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Quando tutto intorno sembrava riposare, fondendosi nell’aria stanca, ma ancora felice, del trionfo appena consumatosi, Cesare Cremonini – intervistato dalla radio ufficiale della Lega Serie A – ammetteva sembra troppe ambagie: «non chiedermi se esista qualcosa di paragonabile, perché non c’è. Questo è il successo di una città intera». E in effetti, slogan (#SiMuoveLaCittà) e statistiche a parte (35.000 persone non sono, evidentemente, tutta Bologna), ieri sera all’Olimpico si è avvertita un’atmosfera differente. Come se il tempo si fosse sospeso e con Cremonini Dalla, con Dalla Pasolini, con Pasolini Morandi e con loro il presente, il futuro e il passato del tifo rossoblù si fosse condensato nella finale di Coppa Italia Frecciarossa 2024/25.

Un titolo vinto con merito a 51 anni di distanza dall’ultima volta (in Italia, anche in quel caso in Coppa Italia), a un decennio dallo squadrone che tremare il mondo fa, e dai fasti del calcio paradisiaco bolognese di metà Novecento, ricordato con orgoglio dalla Curva Andrea Costa nella coreografia che ha accolto le squadre in campo.

Dall’altra parte, il grigiore della Sud spoglia di una coreografia vietata sembrava il preludio della prestazione dei rossoneri in campo: poche volte così incosistenti in stagione. Anche per merito di un Bologna furente nel primo tempo, cinico a inizio ripresa e attentissimo negli ultimi 25’. Italiano, che aveva perso l’ultima finale (con la Fiorentina in Conference, un anno fa) con la difesa quasi a centrocampo, l’ha vinta schierandone 5 dietro, perché i principi di gioco servono quando servono. È il suo successo, è quello di un gruppo straordinario e di una città in festa, che vede con amenità al futuro. Ora, come quando a scuola a fine anno si tiravano le somme, è il momento delle pagelle.

Qui Bologna

L’ALLENATORE Italiano: 8. Nel primo tempo aggredisce, senza scomporsi. Nella ripresa attende, senza timore. Il gol di Ndoye che stappa il match gli serve per capire che difendere quel risultato si può. Ne mette cinque dietro, togliendo un attaccante. E la vince da grande allenatore.

Skorupski: 7. Doppio miracolo al 10’, d’istinto e posizione. Nella ripresa non rischia praticamente nulla, ma dà sicurezza al reparto con un paio di uscite perentorie.

Holm: 7. È la spina nel fianco della difesa rossonera, ma pure dell’attacco, perché Leao è costretto a rincorrerlo più volte. Impreciso in alcune occasioni, ma nel complesso la sua è una grande prova. – Dal 14’ s.t. Calabria: 6. Pulito, gioca con serenità una partita per lui tutt’altro che scontata.

Beukema: 7. Aiuta Holm contro Leao, che ad inizio ripresa lo impensierisce in un paio di circostanze. È prima attento, poi stoico quando una gomitata del compagno Pobega lo costringe al turbante. Ma lui tiene.

Lucumi: 7.5. Lo abbiamo detto più volte, lo ripetiamo ieri. Se questo giocatore trova continuità, ha i mezzi per essere tra i migliori del mondo. Non fa muovere Jovic, stoppa sul nascere l’apparente freschezza di Gimenez.

Miranda: 7. Se al primo anno in un nuovo contesto culturale, linguistico e tattico giochi così, sei forte per davvero. Miranda lo è, è uno dei migliori terzini del campionato. E anche ieri lo dimostra.

Freuler: 7.5. L’attenzione a Reijnders è la costante della sua gara: quando è “salvo” va ad attaccare. Le lacrime a fine partita restituiscono l’animo da leader.

Ferguson: 7. È suo il primo tentativo del match, alto. Ma alto è pure il tono della sua prestazione, che si caratterizza per attenzione e sostanza.

Orsolini: 6.5. Da una sua incursione, nella quale viene rimontato da Pavlovic, nasce il gol che decide la finale. È meno pericoloso del solito, ma la grandezza che gli viene riconosciuta dagli avversari crea comunque sempre spazio e problemi alla difesa rossonera. – Dal 24’ s.t. Casale: 6.5. Grazie al suo ingresso, il Bologna diventa assai più difensivo, molto pratico. Marca Leao come se la sua vita dipendesse da questo duello. E vince.

