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Che Barcellona-Napoli non sarebbe stata la partita della svolta lo si è intuito dalla scenata in pieno stile Cinepanettone di De Laurentiis nel pre-partita del match, quando Matteo Politano intervistato da Sky Sport è stato allontanato con fare minaccioso dal patron romano.

Certo, DeLa non è nuovo a certi protagonismi, ma questo caso è tutto particolare. Nella sua azione, a dir poco incomprensibile, c’era tutto il nervosismo di una società ormai allo sbando, che nonostante tre cambi in panchina in meno di una stagione non riesce a ritrovarsi. Tutto sta nelle attese, comunque: cosa si aspettava De Laurentiis?

Un primo tempo fortuitamente in equilibrio

Senz’altro, che dopo l’1-1 dell’andata ci fosse partita a Barcellona. E partita infatti c’è stata, ma in maniera fortuita. Il Barcellona di Xavi, non certo una corazzata quest’anno, dopo un quarto d’ora di buon possesso palla e predominio del campo aveva trovato due reti lampo, una dopo l’altra: al 15’ con Fermin, al termine di una bella azione, anche se un po’ scolastica; al 17’ con Joao Cancelo, lesto nel ribattere a rete la respinta del palo colpito da Raphina. In entrambi i casi, il Napoli si era fatto sorprendere con troppa facilità in campo aperto. E se pensiamo alla difesa dei partenopei lo scorso anno – con buona pace di Kim –, viene quasi da non crederci.

In tutto, al termine della partita, saranno 25 (Barça) a 15 (Napoli) i tiri totali verso lo specchio della porta. Segno tangibile di due squadre propositive non per indole all’offesa, ma per incapacità di rimanere corte in mezzo al campo, strette tra i reparti, cattive e concentrate dietro. Perché il discorso vale anche per i blaugrana, naturalmente.

Che al 30’, nel pieno controllo della partita, subivano la rete del 2-1 Napoli con un’azione molto simile al gol dell’1-0 del Barça: scarico sull’esterno, palla in mezzo arretrata e piazzato a difesa schiacciata. Era Rrahmani, al primo gol europeo della carriera, a dare un’insperata speranza al Napoli di Calzona, con un bel piattone mancino imprendibile per Ter Stegen.

L’imprecisione del Napoli, la precisione del Barcellona

Orgoglio, forse anche solo dovere dato dalla circostanza internazionale. Ricordiamo che se il Napoli fosse passato, al di là del prestigio e del senso che avrebbe dato alla stagione, si sarebbe qualificato per il Mondiale per Club – che invece aspetterà la Juventus. Mondiale a parte, comunque, il Napoli si era ripreso dopo il 2-1. Per davvero.

Di Lorenzo aveva sfiorato il 2-2 un minuto dopo il gol di Rrahmani, Kvaratskhelia, ben controllato da Kounde (l’unico positivo nel Barça dietro), avrebbe avuto sul piede destro altre due occasioni da lì alla fine del match. Nessuna invece per Osimhen (male), ma una clamorosa per Lindstrom a 10’ dalla fine, sul punteggio ancora fermo sul 2-1. Un colpo di testa a lato su bel cross di Mario Rui, con Cancelo dormiglione ad attendere un esito che sembrava scritto.

Lo sarà, sì, ma per il Barcellona. Che tre minuti dopo col triangolo Gundogan-Sergi Roberto-Lewandowski troverà il colpo del 3-1, portando a 40% la percentuale di precisione tiro nello specchio di Meret dei catalani, contro il 33% dei partenopei. In una partita caratterizzata da difese horror, l’ultima rifinitura avrebbe fatto la differenza. Così è stato. E se Xavi può festeggiare i quarti di finale, nel Napoli c’è poco da difendere. Forse nemmeno la faccia, perché perdere così contro questo Barcellona non lascia spazio a riflessioni ipotetiche.