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Dal 1° luglio 2022 il calcio femminile in Italia subirà una piccola ma grande rivoluzione: le giocatrici di Serie A infatti otterranno lo status di atlete professioniste, venendo equiparate sotto una serie di aspetti ai colleghi maschi.

Al 30 di giugno tutti gli accordi delle società con le giocatrici dilettanti decadranno, e saranno sostituiti da contratti professionistici, ma molte società avevano già proposto dei contratti di transizione alle proprie atlete nelle ultime due stagioni.

Ma cosa comporta di preciso il passaggio da calciatrici dilettanti a professioniste? Vediamolo punto per punto.

Lo stipendio delle calciatrici

Il primo aspetto da affrontare ovviamente è la retribuzione: un’atleta professionista, per essere definito tale, deve poter vivere del suo lavoro. Le giocatrici della Serie A vengono equiparate ai calciatori professionisti di Serie C, per cui è previsto un salario minimo di 26.000 € lordi a stagione.

Considerato che la media per le giocatrici dilettanti di Serie A era di 15.000 € a stagione, è sicuramente un buon passo avanti dal punto di vista retributivo. Il massimo a cui si poteva aspirare in regime di dilettantismo, considerando anche tutti i possibili bonus e indennità di trasferta, poteva arrivare a 40.000 € lordi a stagione.

Le tutele contrattuali

Un contratto professionistico non rappresenta solo un miglioramento dal punto di vista salariale, ma anche per quanto riguarda le tutele dell’atleta, ora ufficialmente considerata una lavoratrice.

Ecco quindi che attraverso il loro stipendio possono versare contributi e puntare quindi ad un trattamento pensionistico una volta conclusa la carriera, per non parlare di tutele assicurative e pensionistiche in caso di invalidità.

Carolina Morace, ex bomber della Nazionale nonché allenatrice e opinionista televisiva, ha raccontato che, per le condizioni in cui versano le sue ginocchia, se avesse avuto un contratto professionistico da giocatrice oggi avrebbe avuto diritto ad una pensione e a punti di invalidità.

Al di là dei traumi, è bene anche ricordare, trattandosi di sport femminile, che le atlete possono usufruire non solo della previdenza sociale in caso di infortuni, ma anche per la maternità.

Cosa comporta il professionismo per le squadre femminili

Dal punto di vista delle società, il passaggio al professionismo comporterà alcuni cambiamenti che sono comunque già stati affrontati per tempo (l’iter per il passaggio al professionismo è stato avviato con due anni di anticipo).

Su 12 società che compongono la Serie A, dieci sono direttamente affiliate a club professionistici maschili, per cui non avranno grandi problemi ad adeguarsi alle nuove norme.

Le restanti 2 squadre, Pomigliano e Napoli, dovranno trasformarsi da club sportivi dilettantistici a società di capitali, e versare una fideiussione di 80.000 € per iscriversi al campionato.

Un altro requisito per poter disputare il campionato è quello di usufruire di uno stadio di almeno 500 posti, ma nessun impianto di Serie A ha problemi in questo senso, al momento.

Le calciatrici hanno raggiunto la parità con i maschi?

Per quanto ora siano società professionistiche, le 12 società di Serie A incassano ognuna circa 242.000 € da contributi pubblici, Federcalcio, diritti tv e sponsorizzazioni. Una squadra costa circa un milione di euro di gestione, costi che vanno ad aumentare. Il governo ha previsto un contributo di 3 milioni in 3 anni, 

La visibilità del campionato femminile sta aumentando esponenzialmente, con molte partite di campionato trasmesse sui network nazionali e sui canali tematici delle squadre di riferimento.

Ma ovviamente il dislivello con il calcio maschile è ancora enorme e solo le più grandi campionesse di fama internazionale possono sperare di incassare quanto una riserva di una squadra di media classifica di Serie A. D’altra parte nessuna squadra femminile può ancora pensare di generare introiti paragonabili a qualsiasi squadra maschile.

Ma l’obiettivo del professionismo non è ovviamente quello di imporre pari guadagni, bensì di garantire pari tutele e opportunità superando le differenze di genere. Per questo si è reso necessario modificare tutta una serie di norme della FIGC, a partire dagli articoli 27 e 28 delle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF) che riguardavano “i calciatori” e “i professionisti”, includendo ora anche il genere femminile.

L’esempio del calcio potrebbe essere seguito a breve anche da altre federazioni, in primis il basket.