

Stili diversi

Ognuno ha interpretato, e ancora oggi interpreta, il proprio ruolo di capitano come meglio crede sia più giusto per la propria squadra.

Tornano in mente i nomi di Maldini, Del Piero, Zanetti, Totti, solo per citarne alcuni dell’era moderna che hanno legato in modo indissolubile il proprio nome alle rispettive squadre. 

E se ci pensate bene ognuno di loro aveva un modo di raffrontarsi coi propri compagni, ma anche coi propri allenatori, la stampa, i tifosi, in maniera del tutto particolare rispetto ai loro omologhi.