Fabbian: 6.5. Non bisogna sempre giocare al meglio per entrare nella storia. Fabbian sbaglia tanto, sembra sentire l’importanza del match. Ma è da una sua giocata tra le linee che nasce il gol della partita. – Dal 24’ s.t. Pobega: 6. Lotta, sbraccia, difende come può. E lo fa bene.

Ndoye: 8. Sembra retorica, non lo è: gol a parte, è sempre il migliore dei suoi. Si fa dare la palla, con leggiadria punta e salta fisso il povero Jimenez. Fa impazzire Tomori in area in occasione del gol che decide la competizione, e lo consacra tra i migliori esterni del campionato. – Dal 35’ s.t. Odgaard: 6. Si sacrifica in un finale intenso, e come quelli che entrano è una garanzia.

Castro: 6. Gara sufficiente, che se vinci una Coppa è già molto. – Dal 35’ s.t. Dallinga: 6. Entra e vorrebbe spaccare il mondo, ma sbaglia un’apertura facile. Poi si dà un tono, e finisce in crescendo.

Qui Milan

L’ALLENATORE – Conceiçao: 5. Tatticamente, Italiano lo sorprende. Poi, quando va sotto, il solito caos. Che se ti va bene ti pigli gli elogi (come nel Derby), ma se va male ti pigli le critiche e rivaluti pure i precedenti elogi. Il suo tempo al Milan sembra terminato.

Maignan: 6. Se il portiere è il migliore in campo, in una partita (e una finale) persa, qualcosa non va.

Tomori: 5. Perde tutti i duelli con Ndoye, pure in un ruolo che – va detto – non è propriamente il suo. In uno di questi duelli rimedia un’ammonizione che ne condiziona l’aggressività, forse anche in occasione del gol.

Gabbia: 5.5. Prende una gomitata in area da Beukema, che rischia grosso. Non riesce quasi mai ad accorciare su Fabbian.

Pavlovic: 5.5. Grazie all’aiuto di Theo, Orsolini non è un problema irrisolvibile. Come Gabbia e Tomori, ma anche Theo Hernandez, è colpevole in occasione del gol.

Hernandez: 5.5. Dietro è attento, per una volta. Ma quando serve davanti, è poco incisivo.

Jimenez: 5.5. Bello il cross grazie al quale il Milan sfiora il gol del vantaggio nel primo tempo. Fallisce l’1-0 e perde un brutto pallone ai danni di Miranda: è l’ultima giocata importante che lo riguarda nel match. – Dal 17’ s.t. Joao Felix: 6. Entra con grande grinta, qualcosa prova a fare. Ma non è mai davvero incisivo.

Fofana: 5. Spende un fallo evitabile ed è poco preciso in costruzione. È spesso in ritardo. Un po’ meglio nella ripresa, ma non basta. – Dal 43’ s.t. Chukwueze: s.v.

Reijnders: 5. Serata sottotono per uno che ha abituato a prestazioni maiuscole, con inserimenti e grandi giocate – anche nell’ultima uscita proprio contro i rossoblu. Spento nel primo tempo, sparisce del tutto nella ripresa.

Pulisic: 5. Reclama una trattenuta, e si becca il giallo per proteste. Entra in area, e si butta goffamente al suolo. Più che Capitan America, sembra di vedere Capitan Delusione. – Dal 43’ s.t. Abraham: s.v.

Leao: 6. Subito un guizzo e un assist non sfruttato da Jimenez. Attacca la profondità, prova il dribbling perché in fase difensiva non si spreme. È forse l’unico a provarci davvero davanti, anche se nel finale si spegne come il resto della squadra.

Jovic: 5.5. Su ribattuta di Skorupski non segna da due passi: gol sbagliato, che peserà come un macigno. Sponda bene, ma spande male. – Dal 17’ s.t. Gimenez 5.5. Conceiçao gli “regala” mezz’ora. Ma lui non scarta la carta.